Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 29-01-2013) 18-02-2013, n. 7777 Reato continuato

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Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Napoli con sentenza del 26/05/2011, parzialmente riformando la sentenza di primo grado emessa dal Gip di quel Tribunale in data 27/09/2010, pronunciata anche nei confronti di altri imputati per i quali si è proceduto separatamente, ha assolto B.A. dall’imputazione ascrittagli al capo 37, relativa alla contestazione di ipotesi associativa nell’ambito dell’attività di cessione illecita di stupefacenti, rideterminando la pena per le residue imputazioni attinenti alla detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente.

2. Ha proposto ricorso la difesa di B.A. eccependo con il primo motivo di ricorso la nullità della sentenza impugnata per violazione di legge penale processuale e vizio di motivazione. Si rileva che nell’atto d’appello era stata svolta l’eccezione di inutilizzabilltà delle intercettazioni che riguardavano la sua posizione, su cui la Corte non si è espressa, limitandosi ad osservare che in sede di giudizio abbreviato, quale quello che ci occupa, possano utilizzarsi tutti gli atti non illegittimamente assunti, non considerando che l’eccezione riguardava proprio l’illegittimità dell’assunzione della prova, che ne causava inutilizzabilità patologica, rilevabile anche nel procedimento a prova contratta Nel merito si rileva che il contatto telefonico che ha portato ad accertare il collegamento dell’interessato con uno dei coimputati, registrato in forza del decreto n. 1891/07 del 26/4/2007, condusse il PM a disporre d’urgenza l’intercettazione dell’utenza dell’odierno ricorrente con decreto n. 3099/07 del 17 luglio 2007 con previsione che fossero captate le comunicazioni "attraverso le postazioni della sala di ascolto della procura della Repubblica di Frosinone con remotizzazione". Tale modalità non è stata mai attuata con riferimento alle captazioni sul numero del ricorrente, circostanza che comporta l’inutilizzabilità delle intercettazioni ex art. 271 cod. proc. pen. per violazione dell’art. 268 cod. proc. pen., comma 3, essendosi in tal modo realizzata una violazione del diritto alla riservatezza tutelato dalla carta costituzionale.

Ad illustrazione dell’eccezione il ricorrente rileva che dalla lettura dei relativi processi verbali risulta che l’impianto tecnico utilizzato per operazioni di intercettazione e deviazione fu posizionato all’interno dei locali della questura di Frosinone, in luogo diverso da quello autorizzato, con modalità già ritenuta illegittima dalla giurisprudenza di questa Corte, espressa a sezioni unite.

3. Con il secondo motivo si eccepisce mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione sulla responsabilità, non potendosi ritenere adempiuto l’onere motivazionale con il mero richiamo alla pronuncia di primo grado, poichè quest’ultima si limita a riportare il contenuto di alcune conversazioni, senza sottoporle a vaglio critico, sicchè non è dato comprendere il ragionamento che giustifica l’affermazione di colpevolezza, tanto più ove rapportato agli elementi posti a base del gravame.

L’unico dato oggettivo emerso è costituito dalla detenzione da parte dell’odierno ricorrente di 20 g di eroina, accertata presso la stazione di Napoli il 28 agosto 2008, episodio in relazione al quale egli è già stato sottoposto a diverso procedimento. Pur ammettendo che i colloqui telefonici intercettati abbiano contenuto criptico, non esistono elementi concreti che permettano di ricondurli univocamente alla violazione delle norme in materia di stupefacenti, essendo mancato un accertamento idoneo ad oggettivare la deduzione interpretativa, mentre, in senso contrario, in epoca successiva alla data richiamata, non risultano altri contatti, in pieno contrasto con quanto ricostruito in merito alla comune finalità di spaccio tra i colloquianti.

Analoghe considerazioni si formulano anche quanto alle condotte consumate nel mese successivo, osservando che le perquisizioni svolte non hanno avvalorato le deduzioni interpretative, non avendo condotto al rinvenimento di droga o di sostanze atte al confezionamento, sicchè il convincimento della Corte d’appello di Napoli rimane privo di reale supporto motivazionale.

4. Si eccepisce nullità della sentenza per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al comma quinto della norma incriminatrice, nonchè in relazione al calcolo della pena. La Corte di merito ha operato generico richiamo alle modalità esecutive della condotta ed ai quantitativi non modesti della transazione, facendo riferimento a pretesi contatti del gruppo dei tre tossicodipendenti romani, di cui faceva parte esponente, con l’organizzazione operante su Napoli disposta a rifornirli. Tale deduzione risulta smentita dalla circostanza che proprio per la modestia della sostanza stupefacente era sempre stato l’odierno ricorrente a recarsi a Napoli a ritirare la merce; non si era considerato inoltre che la vicenda riguarda un limitatissimo arco temporale e quantitativi di sostanza non accertati in maniera univoca, dati tutti che depongono, sulla base dell’interpretazione costante di questa Corte, per l’applicabilità della fattispecie invocata.

In ordine al calcolo della pena si lamenta illogicità e contraddittorietà poichè è stato operato un doppio aumento per la continuazione di riferimento ai fatti del presente procedimento ed altri giudicati in diverso giudizio, ritenuti commessi nella stessa cornice temporale, quantificando in maniera disomogenea l’aumento della sanzione, pur dovendo questa riferirsi ad episodi di analoga gravità. In particolare, si è ritenuto di operare un aumento di tre mesi in relazione a due episodi di spaccio del tutto identici al singolo episodio giudicato separatamente, per cui si è invece apportato un aumento di pena di due anni.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato solo in ordine alle modalità di determinazione della pena.

2. Non può condividersi la motivazione espressa dalla Corte d’appello di Napoli sulla pretesa irrilevanza dell’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni ove svolta nel rito abbreviato, in quanto il vizio denunciato, non consentendo un recupero del mezzo di prova in dibattimento, realizza un’inutilizzabilità patologica dei mezzi di prova acquisti, quali intercettazioni assunte in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 268 cod. proc. pen..

Tuttavia l’erroneità della motivazione sul punto non comporta annullamento della decisione, sulla quale questa Corte può intervenire per valutare la correttezza sostanziale, trattandosi di accertamento in ordine alla regolarità del procedimento seguito che conseguentemente involge una questione di diritto, non un accertamento di fatto. Come è stato già chiarito in argomento (Sez. U, Sentenza n. 155 del 29/09/2011, dep. 10/01/2012, imp. Rossi, Rv.

251498) la soluzione da dare alle questioni di diritto, processuali o sostanziali che siano, non attiene al contesto della giustificazione, ma al contesto della decisione, sicchè quello che rileva per la validità della sentenza è soltanto la correttezza di quest’ultima, ancorchè la giustificazione sia erronea.

Passando quindi all’esame dell’eccezione svolta si lamenta che con i decreti specificamente individuati in ricorso sia stata autorizzata la captazione delle conversazioni telefoniche realizzate sull’utenza del ricorrente, presso gli uffici della Procura della Repubblica di Frosinone, con remotizzazione, e si esclude che a tale prescrizione sia stato dato correttamente seguito. A conferma di tale eccezione si citano le risultanze dei verbali di intercettazione redatti dalla p.g., che attesterebbe l’ascolto e la verbalizzazione presso tali uffici.

E’ bene chiarire in argomento che l’attività di remotizzazione comporta l’acquisizione in ingresso del flusso di comunicazioni presso il server degli uffici di Procura, e la sua successiva trasmissione, dopo la registrazione, presso gli uffici ove avviene l’ascolto e la verbalizzazione, uffici presso cui è ben possibile operare anche ulteriore registrazione, e la formazione delle copie, poichè il limite della legalità dell’operazione è la necessità che questi impulsi siano derivati da quelli captati in Procura dove deve avvenire un’autonoma e preliminare registrazione (sul punto Sez. U, Sentenza n. 36359 del 26/06/2008, dep. 23/09/2008, imp. Carli, Rv.

240395).

Ne consegue che l’eccezione svolta al riguardo sia generica in quanto fondata sull’esistenza della prova che l’ascolto e la formazione dei brogliacci sia avvenuta presso gli uffici della p.g., nulla dimostrando in merito alla mancata captazione e registrazione delle intercettazioni svolte presso il server della Procura della Repubblica di Frosinone, così svolgendo un rilievo privo di concretezza, poichè basato su circostanze di fatto – verbalizzazione ed ascolto presso un ufficio diverso dalla Procura – che costituisce una caratteristica tipica dell’attività di remotizzazione.

3. Analogamente infondato è il motivo riguardante la mancata argomentazione sulla responsabilità di B., poichè in senso contrario la sentenza impugnata individua, quale elemento interpretativo delle conversazioni intercettate, riguardanti sia l’interessato che la complice M., da un canto l’elemento concreto che a seguito dell’ultima comunicazione del medesimo tenore sia stato accertato che B. si recava per conto del gruppo di correi a Napoli a ritirare la sostanza stupefacente, ma soprattutto che questi in una conversazione con un suo amico, di cui sono specificamente indicati gli estremi, abbia ricostruito le modalità del rapporto commerciale, spiegando che in un primo tempo la droga giungeva a domicilio, mentre ultimamente era costretto a recarsi a Napoli a prenderla.

Tali circostanze di fatto danno conto della oggettività degli elementi di accusa emergenti dalle conversazioni captate, consentendone, alla luce delle osservazioni svolte successivamente, univocità interpretativa che confermano la sussistenza di univoci elementi di responsabilità a carico di B. per tutti gli scambi cui si riferiscono i capi di imputazione, preceduti da accordi del medesimo tenore, così smentendo quindi il vuoto motivazionale denunciato.

4. Analoga sufficienza di motivazione raggiunge la decisione della Corte di escludere l’applicabilità del comma 5 della norma incriminatrice, in quanto il Collegio risulta aver posto l’accento a tal fine non solo sui quantitativi non modesti, ma anche sulle modalità dell’azione, ed il disvelato collegamento con fonti di approvvigionamento di spessore, così dando conto della presenza di plurimi indicatori negativi, a fronte della sicura esclusione della fattispecie invocata anche per effetto dell’accertamento di unico elemento di fatto sfavorevole (giurisprudenza univoca; da ultimo Sez. 4, Sentenza n. 6732 del 22/12/2011, dep. 20/02/2012, imp. Sabatino, Rv. 251942). Sul punto, senza smentire, se non con l’inattendibilità delle prove di responsabilità la ricostruzione posta a base della sentenza, la difesa si limita ad allegare ulteriori elementi di fatto, sostanzialmente sollecitando una difforme valutazione di merito, preclusa in questa fase.

5. Come sopra richiamato risulta invece fondata l’eccezione di vizio di motivazione sulla determinazione della pena, con riguardo alla quantificazione degli aumenti da apportare in continuazione per le detenzioni a fini di spaccio che hanno costituito oggetto di questo e di altro procedimento.

Come riferito in narrativa per episodi che, almeno sulla base della contestazione, risulterebbero di pari gravità, l’aumento è stato differenziato in misura rilevante, senza illustrare le ragioni di tale scelta; un tal modo di procedere integra il difetto di motivazione, poichè costituisce un preciso onere del giudicante dare conto delle ragioni delle sue decisioni su ogni aspetto dell’esercizio del suo potere discrezionale.

Conseguentemente se l’aumento che è possibile apportare per effetto della continuazione può raggiungere il triplo della pena base, non è sufficiente per la legalità del calcolo determinare la pena nell’ambito quantitativo previsto dalla legge, ove, come nella specie, si operi una quantificazione sperequata per le medesime fattispecie di reato, omettendo di indicarne le ragioni.

Del resto, anche ove tale decisione fosse fondata su una diversità sostanziale tra gli episodi, sarebbe stato necessario evidenziare le difformi caratteristiche, proprio per giustificare tale sperequazione determinativa.

6. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla misura della pena, per difetto di motivazione, con rinvio ad altra sezione della Corte di merito, per nuovo giudizio sul punto.

Il ricorso va invece rigettato nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.

Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013
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