Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-07-2012, n. 13392

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Svolgimento del processo
1- Con sentenza in data 21 maggio – 7 giugno 2001 il Tribunale di Pescara revocò il decreto ingiuntivo per L. 109.551.000 intimato dalla Banca di X di C. M. R. e P. ad D.P.A., D.P.G. e F. D., quali fideiussori della S.r.l. B. e rigettò la domanda nei confronti dei D.P., ma condannò la F. a pagare alla Banca L. 60.000.000.
2- Con sentenza in data 2 maggio – 1 dicembre 2006 la Corte d’Appello dell’Aquila, in accoglimento del gravame della Banca, rigettò l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dai D.P. e l’appello della F..
La Corte territoriale osservò per quanto interessa: la fideiussione, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, era operante in quanto la fusione tra i due istituti bancari era equiparabile alla successione universale; la fideiussione prestata dai D.P. era qualificabile come omnibus ed era riferibile anche alle obbligazioni successive; l’eccezione di inefficacia della garanzia per violazione dell’art. 1957 c.c. era inconsistente, avendovi i fideiussori rinunciato in via preventiva; il vincolo di solidarietà passiva era pienamente legittimo; la sottoscrizione della fideiussione da parte della F. era pienamente legittima.
3- Avverso la suddetta sentenza A. e D.P.G. hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo.
La Banca intimata ha resistito con controricorso e presentato memoria.
Motivi della decisione
1- L’unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione delle norme che disciplinano l’istituto della fideiussione e in particolare degli artt. 1936, 1938, 1941, 1942, 1944, 1945, 1949 e 1263 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, anche per errata, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti e rilevabile di ufficio.
2- Al ricorso è applicabile – ratione temporis – la normativa introdotta dal D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
3 – Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e "virtuoso" nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i lìmiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
4- Il ricorso difetta sia del quesito, che postuli l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle numerose norme di cui è stata denunciata violazione e falsa applicazione (peraltro non specificate come se si trattasse di sinonimi); sia del momento di sintesi necessario per circoscrivere il fatto controverso e per specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza si riveli, rispettivamente, omessa, insufficiente, contraddittoria (peraltro la motivazione di uno stesso capo di una sentenza non può essere omessa e, nel contempo, contraddittoria).
5- Pertanto il ricorso è inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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