Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-01-2013) 15-02-2013, n. 7487

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 31 luglio 2012, il Tribunale di Salerno, in parziale accoglimento della richiesta di riesame avanzata nell’interesse di Z.D. avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il 19 luglio 2012, con la quale era stata disposta nei confronti del predetto la misura della custodia cautelare in carcere, per vari episodi di usura ed estorsione, ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al reato di estorsione di chi al capo C) ed alla sussistenza della aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, confermando nel resto l’ordinanza impugnata.

Propone ricorso per cassazione personalmente lo Z., il quale rinnova le stesse censure già dedotte in sede di riesame e disattese dai giudici del merito in ordine alla asserita carenza di adeguata motivazione in ordine ad alcuni decreti di autorizzazione alle operazioni di intercettazione. Si deduce, poi, la carenza del presupposto della gravità indiziaria in ordine ai vari reati di usura ipotizzati e si lamenta che sia stata adottata la misura restrittiva di maggiore gravità.

Il ricorso è palesemente inammissibile. Quanto alle deduzioni relative alle intercettazioni telefoniche, infatti, il ricorso, oltre che essere privo del requisito della autosufficienza, non essendo stati allegati gli atti pertinenti, tenuto conto, fra l’altro, della natura incidentale della procedura, va rilevato che le censure si limitano a riprodurre le stesse questioni già esaminate dai giudici del riesame e dai medesimi disattese, sulla base di puntuali ed esaurì stivi rilievi, concentrati sulla adeguatezza della motivazione dei provvedimenti, in riferimento alle ragioni della necessità delle intercettazioni ed alla utilizzabilità delle stesse anche in procedimento diverso, vertendosi in tema di reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza ed ipotesi ad essi strettamente connesse. A fronte di tali circostanziati rilievi, il ricorrente ha omesso di formulare specifiche censure in punto di legittimità, limitandosi a contestazioni del tutto apodittiche e prive di specificità. I restanti motivi sono anch’essi inammissibili perchè del tutto generici.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att cod. proc. pen., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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