Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-07-2012, n. 13381

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Svolgimento del processo
La C. s.n.c. e D.B. convennero in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Milano la Nuova M.A. s.p.a., G.C.D. e Ci.Lu. chiedendo il pagamento del residuo importo di Euro 6.400,07 che ritenevano ad essi dovuto a titolo di risarcimento danni per un sinistro verificatosi nell'(OMISSIS).
Con sentenza n. 18089/2009 il Giudice di Pace attribuì la responsabilità del sinistro per il 60% al convenuto Lu.
C. e per il 40% all’attore D.B. e per effetto della cessione dei crediti intervenuta fra D.B. e C. s.n.c. condannò le parti convenute in solido a versare alla medesima C. il 60% dell’importo complessivo di Euro 8.811,98 liquidato a titolo di risarcimento dei danni.
La C. s.n.c. e D.B. proponevano appello dinanzi al Tribunale di Milano nei confronti di M.A. s.p.a., già nuova M.A. s.p.a., C. G.D. e Ci.Lu..
Chiedevano, in parziale riforma della sentenza impugnata, di accertare e dichiarare che il sinistro de quo si verificò per colpa esclusiva di Ci.Lu. e conseguentemente condannare le parti appellate, in solido, a risarcire tutti i danni occorsi al veicolo di D.B., determinati nella complessiva somma di Euro 8.811,92; quindi, dedotti da tale somma Euro 2.411,85, versati in acconto dalla N. M. , ed Euro 2.875,30 dovuti dalle parti appellate in forza della sentenza impugnata, chiedevano di condannare le parti appellate, in solido, a versare alla C. s.n.c, nella sua qualità di cessionaria del credito spettante a B. D., l’importo residuo di Euro 3.524,77, oltre accessori.
Si costituivano gli appellati contestando la dinamica del sinistro come descritta dagli appellanti e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.
Il Tribunale di Milano rigettava l’appello proposto dalla C. s.n.c. e da D.B. avverso la sentenza del Giudice di Pace.
Propongono ricorso per cassazione la C. s.n.c. e B. D. con quattro motivi.
Parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso parte ricorrente denuncia Violazione dell’art. 111 Cost., commi 1, 2 e 6, nonchè degli art. 112, 113, 115, 116, 131 e 132 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).
Sostiene parte ricorrente: che la decisione impugnata è nulla e priva di effetti; che solo apparentemente risulta scritta dal Giudice monocratico, il quale si sarebbe, invece, limitato a trascrivere quanto contenuto nella comparsa conclusionale degli appellati; che la stessa non può considerarsi sentenza in senso tecnico giuridico; che nella fattispecie risulta violato il principio del contraddittorio per aperto sbilanciamento del giudizio a favore di una parte, le cui ragioni sono state direttamente trasferite in sentenza.
Il motivo è infondato.
La circostanza che la Corte abbia aderito alla comparsa conclusionale degli appellati non è, infatti, motivo di nullità, in quanto la sentenza, al di là della denunciata coincidenza dei due testi, esprime comunque una motivazione consistente nell’adesione alle tesi prospettate da una delle parti in causa, motivazione che l’altra parte può denunciare di nullità solo facendone valere i vizi in cui essa sia eventualmente incorsa, ma non per la inelegante sostanziale ripetizione degli argomenti svolti in una delle comparse conclusionali.
Con il secondo motivo si denuncia Violazione o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 cod. proc. civ. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) con riferimento al capo della sentenza che ha condannato D.B. a rifondere agli appellati le spese del giudizio, previo rigetto di domanda non proposta dallo stesso.
Sostiene parte ricorrente che avendo D. ceduto alla C. s.n.c. il suo credito, nei confronti della proprietaria, del conducente dell’autovettura tamponante e della N. M. , egli sottoscrisse l’atto di citazione e l’atto di appello unicamente per confermare l’avvenuta cessione dei propri diritti alla C. snc e la dinamica dell’incidente.
Egli non poteva quindi essere condannato alle spese giudiziali a favore degli appellati contro i quali non aveva proposto alcuna domanda.
La sentenza impugnata ha perciò violato i principi costituzionali del diritto di difesa, del giusto processo, del contraddittorio e della motivazione dei provvedimenti nonchè le regole dettate dagli artt. 91, 99, 100, 101 e 112 c.p.c. rigettando una domanda mai proposta e condannando lo stesso D. alla rifusione delle spese in favore degli appellati in assenza di domanda, di contraddittorio, di interesse e di soccombenza.
Il motivo è infondato.
Qualora un soggetto, qualificandosi come cessionario di un credito o come beneficiario di un contratto a favore di terzi o come creditore subentrato nei diritti del debitore ai sensi dell’art. 1259 c.c., faccia valere il credito ceduto, la prestazione prevista a suo favore, i detti diritti, convenendo in giudizio anzichè – come pure gli è consentito rispettivamente, soltanto il debitore ceduto, il promittente, il terzo responsabile verso il suo debitore, anche il creditore cedente, lo stipulante, il debitore cui assuma di essere subentrato, la situazione di litisconsorzio che si determina è di carattere unitario, poichè, di sua iniziativa, l’attore ha esteso la lite, anche solo in forma di denuntiatio, ad un soggetto cui la causa era soltanto comune e che non era litisconsorte necessario nel senso di cui all’art. 102 c.p.c., al fine di rendergli opponibile l’accertamento scaturente da essa. Ne consegue che il giudizio di impugnazione, stante il carattere unitario del litisconsorzio così determinato dall’attore, si connota, quale che sia stato l’esito del grado precedente, come inscindibile e, pertanto, riconducibile all’art. 331 c.p.c., con la conseguenza che ad esso non possono, pertanto, rimanere estranei il creditore cedente, lo stipulante a favore del terzo e il debitore nei cui riguardi sia avvenuto il subingresso (Cass., 21 ottobre 2009, n. 22278).
La circostanza che l’atto di citazione in appello è stato effettuato da C. s.n.c. e da D.B. fa ritenere che la richiesta di riforma della sentenza impugnata per accertare e dichiarare che il sinistro si è verificato per esclusiva colpa di Ci.Lu. sia stata formulata da entrambi gli appellanti e non dalla sola C..
Correttamente quindi la Corte d’Appello, per il principio della soccombenza, doveva condannare entrambi gli appellanti al pagamento delle spese a favore della parte vittoriosa.
Con il terzo motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione degli artt. 2054, 2697, 2699 e 2700 cod. civ., nonchè degli artt. 115, 116 cod. proc. civ., vizio logico nonchè apparente, insufficiente, erronea motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Con il quarto motivo si denuncia Violazione o falsa applicazione degli art. 2054 e 2697 cod. civ. nonchè degli art. 115, 116 e 232 cod. proc. civ.; vizio logico ed apparente, insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
I due motivi devono essere trattati unitariamente.
Secondo parte ricorrente l’impugnata sentenza ha erroneamente interpretato l’art. 2054 c.c., comma 2 attribuendo una concorrente responsabilità al D. per non aver dimostrato di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Sostengono in particolare i ricorrenti che il mutamento improvviso della direzione di marcia da parte del veicolo tamponato non è stato affatto provato sicchè, nel caso di specie, resta accertato il solo fatto del tamponamento che comporta la liberazione del D. da ogni responsabilità, ricadente invece esclusivamente sul conducente del veicolo tamponante.
Inoltre la sentenza impugnata sarebbe contraddittoria perchè, mentre da un lato ha ritenuto il D. presuntivamente corresponsabile per non aver fornito le prove di aver fatto tutto il possibile per non essere tamponato, dall’altro lato ha ritenuto irrilevante la mancata comparizione, senza giustificato motivo, del Ci. a rendere l’interrogatorio formale.
Entrambi i motivi sono infondati.
In tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. (Cass., 25 gennaio 2012, n. 1028).
Nel caso in esame la Corte d’Appello aderisce alla decisione del Tribunale alla luce dei dati probatori acquisiti ed imputa una diversa quota di responsabilità al Ci. (60%) e al D. (40%), ritenendo corretta la ricostruzione della dinamica del sinistro operata dal giudice di prime cure.
La facoltà di trarre argomenti sfavorevoli alla parte dalla sua mancata risposta all’interrogatorio formale, o dalla sua mancata comparizione al fine di rendere interrogatorio libero, e di ritenere o meno valido il motivo dedotto a giustificazione della mancata comparizione, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, e non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità (Cass., 15 aprile 2004r n. 7208).
Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere dunque rigettato mentre in assenza di attività difensiva di parte intimata, nulla deve disporsi per le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e non dispone sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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