Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-07-2012, n. 13401

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Svolgimento del processo
1.1. G. e To.Gi., la snc Cav. A. T. Eredi e la srl Fratelli D.convennero la spa T. dinanzi al tribunale di Pescara per sentire dichiarare inefficace l’iscrizione di ipoteca giudiziale in favore della convenuta sui beni dei primi, di cui la Fratelli D.era creditrice; ed in particolare addussero che l’iscrizione, avvenuta 11 14.4.93, era avvenuta in violazione della L. Fall., art. 168, essendo stati ammessi a concordato preventivo i primi tre attori.
1.2. Il tribunale di Pescara accolse la domanda e, dichiarata l’inefficacia dell’iscrizione, ne ordinò la cancellazione al Conservatore dei RR.II. di Pescara, pure condannando la convenuta al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, nonchè alle spese di lite.
1.3. Il gravame della T. spa è stato poi rigettato dalla corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 27 9 del 26.4.06: per la cui cassazione ricorre ora, affidandosi a quattro motivi, la detta creditrice; e, non svolta alcuna attività in questa sede dalle altre parti, per l’udienza del 4.7.12 perviene nota con cui si dichiara che la T. spa, che avrebbe mutato la sua denominazione, in T. spa, non avrebbe più interesse alla prosecuzione delle attività difensive relative al ricorso.
Motivi della decisione
2. Va preliminarmente rilevato che, in difetto di prova del mutamento di ragione sociale e quindi dell’identità tra il ricorrente ed il soggetto che appare aver dichiarato il venir meno di ogni interesse alla decisione, a tale dichiarazione non può essere attribuito alcun rilievo.
3. Ciò posto, si osserva che la ricorrente sviluppa quattro motivi, dei quali:
3.1. il primo (rubricato "violazione L. Fall., artt. 1, 5, 6, 67, 147, 160, 161, 167, 168, 184, 187 e 188, art. 360 c.p.c., n. 3") conclude con il seguente quesito di diritto: "se nel caso di sostituzione d’una istanza di a.c. con istanza di c.p., poi ammessa e seguita dall’approvazione del c.p., gli effetti del c.p. più gravatori di quelli dell’a.c. in confronto d’uno dei creditori in concorso possano retroagire al momento della domanda originaria anzichè decorrere da quella poi ammessa, nella consecutio delle procedure disciplinate dalla L.F.";
3.2. il secondo (rubricato "violazione L. Fall., artt. 147, 160, 167 e 184, art. 360 c.p.c., n. 3") essa conclude con il seguente quesito di diritto: "se dalla data dell’istanza di c.p. una volta ammessa e approvata detta procedura concorsuale – consegua automaticamente l’inefficacia dell’ipoteca giudiziale iscritta da uno dei creditori in concorso su immobile personale del socio illim. respons. della società di persone in dissesto, il quale socio abbia in precedenza prestato fideiussione";
3.3. il terzo (rubricato "violazione di legge, ai sensi dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 96 c.p.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 3") conclude con la prospettazione della seguente "questione": "se l’iscrizione ipotecaria de qua comporti responsabilità oggettiva e soggettiva; se la responsabilità – ove sia soggettiva si riconduca, e in quali limiti anche temporali si riconduca, alle previsione generali ex art. 2043 c.c. o a quelle specifiche ex art. 96 c.p.c.;
se, infine, sia legittimato alla domanda di risarcimento del danno ingiusto derivato dall’iscrizione, nelle circostanze per cui è causa, il socio ill. resp. della società di persone ammessa al c.p., fideiussore in proprio per il credito garantito dall’ipoteca, con decreto ingiuntivo condannato a pagarlo";
3.4. il quarto (rubricato "vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5 ") conclude prospettando, quali fatti, decisivi su cui sarebbe mancata totalmente la motivazione: l’interpretazione della domanda risarcitoria nel senso dell’allegazione di uria specifica ragione di responsabilità per il (fatto del) permanere dell’iscrizione ipotecaria durante il giudizio – abusando del suo corso – e d’una ulteriore ragione di responsabilità per (il fatto istantaneo del) l’iscrizione; nonchè il diverso tipo di colpa, con pertinente esigenza di prova, implicato dal ragione ex art. 2043 c.c. o ex art. 96 c.p.c., commi 1 e 2.
4. Va premesso che alla fattispecie si applica l’art. 366-bis cod. proc. civ.:
4.1. tale norma è stata introdotta dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e resta applicabile in virtù dell’art. 27, comma 2 del cit. decreto – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione – a far tempo dal 4 luglio 2009 – ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58, comma 5, di quest’ultima (con ultra-attività ritenuta conforme a Costituzione, tra le altre, da Cass., ord. 14 novembre 2011, n. 23800);
4.2. i criteri elaborati per la valutazione della rilevanza dei quesiti vanno applicati anche dopo la formale abrogazione, nonostante i motivi che l’avrebbero determinata, attesa l’univoca volontà del legislatore di assicurare ultra-attività alla norma (per tutte, v.
espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194);
4.3. quanto ai quesiti previsti dal primo comma di tale norma, in linea generale:
– essi non devono risolversi nè in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibi1iLà alla fattispecie in esame, tare da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass. Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 6420), nè in un’enunciazione tautologica, priva di qualunque indicazione sulla questione di diritto oggetto della controversia (Cass. Sez. Un., 3 maggio 2008, n. 11210);
– in altri termini (tra le molte e per limitarsi alle più recenti, v.: Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704), essi devono compendiare (e tanto che la carenza di uno solo di tali elementi comporta l’inanimissibilità del ricorso: Cass. 30 settembre 2008, n. 24339): a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;
b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie;
4.4. quanto poi al capoverso dell’art. 366-bis cod. proc. civ., va rilevato che per le doglianze di vizio di motivazione, occorre la formulazione – con articolazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso – di un momento di sintesi o di riepilogo (come puntualizza già Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603: v., tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680) il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure – se non soprattutto – le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione Cass., orci. 18 luglio 2007, n. 16002; da ultimo, v. Cass., ord. n. 27680 del 2009); tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’ interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (Cass., ord. 18 luqlio 2007, n. 16002).
5. In applicazione di tali criteri ai quesiti formulati nella fattispecie:
5.1. sono inammissibili i motivi relativi alle violazioni di legge, perchè nessuno dei quesiti di cui sono corredati è articolato su di una chiara e perspicua illustrazione – quand’anche sommaria delle pure evidenti peculiarità della fattispecie, nè della regola che si ritiene malamente applicata, mentre quella che si vorrebbe dettata per una potenziale serie di controversie analoghe future è generica o talvolta apodittica e quindi de tutto inidonea a regolare, prima fra le altre, la fattispecie in esame;
5.2. i vizi di formulazione dei quesiti richiesti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. impongono di dichiarare inammissibile i primi tre motivi di ricorso;
5.3. e tanto esime dal rilevare che è mancata poi la riproduzione del tenore testuale di tutti i documenti di cui è stata dedotta l’erronea valutazione da parte della corte territoriale e tra essi soprattutto delle due successive istanze della società interpretate dalla corte territoriale la seconda come meramente emendativa della prima, in violazione del principio di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6.
6. Quanto al vizio di motivazione, dedotto come quarto motivo, in violazione anche in questo caso del principio appena richiamato, non è integralmente trascritto nel ricorso per cassazione il tenore testuale delle argomentazioni sul punto svolte dall’odierna ricorrente per impugnare la statuizione di primo grado poi integralmente confermata, sì da verificare che la relativa questione non sia nuova in questa sede.
7. In conclusione, inammissibili tutti i motivi, il ricorso va del pari dichiarato inammissibile; ma non vi e luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, per non avere gli intimati qui svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 4 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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