Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-01-2013) 15-02-2013, n. 7485

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza pronunciata il 21 aprile 2010, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze ha dichiarato non luogo a procedere, a norma dell’art. 425 cod. proc. pen., nei confronti di C.M.G. in ordine al reato di usura alla medesima ascritto quale amministratore delegato della Banca Federico del Vecchio s.p.a. ai danni, fra gli altri, di M.T.M., costituita parte civile.

Avverso la sentenza anzidetta ha proposto ricorso per cassazione la nominata parte civile, la quale lamenta, nel primo motivo, violazione dell’art. 644 cod. pen., in quanto – reiterando sul punto questione già dedotta e disattesa dal giudice per le indagini preliminari – il metodo di calcolo della Banca d’Italia per la determinazione del tasso soglia sarebbe errato in quanto non comprensivo della commissione di massimo scoperto. Sarebbe viziata la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui ha recepito la tesi difensiva secondo la quale devono escludersi dal computo del T.E.G. le commissioni di massimo scoperto e le normali spese addebitate per la tenuta del conto, in quanto non valutabili come costo del denaro.

Si lamenta, infine, che nella specie, il giudice a quo, pur avendo preso in considerazione la ipotesi della usura in concreto, ne abbia poi escluso la sussistenza, quando invece sarebbe pacifico l’intendimento vessatorio perseguito dalla banca.

Il ricorso è infondato. Con ampia e puntuale motivazione, infatti, il giudice preliminare si è fatto carico di analizzare e disattendere tutti i punti ora nuovamente evocati dal ricorrente, offrendo deduzioni rispetto alle quali, per la verità, il ricorso non addita aporie tali da incrinare la coerenza logico argomentativa e la esaustività che caratterizzano il percorso seguito per adottare la ricostruzione dei fatti posta a base nel provvedimento impugnato.

Da un lato, infatti, sul versante del computo dei montanti da prendere a base per la determinazione del tasso usurario, la eventuale omissione del conteggio della commissione di massimo scoperto, oltre a doversi raccordare con la normativa della Banca d’Italia vigente al momento della stipula della convenzione di finanziamento, risulta essere nella specie del tutto irrilevante, posto che la stessa consulenza di parte non procede al computo di tale voce per il calcolo degli interessi. Quanto, poi, all’asserito aumento dei costi e dell’aggravio derivante dal rilascio delle cambiali, che avrebbe integrato una condotta vessatoria e tale da costituire un vantaggio usurario per la banca, il giudice del merito ha osservato come il vantaggio per la banca fosse del tutto legittimo, trattandosi di una operazione destinata a costituire una garanzia per il regolare pagamento delle rate di mutuo; il che, impediva che la banca usufruisse della riscossione degli interessi di mora derivanti dal ritardato pagamento delle rate, certo più oneroso per il debitore. Il tutto, poi, non senza trascurare la circostanza che la operazione di rifinanziamento permetteva di non risolvere il contratto di mutuo, evitando per questa via di azionare l’ipoteca, con la conseguente vendita coattiva dell’immobile gravato. Risultato, quest’ultimo, che, correttamente, il giudice a quo ha sottolineato essere nel concreto vantaggioso tanto per la banca – che in tal modo non doveva sopportare gli oneri della procedura esecutiva e della perdita di valore della vendita agli incanti dell’immobile – che per i debitori, i quali "continuavano ad essere proprietari del bene e avevano la speranza di liberarlo dalle ipoteche". I restanti rilievi, poi, che il giudice del merito ha svolto a proposito dell’analitica ricostruzione degli oneri integralmente sopportati dai debitori e dei tassi applicati, così come della articolata dinamica della operazione di rifinanziamento, escludono la fondatezza dei rilievi prospettai dalla parte civile, le cui deduzioni – va ribadito – hanno trovato più che esauriente replica, a fronte della quale non sono opposti argomenti che rilevino agli effetti dell’odierno sindacato di legittimità; e ciò, anche sul versante della ipotizzata sussistenza della cosiddetta usura in concreto, evocata con specifico riferimento al rilascio delle cambiali, quale ulteriore garanzia della complessa operazione finanziaria.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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