Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-01-2013) 15-02-2013, n. 7483

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Chiamato a pronunciarsi in sede di rinvio a seguito di annullamento pronunciato da questa Corte con sentenza n. 11003 del 2012 dell’8 marzo 2012, il Tribunale di Napoli ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 1 dicembre 2011 – già oggetto di riesame – con la quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di A.P. per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso denominata "clan dei Casalesi", ed ha annullato l’ordinanza medesima in relazione ai reati di estorsione aggravata di cui ai capi F) ed I).

Avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame in sede di rinvio ha proposto ricorso per cassazione il difensore, il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione. A parere del difensore, le considerazioni svolte dal giudice del rinvio nella interpretazione delle intercettazioni, ed operate sulla falsariga dei dieta promananti da questa Corte, sarebbero prive di riscontro logico, potendosi ritenere che dati i rapporti di ospitalità tra l’ A. ed il L., gli stessi si fidassero di intessere conversazioni anche sul argomenti scabrosi e delicati. Nè risulterebbero elementi atti ad asseverare la identificazione dell’ A. per uno dei colloquianti, mentre la ritenuta responsabiltà per il reato associativo mal si concilierebbe con l’esclusione di responsabilità per i delitti di estorsione e per l’assenza di riferimenti alla persona dell’ A. da parte dei collaboratori.

Il ricorso è privo di fondamento. I giudici del rinvio, infatti, fedelmente attestandosi ai "punti critici" additati in sede rescindente da questa Corte, hanno posto in risalto anzitutto l’apporto, ormai acclarato con giudicato "cautelare", fornito dall’ A. in relazione alla qualificante vicenda relativa alla vendita di un’arma al gruppo Iacolare; il che, dunque, contrariamente all’assunto del ricorrente – tutto teso a parcellizzare, per di più in termini del tutto apodittici, il significato delle varie vicende, anzichè analizzarne il reciproco apprezzamento in un quadro unitario – ne riconduce l’attività, su un episodio estremamente significativo, in un quadro di sodalità e di assoluta e totale fiducia. Accanto a ciò, i giudici a quibus hanno correttamente posto in risalto la stabile presenza dell’indagato nel mobilificio "Effedue arredamenti", assunto a vera e propria base operativa del sodalizio, ove l’ A. non si proponeva quale presenza "neutra" e defilata, ma diretto partecipe a conversazioni tutte di contenuto estremamente compromettente, giacchè orientate a mettere a punto le strategia criminali del gruppo. Più che adeguata si rivela, dunque, la considerazione svolta dai giudici a quibus per disattendere la fondatezza della tesi censurata da questa Corte secondo la quale non potesse svilirsi (come erroneamente reputato dai primi giudici) tale partecipazione, relegandola quale espressone "di semplice curiosità del ricorrente ad assumere informazioni sulla concreta operatività del sodalizio". Infatti – come correttamente argomenta l’ordinanza ora impugnata (e che il ricorrente critica in termini del tutto inconsistenti, sul versante del prospettato vizio motivazionale) – "la familiarità emersa in tali circostanze tra l’ A. ed i presenti presso i locali della "Effedue Arredamenti" discorrevano delle attività illecite (in particolare di natura grassatoria) perpetrate ovvero in corso di realizzazione sul territorio, appaiono indici … dell’intraneità al tessuto associativo dello stesso prevenuto, attesa la naturale indisponibilità dei gruppi criminali – secondo l’id quod plerumque accidit – a tollerare interferenze esterne nei loto affari. Da ultimo, ma non per ultimo, assume un significato del tutto convergente anche l’esito di talune conversazioni intercettate sulla utenza dell’ A. durante la sua latitanza, dalle quali emerge come l’indagato fruisse di appoggio logistico da parte proprio di L.F., con l’ovvia conseguenza di ricondurre tale condotta agevolativa proprio alla contestata organicità dell’ A. al sodalizio di riferimento, sul rilievo – del tutto plausibilmente dedotto nella ordinanza impugnata -"che le associazioni di stampo mafioso assicurano protezione ai loro appartenenti in caso di necessità, nel contesto del pactum sceleris e dell’affectio che contraddistingue il vincolo di comune appartenenza degli affiliati". Il che, può conclusivamente aggiungersi, non vale all’evidenza per il quisque de populo, che non presenti "interesse" alcuno per l’associazione.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 28 disp. reg. cod. proc. pen..

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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