Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-07-2012, n. 13393

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Svolgimento del processo
.1- Con sentenza in data 11 – 22 maggio 2002 il Tribunale di Roma rigettò sia la domanda principale dell’INPS, che aveva chiesto la condanna dell’IGEI – INPS Gestione Immobiliare – in liquidazione alla restituzione di L. 1.584 milioni versate in eccedenza rispetto ad dovuto per gli anni 1992 -1993 in relazione alla gestione del proprio patrimonio immobiliare, sia la domanda riconvenzionale dell’IGEI, che aveva chiesto la condanna dell’INPS al pagamento di L. 1.125 milioni ancora dovute a saldo.
.2- Con sentenza in data 15 maggio – 21 giugno 2007 la Corte d’Appello di Roma rigettò l’appello principale dell’IGEI e, in accoglimento dell’appello incidentale, condannò detto istituto a pagare all’INPS Euro 818.067,73.
La Corte territoriale osservò per quanto interessa: l’inequivoca disposizione dell’art. 10 della convenzione, non modificabile in forza dei successivi interpretazioni e comportamenti delle parti e la considerazione che la gestione annuale decorreva dal maggio 1992 al maggio 1993, dimostravano la fondatezza della tesi dell’INPS. .3- Avverso la suddetta sentenza l’IGEI ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’INPS ha resistito con controricorso e presentato memoria.
Motivi della decisione
.1- Al ricorso è applicabile – ratione temporis – la normativa introdotta dal D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
.2 – I quattro motivi di ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366- bis c.p.c..
Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e "virtuoso" nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
.3- Il primo motivo lamenta insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (ritenuta scadenza del primo anno di gestione al 17 maggio 1993).
Il motivo in esame implica l’interpretazione di clausole contrattuali, attività riservata al giudice di merito.
Il momento finale di sintesi non è adeguato poichè non specifica in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza sia, rispettivamente, insufficiente, illogica, contraddittoria.
.4- Il secondo motivo lamenta ancora insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (comportamento delle parti); violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. c.c..
Anche questo motivo attacca il contenuto decisorio della sentenza impugnata e non ne censura la effettiva ratio decidendi, incentrata sulla considerazione che la natura giuridica dei due istituti toglieva rilievo ai loro comportamenti dovendosi privilegiare l’elemento convenzionale.
Il quesito finale non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulla norme indicate in rubrica e manca il momento di sintesi.
.5- Il terzo motivo adduce insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (comportamento delle parti); violazione e falsa applicazione della L. 9 marzo 1989, n. 88.
Sia il percorso argomentativo, sia l’ottemperanza agli oneri imposti dall’art. 366-bis c.p.c. presentano le medesime caratteristiche evidenziate con riferimento ai motivi precedenti e sono, quindi, inammissibili per le ragioni lì esposte.
Inoltre questo motivo denuncia una violazione di norma di diritto che non risulta trattata in sede di merito, per cui, al fine di sfuggire alla sanzione di inammissibilità per novità della questione, il ricorrente aveva l’onere – non adempiuto – non solo di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, al fine di consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti, di eseguire la necessaria verifica (Cass. n. 20518 del 2008).
.6- Il quarto motivo ipotizza insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (durata del 1 anno di gestione).
Anche questo motivo tratta una questione riservata al giudice di merito e non è assistito dal necessario momento di sintesi.
.7- Pertanto il ricorso è inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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