Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 30-01-2013) 08-08-2013, n. 34489

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Svolgimento del processo
1.- Con sentenza del 14.07.2009 il Tribunale di Milano:
a.- dichiarava (per quanto qui interessa) la penale responsabilità di:
a1.- C.G., C.V. e C. P., tutti appartenenti alla Polizia di Stato, presso la Questura di Milano, Ufficio Prevenzione Generale (UPG), per il delitto – contestato al capo 1) della rubrica – di cui all’art. 416 c.p., per essersi associati fra di loro, con a capo il C.P., dal febbraio 2002 all’ottobre 2005, allo scopo di commettere, con abuso dei poteri e in violazione dei doveri inerenti alle loro funzioni, una serie indeterminata di delitti, quali in particolari peculati, falsi, perquisizioni illegittime, furti, diretti in prevalenza alla ricerca e alla sottrazione di beni e denaro; delitto dal quale invece venivano assolti per non aver commesso il fatto A.S., C.M.P., C.B. e F.M.;
a2.- C.G., C.V. e C. P. per il delitto – contestato al capo 2) della rubrica e commesso il 09.07.2005 – di cui agli artt. 110 e 319 c.p., per avere accettato dallo spacciatore rumeno T.V.L. e dall’ex collega P.G., con i quali erano stati messi in contatto da T.M. e P.A., appartenenti all’Ufficio Scorte della Questura di Milano, la promessa della metà del valore dello stupefacente che sarebbe stato rinvenuto, in cambio del compimento dell’atto contrario ai doveri del proprio ufficio, consistente nell’irrompere, fingendo un’operazione di polizia, in uno stabile sito in Via (OMISSIS), per impossessarsi di sostanza stupefacente (di fatto però non rinvenuta), che avrebbero finto di sequestrare, lasciandola invece al T.V.L. per lo spaccio; delitto dal quale veniva invece assolto S.A. perchè il fatto non costituisce reato;
a3.- C.G.. C.V., C.P. e R.A., appartenente all’Ufficio Scorte della Questura di Milano, per il delitto – contestato al capo 3) della rubrica e commesso in data 11.07.2005 – di cui agli artt. 110 e 319 c.p., per avere accettato dallo spacciatore rumeno T.V. L. la promessa di denaro, da spartire fra di loro e con T.M. e P.A., appartenenti all’Ufficio Scorte della Questura di Milano, in cambio del compimento dell’atto contrario ai doveri del proprio ufficio, consistente nel fingere un’operazione di polizia, fermando acquirenti noti al T.V. L., all’atto di una cessione di stupefacente che si sarebbe dovuta verificare nei pressi di Via (OMISSIS), per impossessarsi dello stupefacente e del denaro prezzo della vendita;
a4.- C.G.. C.V. e C. P. per il delitto – contestato al capo 3 bis) della rubrica e commesso il 18.07.2005 – di cui agli artt. 110 e 479 c.p. e art. 61 c.p., n. 2, per avere, al fine di commettere il delitto di cui al capo 5), nell’annotazione di servizio relativa all’indagine svolta in Via (OMISSIS), che portava alla denuncia a piede libero di M. L., attestato falsamente la sola presenza del M.L., omettendo la presenza di altri due cittadini senegalesi irregolari (entrambi di nome M.N.) e la effettuazione di una vera e propria perquisizione; delitto dal quale veniva invece assolto Z. A. perchè il fatto non costituisce reato;
a5.- C.G., C.V. e C. P. per il delitto – contestato al capo 4) della rubrica e commesso il 18.07.2005 – di cui all’art. 110 c.p. e art. 615 c.p., comma 1, per essersi, nel servizio di cui al capo 3 bis), introdotti abusivamente nell’abitazione di M.L., effettuando una perquisizione in assenza dei presupposti di legge e non verbalizzata;
delitto dal quale veniva invece assolto Z.A. perchè il fatto non costituisce reato;
a6.- C.G., C.V., C.P. e Ro.An. per il delitto – contestato al capo 5) della rubrica e commesso il 18.07.2005 – di cui all’art. 110 c.p. e art. 314 c.p., comma 1, per essersi, all’esito del servizio di cui al capo 3 bis), appropriati di borse, materialmente prese dal Ro.
A. e dal C.G., e non inserite nel verbale di sequestro, di cui avevano il possesso per ragioni di ufficio;
a7.- C.G. per il delitto contestato al capo 7) della rubrica e commesso il 19.07.2005 – di cui all’art. 367 c.p. e art. 61 c.p., n. 2, per aver denunciato falsamente il furto della propria autovettura (in realtà demolita) al fine di conseguire l’indennizzo assicurativo;
a8.- C.G. e C.P. per il delitto – contestato al capo 8) della rubrica e commesso il 19.07.2005 – di cui agli artt. 110 e 624 c.p., art. 625 c.p., n. 2 e art. 61 c.p., n. 9, per essersi impossessati di Euro 600,00, sottraendoli da due macchinette di video giochi e dal registratore di cassa, che forzavano con un cacciavite, siti in un bar di Via (OMISSIS), dove entravano forzando la saracinesca;
a9.- C.V. per il delitto – contestato al capo 14) della rubrica e commesso il 28.07.2005 – di cui all’art. 479 c.p. e art. 61 c.p., n. 2, per avere, al fine di commettere il delitto di cui al capo 15), nel verbale di sequestro redatto in seguito all’intervento nel negozio di l’annotazione di P.C., attestato falsamente un numero di borse (460) inferiore a quello effettivo (500); delitto dal quale veniva invece assolto F.M. perchè il fatto non costituisce reato;
a10.- C.V. e C.M.P. per il delitto – contestato al capo 15) della rubrica e commesso il 28.07.2005 – di cui all’art. 110 c.p. e art. 314 c.p., comma 1, per essersi, all’esito del servizio di cui al capo 14), appropriati di 40 borse, non inserite nel verbale di sequestro, di cui 30 venivano consegnate alla C.M.P., consapevole della loro provenienza;
delitto dal quale veniva invece assolto F.M. per non aver commesso il fatto;
a11.- C.G., C.V., C. P. e F.M. per il delitto – contestato al capo 17) della rubrica e commesso il 10.08.2005 – di cui all’art. 110 c.p. e art. 615 c.p., comma 1, per essersi, nel corso di un servizio in Via (OMISSIS), introdotti abusivamente nell’abitazione di X.H., effettuando una perquisizione in assenza dei presupposti di legge e non verbalizzata;
a12.- C.V. e C.P. per il delitto – contestato al capo 22) della rubrica e commesso il 18.07.2005 – di cui agli artt. 110 e 479 c.p. e art. 61 c.p., n. 2, per avere, al fine di commettere il delitto di cui al capo 23), attestato falsamente, nell’annotazione di servizio che portava alla denuncia a piede libero di cinque extracomunitari, fra cui H.F., di aver proceduto alla distruzione, tramite AMSA, di varie derrate alimentari, e, nel verbale di sequestro redatto nella medesima occasione, di aver rinvenuto in possesso di H.F. la somma di Euro 85,00 in luogo di quella effettiva di Euro 1685,00; delitto dal quale venivano invece assolti E.G.S. e L.F.;
al3.- C.V. e C.P. per il delitto – contestato al capo 23) della rubrica e commesso il 18.07.2005 – di cui all’art. 110 c.p. e art. 314 c.p., comma 1, per essersi, all’esito del servizio di cui al capo 22), appropriati delle derrate predette e della somma di Euro 1600,00, di cui avevano il possesso per ragioni di ufficio;
al4.- C.G., C.P. e R.M. per i delitti – contestati ai capi 24) e 25) della rubrica e commessi il 23.03.2005 – di cui all’art. 110 c.p. e art. 314 c.p., comma 1, e art. 635 c.p. art. 61 c.p., nn. 2 e 9, per essersi impossessati, mediante effrazione del vetro anteriore finalizzata alla simulazione di un furto occasionale, del denaro e dei beni custoditi nell’autovettura di T.Y., dei quali avevano la disponibilità per ragioni d’ufficio, per avere lasciato l’autovettura stessa parcheggiata in Via (OMISSIS), ove appositamente tornavano, dopo averne fermato, condotto e trattenuto in Questura i tre occupanti; delitti dai quali veniva invece assolto Ro.
A. per non aver commesso il fatto;
a15.- F.M. per il delitto – contestato al capo 26) della rubrica e commesso il 24.01.2006 – di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 10 per avere illegalmente detenuto 15 cartucce cal. 9 x 19, da considerarsi munizionamento di guerra;
a16.- M.M.A. per i delitti – contestati ai capi 51) e 52) della rubrica e commessi, rispettivamente, il 05.10.2005 e il 10 e 20.09.2005 – di corruzione passiva propria e cessione di continuata di cocaina, di cui agli artt. 319 e 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5;
b.- assolveva (per quanto qui interessa):
b1.- C.V., C.B. e F.M., perchè il fatto non costituisce reato, dai delitti – contestati ai capi 12) e 16) della rubrica e commessi, rispettivamente, il 24 e 29.07.2005 – di cui all’art. 110 c.p. e art. 615 c.p., comma 1, per essersi, nel corso di servizi in Via (OMISSIS) e in Via (OMISSIS), introdotti abusivamente nelle abitazioni di H.S. e di L. J. e Z.S., effettuando perquisizioni in assenza dei presupposti di legge e non verbalizzate;
b2.- C.G., C.V., C.P. e F.M., perchè il fatto non costituisce reato, dal delitto – contestato al capo 18) della rubrica e commesso il 13.08.2005 – di cui all’art. 110 c.p. e art. 615 c.p., comma 1, per essersi, nel corso del servizio in Via (OMISSIS), introdotti abusivamente nell’abitazione di G.I., I.F. e altri, effettuando una perquisizione in assenza dei presupposti di legge e non verbalizzata.
2.- Su appello del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Milano e dei prevenuti condannati di cui sopra, la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 13.04.2011:
a.- dichiarava la penale responsabilità di:
a1.- C.M.P. e F.M. per il delitto di cui al capo 1);
a2.- C.V., C.B. e F.M. per i delitti di cui capi 12) e 16);
a3.- C.G., C.V., C.P. e F.M. per il delitto di cui al capo 18);
b.- rideterminava la pena per C.G., C. V., C.M.P., C.P. e F. M.;
c.- irrogava la pena a C.B.;
d.- dichiarava inammissibile l’appello di M.M.A.;
e.- confermava nel resto la sentenza.
3.- Propongono ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Milano e tutti gli imputati condannati.
Motivi della decisione
4.- Il P.G. deduce:
a.- violazione di legge e vizio di motivazione per:
a1.- la conferma della concessione delle attenuanti generiche e del trattamento sanzionatorio a C.M.P., F.M., R.M., R.A. e Ro.An., data senza esame dei rilievi mossi al riguardo nell’appello del P.G.;
a2.- la conferma della concessione delle attenuanti di cui all’art. 323 bis c.p. e art. 62 c.p., n. 4 a C.M.P. e R. A., data anche in contrasto col diverso trattamento fatto a C.V. sul capo 15;
b.- vizio di motivazione per la concessione delle attenuanti generiche a C.B., erroneamente giustificata con una sua insussistente posizione secondaria;
c.- vizio di motivazione per l’assoluzione dello S.A. dal delitto di cui al capo 2), per non avere la Corte di merito tenuto conto delle numerose prove a carico del predetto.
4. Il ricorso del P.G. è infondato. Si osserva, invero:
che le contestazioni di sub a1., a2. e b. censurano punti della decisione, quali i giudizi sulla meritevolezza delle attenuanti generiche e sulla tenuità del fatto e del danno patrimoniale, che sono rimessi alla valutazione discrezionale del giudice di merito, come tale sottratta al sindacato di legittimità, ove (come appunto nel caso di specie: v. pp. 173, 175, 179, 184, 187 e 189 della sentenza impugnata, nonchè le richiamate pp. 151 e 152 della sentenza di primo grado) corredata di una motivazione idonea a far emergere le ragioni delle concrete scelte operate;
quanto alla doglianza sub c, che la stessa, al di là di parziali incompletezze e imprecisioni della sentenza impugnata, non riesce a superare il dato di fondo – rilevato infra anche per gli imputati C.G. e C.P. – della sostanziale neutralità, agli effetti della consapevole commissione dell’illecito – degli elementi indicativi della mera partecipazione materiale dello S.A. alla operazione di cui al capo d’imputazione.
5.A.- C.G. deduce, col 1^ motivo:
a.- la nullità delle notificazioni all’imputato dell’appello del P.G. e del decreto di citazione in appello, in quanto effettuate al domicilio eletto presso l’originario difensore e non al domicilio eletto presso il nuovo difensore, nominato con revoca del precedente difensore e relativo domicilio;
b.- la conseguente nullità della condanna irrogata sull’appello del P.G.;
c.- la conseguente nullità assoluta della citazione in appello dell’imputato e degli atti conseguenti; in subordine la nullità a regime intermedio della stessa citazione e degli atti conseguenti, in ragione della (tempestiva) eccezione sollevata col ricorso e della irrilevanza della partecipazione del nuovo difensore al giudizio di appello;
d.- la nullità della notifica dell’avviso di udienza per l’appello al difensore, in quanto effettuata al difensore precedente.
5.A.’- Le predette doglianze sono infondate. Si osserva, invero:
quanto ai rilievi sub a. e b., che è stato chiarito in giurisprudenza (Sez. 3^, n. 3266 del 10/12/2009, dep. 2010, Esposito, Rv. 245859; conformi: N. 38 del 1999 Rv. 212339, N. 14443 del 1999 Rv. 215111, N. 48900 del 2003 Rv. 227008, N. 16891 del 2007 Rv.
236657), che l’omessa notifica dell’atto di appello della pubblica accusa alla parte privata o viceversa non è causa di nullità di ordine generale nè da luogo all’inammissibilità del gravame, comportando unicamente la mancata decorrenza del termine per la proposizione, da parte del soggetto interessato, dell’eventuale appello incidentale, se consentito.
– quanto al rilievo sub c., che: – la nullità conseguente alla notificazione all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore di fiducia invece che presso il domicilio eletto è d’ordine generale a regime intermedio, perchè idonea comunque a determinare una conoscenza effettiva dell’atto in ragione del rapporto fiduciario con il difensore, sicchè è soggetta ai termini di deduzione di cui all’art. 182 c.p.p., comma 2. (Sez. 2^, n. 35345 del 12/05/2010, Rummo, Rv. 248401; conformi: N. 8826 del 2005 Rv. 231588, N. 45990 del 2007 Rv. 238509, N. 37177 del 2008 Rv.
241206, N. 39159 del 2008 Rv. 241124, N. 559 del 2009 Rv. 242715, N. 6211 del 2010 Rv. 246639);
la nullità stessa, in quanto attinente ad atti anteriori al giudizio, avrebbe, quindi, dovuto essere dedotta entro la chiusura del giudizio di appello;
quanto al rilievo sub d., che l’omessa notifica dell’avviso di fissazione del giudizio di appello al difensore dell’imputato, il quale abbia purtuttavia – come nella specie – partecipato alla relativa udienza, integra una nullità a regime intermedio, la quale, non essendosi verificata nel corso del giudizio, deve essere dedotta o rilevata a pena di decadenza entro la pronuncia della sentenza d’appello (Sez. 6^, n. 12619 del 25/03/2010, Piras, Rv. 246739), il che nel caso in esame non è avvenuto.
5.B.- Col 2^ motivo C.G. deduce violazione di legge e vizio di motivazione:
a.- in ordine al capo 2) (corruzione per l’operazione di Via (OMISSIS)), per avere la Corte d’appello:
a1.- fatto incongruo riferimento a un previo e inesistente incontro dell’imputato con T.V.L., C.P. e C.V., e al suo ingresso nello stabile di Via (OMISSIS): circostanze risolventisi in realtà nella mera partecipazione all’operazione di polizia, che in sè non prova il concorso nel reato, come ritenuto dagli stessi giudici di merito per i coimputati S.A. e Ce.;
a2.- travisato le dichiarazioni di P.G. sul significato della consapevolezza, da parte di tutti, di ciò che andavano a fare;
a3. – interpretato in modo incongruo il risultato di una intercettazione in ordine alla corresponsione di compenso anche all’imputato;
a4. – dato incongruo rilievo allo sconfinamento di zona, rientrante in una prassi usuale, e alla circostanza della richiesta della targa dell’altro equipaggio;
b. – in ordine al capo 3) (corruzione per l’operazione di Via (OMISSIS)), per avere la Corte d’appello compiuto errori valutativi analoghi e omesso di esaminare i motivi di appello con cui si evidenziava l’assenza di concorso dei componenti della Volante Baggio con l’operato della Volante Europa;
5.B.’ – I suesposti rilievi inerenti ai capi 2) e 3) appaiono fondati. Gli elementi in base ai quali i giudici di merito hanno ritenuto sussistente il concorso dell’imputato nei reati in questione sono, infatti, in sè – quando non essenzialmente congetturali (come quelli inerenti alla partecipazione al "compenso") – neutri, equivoci e spiegabili nel contesto di una partecipazione in buona fede alle operazioni: la loro ritenuta idoneità a sostenere l’ipotesi del concorso nei reati fonda in definitiva su una inammissibile presunzione desunta dalle "abitudini" illecite del prevenuto.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del C.G. sui capi 2) e 3) per non aver commesso il fatto, con eliminazione della relativa pena.
5.C.- Col 3^ motivo C.G. deduce:
a.- in ordine al capo 3 bis) (falso relativo all’operazione di Via (OMISSIS)), che:
a1. – la Corte di merito non ha dato congrua risposta ai rilievi difensivi sulla inconsistenza e irrilevanza del presunto falso e all’assenza, al riguardo, di una responsabilità specifica dell’imputato;
a2. – la pronuncia di condanna stride con la contestuale assoluzione del coimputato Z.A.;
a3. – è del tutto incongruo il riferimento al tenore di una conversazione dell’imputato con la propria fidanzata;
b. – in ordine al capo 5) (peculato correlato all’operazione di Via (OMISSIS)), che:
b1. – nella conversazione con la fidanzata il prevenuto manifestava un mero e ipotetico intento di appropriazione di qualche borsa, mentre nessuna prova è stata acquisita riguardo a una reale successiva apprensione;
b2. – manca altresì una reale prova che appropriazione vi sia stata da parte del Ro.An. e che il C.G. vi abbia effettivamente consentito;
b3. – non si comprende se al C.G. sia stata addebitata un’appropriazione diretta o il consenso all’appropriazione da parte del Ro.An.;
b4. – manca in ogni caso nella specie il requisito del previo possesso per ragioni d’ufficio;
5.C.’ – Il motivo di cui sub 5.C. è da accogliere in parte.
b’. – Sono infondati i rilievi inerenti al capo 5. Si osserva, invero:
quanto ai rilievi sub b1, b2 e b3, che la Corte di merito ha ritenuto provata, con congrua e logica motivazione, l’appropriazione materiale delle due borse da parte del Ro.An. (fatto sulla cui certezza v. infra sub 14′.) e il determinante assenso dato al riguardo dal C.G. (in mancanza del quale il Ro.An. avrebbe ovviamente avuto delle giustificate remore al compimento dell’illecito);
quanto al rilievo sub b4, che: – com’è noto, in tema di peculato, il possesso di denaro o di altra cosa mobile da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, per acquisire rilevanza ai fini dell’incriminazione, non deve necessariamente rientrare nel novero delle specifiche competenze o attribuzioni connesse con la sua posizione gerarchica o funzionale, essendo sufficiente che esso sia frutto anche di occasionale coincidenza con la funzione esercitata o con il servizio prestato (v., ex plurimis, Sez. 6^, n. 17920 del 11/03/2003 – dep. 15/04/2003, De Matteis, Rv.
227140); – nella specie (come risulta dalle sentenze di merito), la merce di cui si tratta si trovava in una stanza della Questura, ed era (come dimostrato dal tenore delle conversazioni intercettate) sotto il diretto controllo del Ro.An. e dell’imputato.
à.- Fondati nei sensi che seguono sono invece i motivi inerenti al capo 3 bis. Al riguardo, infatti, l’omessa menzione, nella annotazione di servizio (in relazione alla quale soltanto, e non anche alla redazione del verbale di sequestro – cui era evidentemente connessa anche l’indicazione della perquisizione – è stato contestato al C.G. il reato de quo) sull’operazione compiuta, della presenza dei due M.N. ben può essere dovuta alla non immediata percezione del loro diretto coinvolgimento nell’operazione stessa, quali proprietari dei borsoni sequestrati. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del C.G. sul capo 3 bis) perchè il fatto non costituisce reato, con eliminazione della relativa pena.
5.D.- Col 4^ motivo il ricorrente deduce che non sussiste la simulazione del reato di furto di cui al capo 7), posto che all’atto della falsa denuncia tutto era già noto agli inquirenti, e al più potrebbe configurarsi nella specie un mero tentativo.
5.D.’- Il motivo sub 5.D. è infondato.
Premesso, invero, che il delitto di simulazione di reato è reato di pericolo, il cui momento consumativo coincide con il momento in cui si afferma falsamente all’autorità giudiziaria penale, o ad altra autorità che a quella sia tenuta a riferire, che si è verificato un reato, e che, conseguentemente, non è, per esso, giuridicamente configurabile il tentativo (Sez. 6^, n. 1143 del 14/10/1970 – dep. 25/11/1970, Morra, Rv. 115740), si rileva, in ordine all’obiezione secondo cui, all’atto della falsa denuncia, tutto era già noto agli inquirenti, che se, in via generale, è vero che il delitto di simulazione di reato non è configurarle se la condotta non è idonea a determinare il pericolo che venga iniziato un procedimento penale e, quindi, se il contenuto della denuncia appaia palesemente inverosimile ovvero la complessiva situazione di fatto consenta di escludere la necessità di svolgere delle indagini sul reato denunciato e suggerisca invece di avviarle proprio sulla falsità delle denuncia (Sez. 6^, n. 4983 del 03/12/2009 – dep. 08/02/2010, Nuzzolese, Rv. 246077, relativa a fattispecie in cui un militare, dopo aver informato i Carabinieri di non aver più rinvenuto il tesserino di riconoscimento nel proprio armadietto, del quale escludeva l’effrazione, si presentava il giorno successivo alla medesima autorità per effettuare formale denuncia del furto dello stesso tesserino, affermando che quest’ultimo era stato sottratto, previa effrazione, dal suo armadietto), non può, con riferimento al caso in esame, ritenersi che ricorresse una situazione del tipo descritto, posto che mancava la coincidenza fra l’Autorità (Polizia) che intercettava la compromettente conversazione del prevenuto e quella (Carabinieri) a cui egli presentò la falsa denuncia, la quale, quindi, inducendo l’Autorità destinataria della medesima a svolgere indagini sul reato denunciato, determinava certamente il pericolo dell’inizio al riguardo di un procedimento penale.
5.E.- Col 5^ motivo il ricorrente deduce, in ordine all’episodio di cui ai capi 24) e 25) (peculato, con danneggiamento, di denaro e beni di T.Y.), che:
a. – nella specie manca il requisito del previo possesso per ragioni d’ufficio ed è configurarle il furto aggravato dalla qualità di pubblico ufficiale;
b. – non sarebbe al riguardo rilevante il trattenimento delle chiavi dell’autovettura (poi peraltro consegnate ai colleghi della Questura), avente in sè carattere illecito;
c. – manca prova che l’autovettura fu aperta con le dette chiavi e tale assunto collide con la rottura del vetro del finestrino anteriore;
d. – è stata illegittimamente disattesa la richiesta di acquisizione del Registro della camera dei Fermati;
e. – del tutto congetturale è l’assunto che la rottura del vetro fosse finalizzata alla simulazione di un furto.
5.E’. – Il motivo relativo ai capi 24) e 25) è infondato. Si osserva, invero:
– quanto ai rilievi sub a. e b., che nella specie gli operanti, avendo comunque (non importa se illecitamente) trattenuto le chiavi dell’autovettura del T.Y. (come accertato in fatto, in maniera immune da vizi, in sede di merito), conservavano certamente il possesso del veicolo e di quanto in esso contenuto, agli effetti dell’art. 314 c.p., onde la successiva apprensione del denaro, posta in essere sicuramente (come parimenti accertato, in maniera immune da vizi, in sede di merito) dagli operanti (fra cui il C. G.), integra precisamente il reato di peculato e non quello di furto aggravato;
– quanto ai rilievi sub c., d. ed e., che gli stessi investono in sostanza il percorso valutativo-argomentativo attraverso cui la Corte di merito, senza incorrere in vizi apprezzabili in questa sede, ha ricostruito i movimenti degli operanti, ritenendo al riguardo giustificatamente sufficienti le risultanze acquisite (dichiarazioni orali, conversazioni intercettate, dati del traffico telefonico, ammissione del C.P.) e rispondente, al "piano" da essi (che soli in effetti sapevano del denaro nascosto sotto il posacenere) congegnato, anche la simulazione, attraverso la strumentale rottura del vetro dell’autovettura, di un furto a opera di terzi.
5.F.- Il C.G. col 6^ motivo deduce:
a. – in ordine ai delitti di cui al capo 18) (introduzione abusiva nell’abitazione di G.I., I.F. e altri in Via (OMISSIS)), al capo 17) (introduzione abusiva nell’abitazione di X. H. Via (OMISSIS)) e al capo 4) (introduzione abusiva nell’abitazione di M.L. in Via (OMISSIS)) che:
a1. – l’appello del P.G. sul capo 18) era del tutto generico;
a2. – del tutto inconcludente è la distinzione, operata dal secondo giudice, fra il coordinamento (escludente il dolo) dell’operazione con la Centrale operativa e la mera comunicazione della stessa (inidonea ad escludere il dolo);
a3. – erroneo in diritto è l’assunto della irrilevanza della consapevolezza o meno della illiceità dell’operazione;
a4. – in ordine ai delitti di cui ai capi 18) e 17), manca l’ipotizzata finalità di lucro;
a5.. – non è riferibile ai due episodi predetti la preoccupazione esternata dal prevenuto in una telefonata con la fidanzata;
a6. – manca la motivazione sugli estremi oggettivi del presunto abuso e sulla consapevolezza del medesimo (il relativo errore al riguardo traducendosi in errore sul fatto): questione equivocata dal Tribunale ed elusa dalla Corte d’appello, con correlata mancata distinzione fra i (più limitati) poteri previsti dal codice di procedura penale e quelli consentiti dalle leggi speciali;
a7. – non ricorre, nei casi di specie, nè incompetenza assoluta nè incompetenza relativa, considerata in particolare l’ampia discrezionalità, anche territoriale, riconosciuta alle Volanti (confermata dalla deposizione Va.);
a8. – le operazioni in esame sono, pertanto, da considerare lecite e rilevano al riguardo le eventuali successive condotte di falso e omissione;
a9. – in ogni caso il C.G. rivestiva una posizione subordinata ed era in buona fede;
5.F’. – Il motivo sub 5.F. è infondato. Si osserva, invero:
1^. – quanto al rilievo sub al., che l’appello del P.G. sul capo 18) non era generico ma specificava (in particolare a p. 34) le ragioni – qualifica dell’operante e modalità della perquisizione – per cui non poteva escludersi l’elemento soggettivo del reato;
2^ – quanto ai rilievi sub a4., a6., a7., a8., che – l’abuso di poteri inerenti alle funzioni, che qualifica la condotta del delitto di violazione di domicilio commesso da un pubblico ufficiale, non postula la presenza degli estremi necessari per l’integrazione del reato di abuso di ufficio, potendo realizzarsi per effetto di qualsiasi abuso, come l’usurpazione, lo sviamento, il perseguimento di una finalità diversa, l’inosservanza di leggi, regolamenti o istruzioni, ecc., indipendentemente dall’ingiustizia o meno degli scopi perseguiti dall’agente (Sez. 5^, n. 5088 del 10/08/1993 – dep. 19/05/1993, Grandati, Rv. 195367); – nei casi in esame, al di là del discorso sulla generica competenza dei reparti, non risultano dimostrati nè sono ravvisabili, in genere, gli specifici presupposti di legge, generali o speciali (la cui analitica elencazione fatta in ricorso si palesa pertanto astratta e ipotetica), e, comunque, quelli regolamentari-organizzativi, che avrebbero potuto legittimare l’introduzione o il trattenimento in luoghi di privata dimora, avendo del tutto correttamente al riguardo la Corte d’appello escluso che la mera comunicazione dell’operazione alla Centrale operativa (senza un reale coordinamento autorizzativo) implicasse per sè l’assenza dell’elemento soggettivo del reato, integrato dalla consapevole violazione del domicilio con abuso dei poteri;
3^. – quanto ai rilievi sub a3, a5, a9, che la consapevolezza del carattere abusivo delle operazioni in esame è stata dimostrata in concreto (con conseguente irrilevanza della generica affermazione, contenuta a p. 124 della sentenza impugnata, circa la non rilevanza della consapevolezza dell’illiceità e antigiuridicità dell’operazione), in base all’assunzione non coordinata, come dovuto (giusta quanto chiarito dal giudice d’appello, alla stregua delle ricostruite regole operative della Questura, oggetto di contestazione sostanzialmente valutativa nel ricorso), con la Centrale e, nel caso di cui al capo 17, neppure mai comunicata, e alle modalità (del tutto irrispettose delle garanzie degli interessati) degli interventi, cui il C.G., certamente stretto ed esperto collaboratore del C.P. (al di là di imprecisioni della sentenza nel riporto di alcune conversazioni intercettate) prese piena partecipazione;
4^. – che, sullo specifico delle singole operazioni, possono richiamarsi le osservazioni di cui infra sub 9.d’.1^./2^./3^.
5.G.- Il ricorrente deduce col 7^ motivo, in ordine al delitto di cui al capo 1) (associazione a delinquere), che:
a. – è stata illegittimamente riconosciuta l’esistenza del sodalizio criminoso, versandosi nella specie nella ipotesi di plurimi illeciti di volta in volta concordati e non sempre fra gli stessi soggetti;
b. – l’imputato è stato immotivatamente, e a causa anche di una certa confusione fatta fra lui e C.V., ritenuto partecipe dell’associazione, laddove egli ha di fatto avuto rapporti solo col C.P.;
5.G’.- Il motivo sul capo 1) è fondato nei sensi che seguono. Nella specie, invero, deve escludersi la stessa sussistenza oggettiva della contestata associazione a delinquere.
La configurazione di tale reato presuppone, com’è noto, che si possa individuare l’esistenza di un’associazione finalizzata alla consumazione di una serie indeterminata di delitti (costituiti nello specifico da abusi di poteri pubblici sfocianti prevalentemente in peculati, falsi e perquisizioni illegittime).
Nell’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte risulta acquisito che l’associazione per delinquere si caratterizza per tre fondamentali elementi, costituiti: a)- da un vincolo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati;
b)- dall’indeterminatezza del programma criminoso che distingue il reato associativo dall’accordo che sorregge il concorso di persone nel reato; c)- dall’esistenza di una struttura organizzativa, sia pur minima, ma idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira, (così, fra le altre, Sez. 1^, n. 10107 del 14/07/1998 – dep. 25/09/1998, Rossi e altri, Rv. 211403).
L’elemento distintivo del reato associativo, rispetto a fattispecie che in apparenza possono assomigliargli, è dato in sostanza dalla permanenza di un vincolo tra i partecipanti, che origina e giustifica l’esistenza di una struttura organizzata, mirante, in forza del consapevole contributo di ciascun associato, a conservare se stessa, sì da fungere da base stabile, per la commissione, attraverso la predisposizione dei mezzi necessari, dei singoli reati che ne costituiscono lo scopo (cfr., fra le più recenti, Sez. 6^, n. 3886 del 07/11/2011 – dep. 31/01/2012, Papa e altri, Rv. 251562).
Ora, se, da un lato, è vero che, per la configurabilità del delitto di associazione per delinquere, la legge non richiede la creazione di una organizzazione apposita, essendo sufficiente anche l’uso di una struttura preesistente alla ideazione criminosa e già adibita a finalità lecite (Sez. 1^, n. 134 del 03/10/1989 – dep. 12/01/1990, Pintacuda, Rv. 182999), dall’altro deve, però, escludersi la configurabilità del reato allorquando i singoli componenti di una organizzazione preesistente pongano in essere attività illecite e manchi la prova di un collegamento tra tali fatti illeciti e le linee guida dell’organizzazione stessa (Sez. 2^, n. 5838 del 09/02/1995 – dep. 22/05/1995, P.M. ed Avanzini ed altri, Rv. 201516).
Nel caso in esame, al di là delle plurime condotte illecite coinvolgenti alcuni degli appartenenti all’U.P.G. della Questura di Milano, sovente in concorso con soggetti comunque ritenuti estranei al sodalizio, non sono stati evidenziati elementi idonei a dimostrare, da un lato, che si sia fra gli stessi (significativamente individuati, dapprima, in numero di sette, poi di tre e, infine, di cinque) realizzato un accordo diretto a dar vita ad uno specifico e autonomo organismo associato destinato a durare nel tempo per l’attuazione di un comune e generico programma delinquenziale, e tanto meno, dall’altro, che la comune struttura di appartenenza dei presunti sodali, costituita dall’U.P.G. della Questura di Milano, così come i contatti conseguentemente intercorrenti fra di loro, siano stati "piegati" in via generale a una scelta di tipo criminale.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del C.G. sul capo 1 perchè il fatto non sussiste, con eliminazione della relativa pena (che ammonta cumulativamente, per tale capo e per i precedenti capi 2, 3 e 3 bis, a complessivi anni uno e mesi undici di reclusione).
5.H./1^:- Il ricorrente deduce, con l’8^ e il 9^ motivo, che illegittimamente gli sono state negate le attenuanti di cui agli artt. 62 bis e 114 c.p., art. 62 c.p., n. 4, art. 62 c.p., n. 6 e art. 323 bis c.p., e che illegittimamente e immotivatamente gli è stata negata la riduzione della pena base e dell’aumento di pena ex cpv. art. 81 c.p. (incongruamente determinato in misura uguale e indistinta per tutti gli imputati).
5.H’./1^’.- Il motivo sub 5.H.1^. è infondato. Si osserva, invero:
che: – sul diniego delle attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. la Corte di appello ha reso non illogica motivazione (p. 140 sent.), la quale non può non valere anche in relazione al diniego al C.G. della riduzione della pena base e della pena data in aumento ex cpv. art. 81 c.p.; – l’attenuante di cui all’art. 114 c.p. fu chiesta in appello in modo generico per i capi 1, 2, 3, 3 bis, 4, 5 e 17 e sul suo diniego la Corte di appello ha comunque reso non illogica motivazione (p. 140 sent.); – l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 fu chiesta in appello in modo assertivo per i capi 5, 6 (ormai depennato) e 8; – per tale ultimo capo, sempre in modo assertivo, fu chiesta anche l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6; – per il capo 5 fu chiesta anche, sempre in modo assertivo, l’attenuante di cui all’art. 323 bis c.p.; – per il capo 8, il carattere assertivo delle ricordate richieste non imponeva specifica risposta da parte della Corte territoriale;
– che, per il capo 5, devono peraltro estendersi gli effetti dell’accoglimento dei non personali motivi proposti a suo tempo dal coimputato Ro.An., riguardo alla concessione delle attenuanti ex art. 323 bis c.p. e art. 62 c.p., n. 4.
Conseguentemente, per tale reato, si deve procedere alla riduzione, nella misura di mesi due e giorni sei, dell’aumento di pena inflitto.
5.L.- Il C.G., col 10^ motivo, deduce che:
a.- gli sono state illegittimamente applicate l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, l’interdizione legale e la declaratoria di decadenza del rapporto con la P.A.;
b.- la condanna alle spese processuali gli è stata erroneamente irrogata in solido con gli altri imputati.
5.L.’- Trattasi di motivi non proponibili, in quanto non dedotti in appello.
6.- C.V. deduce:
a.- l’illegittimo riconoscimento dell’esistenza del sodalizio criminoso di cui al capo 1), laddove nella specie la struttura organizzativa era del tutto lecita, i presunti associati collaboravano occasionalmente alla realizzazione degli illeciti anche con soggetti ritenuti estranei al delitto associativo, e non avevano rapporti fra di loro al di fuori del lavoro;
b.- in ordine ai delitti di cui ai capi 4), 12), 16) e 18) (introduzioni abusive, rispettivamente, nelle abitazioni di M. L. in Via (OMISSIS), di H.S. in Via (OMISSIS), di L.J. e Z.S. in Via (OMISSIS) e di G. I., I.F. e altri in Via (OMISSIS)), che:
b1.- non ha alcuna rilevanza la mancata richiesta della preventiva autorizzazione alla Centrale operativa, che veniva, in ogni caso, sempre avvisata, anche se, talora, contestualmente all’operazione stessa;
b2.- nelle circostanze de quibus non venivano effettuate vere perquisizioni e mancava qualsiasi scopo di lucro personale;
c.- in ordine ai delitti di cui ai capi 3 bis) e 5) (falso e peculato correlati all’indagine svolta in Via (OMISSIS), che portava alla denuncia a piede libero di M.L.), che:
c1.- non può integrare un vero falso l’omessa menzione dei due M.N.;
c2.- l’imputato fu del tutto estraneo all’ipotizzato peculato commesso dal Ro.An.;
c3.- il verbale di sequestro fu redatto dopo tale ipotizzato peculato;
d.- che illegittimamente è stata negata l’attenuante di cui all’art. 323 bis c.p. per il delitto di cui al capo 15) (peculato delle borse di P.C.);
e.- in ordine al delitto di cui al capo 17) (introduzione abusiva nell’abitazione di X.H. Via (OMISSIS)), che:
e1.- sussistevano i presupposti dell’eseguita perquisizione;
e2.- sono irrilevanti eventuali omissioni successive;
f.- in ordine ai delitti di cui ai capi 22) e 23) (false attestazioni e peculato relativi all’operazione che portava alla denuncia a piede libero di cinque extracomunitari, fra cui H.F.), che:
f1.- non ci sono prove sul diretto coinvolgimento del C. V.;
f2.- H.F. è del tutto inattendibile;
f3.- le derrate furono gettate via;
g.- in ordine ai capi 2) e 3) (corruzioni per l’operazione di Via (OMISSIS) e per l’operazione di Via (OMISSIS)), che:
g1.- manca la prova degli estremi dei reati;
g2.- il comportamento dell’imputato fu del tutto corretto;
g3.- la costruzione accusatoria è inverosimile e configura, in ogni caso, reati impossibili;
h.- che gli sono state illegittimamente e immotivatamente negate le attenuanti generiche.
6′.- Il ricorso del C.V. è da accogliere per quanto di ragione.
à.- Il motivo di cui sub a. è fondato. Si richiama al riguardo quanto rilevato sopra sub 5.G’.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del C.V. sul capo 1 perchè il fatto non sussiste, con eliminazione della relativa pena.
b’. – I motivi di cui sub b1 e b2 ed e1 ed e2 sono infondati. Si richiamano al riguardo: – i rilievi di cui sopra sub 5.F2^. e 3^, validi anche per i capi 12 e 16; – i rilievi specifici di cui infra sub 8′.1^./2^./3^. e sub 9′.d’.1^./3^..
c’.- I motivi di cui sub c1, c2 e c3 sono fondati.
Quanto, invero, al capo 3 bis, non è ravvisabile l’elemento soggettivo del reato. Sull’omessa menzione, nella annotazione di servizio sull’operazione compiuta, della presenza dei due M. N., si richiamano i rilievi di cui sopra sub 5.C’.à.. Circa, poi, l’omessa indicazione, in detta annotazione, della eseguita perquisizione, la sua rilevanza soggettiva deve essere esclusa in forza della redazione del verbale di sequestro.
In ordine, infine, al contenuto di quest’ultimo, non possono muoversi addebiti al C.V., mancando elementi di prova della sua consapevolezza circa la sottrazione delle borse.
Riguardo, infine, a tale sottrazione, nulla in atti indica che egli vi abbia preso parte.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del C.V. sul capo 3 bis perchè il fatto non costituisce reato e sul capo 5 per non aver commesso il fatto, con eliminazione delle relative pene (che ammontano, cumulativamente, per tali reati e per quello di cui al capo 1, a complessivi anni uno e mesi sette di reclusione).
d’.- Fondato è il motivo di cui sopra sub d.. Non ci sono, infatti, ragioni – anche in ossequio al principio di cui all’art. 587 c.p.p. – per negare al C.V., sul capo 15, l’attenuante ex art. 323 bis c.p., nonchè quella di cui all’art. 62 c.p., n. 4, che sono state già riconosciute alla C.M.P. per lo stesso capo. Conseguentemente, per tale reato, si deve procedere alla riduzione, nella misura di mesi due e giorni sei, dell’aumento di pena inflitto.
è.- I motivi di cui sub e1 ed e2 sono infondati. Si richiamano al riguardo i rilievi di cui sopra sub 5.F’..
f’.- I motivi di cui sub f1, f2 e f3 sono infondati. Si osserva, invero:
– quanto al rilievo di cui sub f3, che nessun dubbio sussiste sulla commissione del falso e del peculato relativi alle derrate rinvenute, essendosi accertato che la distruzione tramite AMSA attestata nell’annotazione di servizio non ebbe affatto luogo ed avendo in sostanza lo stesso C.V. ammesso l’appropriazione;
– quanto al rilievo di cui sub f2, che, a prescindere dall’utilizzabilità delle dichiarazioni di H.F., la descrizione dei fatti da lui resa è oggetto di esaustiva e autonoma narrazione, ai fini della oggettività dei reati di falso e peculato relativi al denaro sottratto a H.F., nelle dichiarazioni dei testi Vi. e Ta.;
– quanto al rilievo di cui sub f1, che anche per il falso e il peculato relativi al denaro sottratto a H.F. il C. V. è stato correttamente riconosciuto colpevole, essendo stato egli coautore col C.P. del falso verbale di sequestro, che H.F. rifiutò di formare, insistendo per la restituzione del maggiore importo sottrattogli: situazione a cui l’imputato avrebbe certamente reagito in maniera non indifferente ove non fosse stato compartecipe, con il correo, dell’illecita appropriazione;
g’.- E’ infondato il motivo di cui sub g.. Si osserva, invero:
– quanto ai rilievi di cui sub g1 e g2, che dalle sentenze di merito risulta illustrata in modo compiuto e logico (sulla base in particolare delle risultanze intercettive ed orali) la ricostruzione dei due episodi, il loro carattere illecito e integrativo, per quanto qui interessa, di fattispecie corruttive mediante promessa accettata, e il sicuro coinvolgimento del C.V., contestato in ricorso con considerazioni essenzialmente valutative;
– quanto al rilievo di cui sub g3, che i reati contestati si sono consumati con l’accettazione della promessa in vista del compimento delle prospettate operazioni illecite, e nessun riflesso sulla penale rilevanza dei detti fatti corruttivi può quindi esplicare la circostanza che il detto compimento, non importa per quale motivo, non abbia avuto luogo (cfr. sul punto Sez. 6?, n. 2376 del 19/05/1994 – dep. 22/08/1994, , Rv. 199050); potendosi, in effetti, porre, in tema di corruzione mediante promessa accettata, un problema di reato impossibile solo se l’impossibilità attenga alla promessa stessa e sia, ex ante, assoluta ed evidente (situazione non ricorrente certo nei casi in esame).
h’.- Quanto al motivo sub h., con lo stesso si intende in sostanza sottoporre al giudizio di legittimità una valutazione, quale quella relativa alla concessione o meno delle attenuanti generiche, che rientra nella facoltà discrezionale del giudice e, come tale, è sottratta al sindacato di legittimità ove – come appunto nella specie (v. p. 151 della sentenza impugnata) – corredata di una motivazione idonea a far emergere la ragione della concreta scelta operata (non rilevando in contrario il riferimento, ivi, anche alla circostanza, non essenziale e giudicata impropria dallo stesso ricorrente, del suo inserimento in un sodalizio criminoso, che si è visto inesistente).
7.- C.M.P. deduce che:
a.- è stata fatta una valutazione erronea delle prove in ordine ai reati di cui ai capi 1) (art. 416 c.p.) e 15 (peculato delle borse di P.C.);
b.- la sottrazione delle borse di cui al capo 15) non può integrare oggettivamente peculato.
7′.- Il ricorso della C.M.P. è fondato quanto al capo 1. Si richiama al riguardo quanto rilevato sopra sub 5.G/’.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti della C.M.P. sul capo 1 perchè il fatto non sussiste, con eliminazione della relativa pena di mesi sei di reclusione.
Infondati sono invece i motivi di ricorso relativi al capo 15.
Premesso che è certa, alla stregua delle risultanze processuali (e per sostanziale ammissione della stessa imputata), la materialità del fatto, deve respingersi l’assunto della sua irrilevanza penale, posto che, da un lato, il valore delle borse oggetto di appropriazione, per quanto esiguo, non era certo di livello tale da determinare completa mancanza di danno patrimoniale per la P.A., e, dall’altro, tale ipotetica mancanza non esclude la sussistenza del reato di peculato, in presenza della lesione (sicuramente sussistente nella specie) dell’altro interesse, protetto dalla norma dell’art. 314 c.p., del buon andamento della pubblica amministrazione (Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244190; Sez. 6^, n. 2963 del 04/10/2004, Aiello, Rv. 231032; Sez. 6^, n. 4328 del 02/03/1999, Abate, Rv. 213660).
8.- C.B. deduce, in ordine ai delitti di cui ai capi 12) e 16) (introduzioni abusive di Via (OMISSIS) e di Via (OMISSIS)), che:
a.- essa fu assolta in primo grado e non è stata ritenuta coinvolta nel delitto associativo;
b.- gli assunti sulla omissione dei verbali e sul fine di lucro (comunque non realizzato) integrano in sostanza una inconsistente "prova circolare";
c.- non sussistono gli estremi dell’abuso;
d.- nei casi in esame fu dato alla Centrale operativa avviso preventivo dell’operazione;
e.- le operazioni erano consentite a sensi dell’art. 352 c.p.p.;
f.- nella specie sarebbe al più configurabile il reato di cui all’art. 609 c.p. (perquisizione arbitraria);
g.- in ogni caso non vennero effettuate vere perquisizioni e l’imputata non vi partecipò.
8′.- Il ricorso della C.B. è infondato. Devono richiamarsi al riguardo i rilievi di cui sopra sub 5.F’2^. e 3^., aggiungendosi che dalla ricostruzione degli episodi fatta analiticamente dal primo giudice (che escluse la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato solo per un indebito rilievo dato alla mera ‘comunicazionè alla Centrale) emerge con chiarezza che:
1^. nei casi in esame non sussistevano i presupposti giustificativi degli interventi (nè è invocabile, stante la qualità della prevenuta, l’ignoranza scusabile di cui all’art. 5 c.p., come modificato da Corte Cost. n. 364 del 1988); 2^.- gli stessi non furono accompagnati dal coordinamento autorizzativo della Centrale;
3^.- non furono osservate le garanzie dovute per legge (ex art. 352 c.p.p.. e art. 114 disp. att. c.p.p..); – l’imputata partecipò consapevolmente alla decisione e alla esecuzione degli interventi, quali si presentavano nella loro oggettiva ed evidente abusività.
9.- C.P. deduce:
a.- in ordine al delitto associativo di cui al capo 1), che:
a1.- è sintomatica la progressiva riduzione, rispetto alla originaria contestazione, del numero dei ritenuti componenti;
a2.- due dei presunti associati arrivarono tardivamente, rispetto alla data di presunto inizio del sodalizio, all’UPG;
a3.- egli fu assolto dai delitti di cui ai capi 19), 20 e 21), commessi in ipotesi il 18.02.2002, onde la presunta associazione presenterebbe un incomprensibile "vuoto" operativo fino al luglio 2004;
a4.- del tutto inconsistenti sono le presunte prove desumibili dai risultati delle intercettazioni, ivi compresi quelli inerenti alla c.d. fuga di notizie;
a5.- vi è un significativo enorme squilibrio fra il numero delle operazioni di polizia compiute nel periodo della presunta attività del sodalizio e il numero dei reati commessi nello stesso periodo;
a6.- manca in ogni caso la prova dell’elemento soggettivo del reato;
b.- in ordine ai delitti di cui ai capi 22) e 23) (false attestazioni e peculato relativi all’operazione che portava alla denuncia a piede libero di cinque extracomunitari, fra cui H.F.), che:
b1.- le dichiarazioni di H.F. sono inutilizzabili ai sensi dell’art. 210 c.p.p., art. 371 c.p.p., lett. b), e art. 64 c.p.p., essendo lo stesso indagato in procedimento connesso;
b2.- le dichiarazioni stesse sono comunque inattendibili;
b3.- le derrate furono distrutte;
c.- in ordine al delitto di cui al capo 8) (furto aggravato di Via (OMISSIS)), che il fatto è stato ammesso, ma non è ammessa nè provata la violenza sulle cose;
d.- in ordine ai delitti di cui ai capi 4), 17) e 18) (introduzioni abusive di Via (OMISSIS), Via (OMISSIS) e Via (OMISSIS)), che:
d1.- nella specie non sussistono i presupposti del reato di cui all’art. 615 c.p., comma 1;
d2.- non rileva al riguardo la mancata redazione del verbale di perquisizione;
d3.- non rilevano neppure il momento in cui avvertivano la Centrale operativa o il fatto che ci si rivolgesse all’ispettore di turno ( C.M.P.) anzichè al funzionario di turno;
d4.- non ci fu alcun conseguimento di lucro erano presuntivamente finalizzate le operazioni;
d5.- si trattava di situazioni di flagranza di reato, che legittimavano le perquisizioni a sensi dell’art. 352 c.p.p.;
d6.- è errato l’assunto della irrilevanza della inconsapevolezza della eventuale illiceità delle operazioni;
d7.- non si è tenuto conto del ruolo dell’imputato;
e.- in ordine ai capi 3 bis) e 5) (falso e peculato correlati all’operazione di Via (OMISSIS)), che:
e1.- manca la prova dell’effettiva appropriazione delle borse da parte del Ro.An.;
e2.- tale fatto non è comunque riferibile al C.P., considerato che il verbale di sequestro fu redatto solo la presunta sottrazione delle borse;
e3.- l’omessa menzione dei due M.N. è irrilevante ai fini del reato di falso;
f.- in ordine al delitto di cui al capo 24) (peculato del denaro e dei beni custoditi nell’autovettura di T.Y.), che:
f1.- nella specie non è configurabile il peculato, in quanto si trattava di denaro non sequestrabile;
f2.- l’imputato non aveva la disponibilità delle chiavi dell’autovettura: circostanza su cui è stata inutilmente chiesta la rinnovazione del dibattimento;
g.- in ordine ai delitti di cui ai capi 2) e 3) corruzioni per le operazioni di Via (OMISSIS) e di Via (OMISSIS)), che:
g1.- si trattò di normali operazioni di polizia;
g2.- mancano nella specie tutti i presupposti della corruzione;
g3.- il C.P. rimase comunque estraneo al reato, non rilevando al riguardo la sua mera presenza alle operazioni;
g4.- quanto al capo 3), non sono utilizzabili le dichiarazioni di Mo., che ha fatto riferimento a tale Fi., non identificato;
h.- che sono state illegittimamente negate le attenuanti generiche.
9.1.- Con motivi nuovi il C.P. ha aggiunto o ribadito:
a.- in ordine ai delitti di falso di cui ai capi 3 bis) e 22), che gli stessi, essendo finalizzati a coprire i reati di peculato, devono considerarsi scriminati a sensi dell’art. 51 c.p. in base al principio nemo tenetur se detegere, come ritenuto da un indirizzo giurispudenziale, imponente, in caso contrario, la rimessione della causa alle Sezioni Unite;
b.- in ordine ai delitti di cui ai capi 22) e 23) (false attestazioni e peculato relativi all’operazione che portava alla denuncia a piede libero di cinque extracomunitari, fra cui H.F.), che le dichiarazioni di H.F. sono inutilizzabili;
c.- in ordine ai delitti di cui ai capi 4), 17) e 18) (introduzioni abusive di Via (OMISSIS), Via (OMISSIS) e Via (OMISSIS)), che nella specie non sussistono i presupposti del reato di cui all’art. 615 c.p., comma 1;
d.- in ordine al delitto di falso di cui al capo 22), che lo stesso è prescritto per il decorso del termine massimo di prescrizione di sette anni e mezzo.
9′.- Il ricorso del C.P. è da accogliere in parte.
à.- Il motivo sul capo 1) è fondato. Si richiama al riguardo quanto rilevato sopra sub 5.G’.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del C.P. sul capo 1 perchè il fatto non sussiste, con eliminazione della relativa pena.
b’- Il motivo relativo ai capi 22) e 23) è infondato. Si osserva, invero:
quanto ai rilievi di cui sub b1 e b2, che, a prescindere dall’utilizzabilità delle dichiarazioni di H.F., la descrizione dei fatti da lui resa è oggetto di esaustiva e autonoma narrazione, ai fini della responsabilità del C.P. per il falso e del peculato relativi al denaro sottratto a H. F., nelle dichiarazioni dei testi Vi. e Ta.;
quanto al rilievo di cui sub b3, che nessun dubbio sussiste sulla commissione del falso e del peculato relativi alle derrate rinvenute, essendosi accertato che la distruzione tramite AMSA attestata nell’annotazione di servizio non ebbe affatto luogo ed essendovi anche stata, da parte del coimputato C.V., ammissione dell’appropriazione;
c’.- Il motivo sub c. relativo al capo 8) è infondato. Risulta, invero, accertata in sede di merito (v. sentenza di primo grado pp. 56 ss.) la forzatura sia della saracinesca (al di là delle dichiarazioni rese dalla persona offesa), sia, e comunque, delle macchinette e del registratore di cassa.
d’.- Il motivo relativo ai capi 4), 17) e 18) è infondato. Si richiamano al riguardo i rilievi di cui sopra sub 5.F.2^. e 3^., aggiungendosi che, alla stregua di quanto accertato in sede di merito: 1^.- l’operazione di cui al capo 4 avvenne illegittimamente a scopo puramente esplorativo, senza coordinamento autorizzativo con la Centrale e senza il rispetto delle garanzie di legge; 2^.
l’operazione di cui al capo 17 avvenne senza concrete notizie di reato e non venne in alcun modo comunicata alla Centrale; 3^.- l’operazione di cui al capo 18 presentava presupposti incerti e venne eseguita senza regolare coordinamento autorizzativo con la Centrale e senza il rispetto delle garanzie di legge; 4^.- il C. P., capo pattuglia, partecipò con piena consapevolezza alle illecite operazioni. In relazione al capo 4), così come per i capi 17) e 18), non si ravvisano i presupposti dell’estinzione per prescrizione, il cui relativo termine massimo, di sette anni e mezzo, maggiorato di centotrenta giorni per la sospensione dovuta ai rinvii dal 18.09.2012 al 27.11.2012 (per astensione dei difensori) e dal 27.11.2012 al 25.01.2013 (per impedimento difensore), non è ad oggi decorso in relazione all’epoca dei commessi reati (rispettivamente, 18.07.2005, 10.08.2005 e 13.08.2005).
è.- Il motivo sui capi 3 bis) e 5) è fondato. Si richiamano al riguardo le osservazioni di cui sopra sub 6′.c’..
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del C.P. sul capo 3 bis perchè il fatto non costituisce reato e sul capo 5 per non aver commesso il fatto, con eliminazione delle relative pene.
f’.- Il motivo sub f. relativo al capo 24) è infondato. Si osserva, invero, che:
1^.- nella specie gli operanti, avendo comunque (non importa se illecitamente) trattenuto le chiavi dell’autovettura del T. Y. (come accertato in fatto, in maniera immune da vizi, in sede di merito), conservavano certamente il possesso del veicolo e di quanto in esso contenuto (non importa se assoggettatole o meno a sequestro), agli effetti dell’art. 314 c.p., onde la successiva apprensione del denaro, posta in essere sicuramente (come parimenti accertato, in maniera immune da vizi, in sede di merito) dagli operanti (fra cui il C.P.), integra precisamente il reato di peculato;
2^.- la Corte di merito, attraverso percorso valutativo-argomentativo immune da vizi apprezzabili in questa sede, ha ricostruito i movimenti degli operanti, ritenendo al riguardo giustificatamente sufficienti le risultanze acquisite (dichiarazioni orali, conversazioni intercettate, dati del traffico telefonico, ammissione del C.P.) e rispondente, al "piano" da essi (che soli in effetti sapevano del denaro nascosto sotto il posacenere) congegnato, anche la simulazione, attraverso la strumentale rottura del vetro dell’autovettura, di un furto a opera di terzi;
3^.- in relazione al collegato capo 25), non si ravvisano i presupposti dell’estinzione per prescrizione, il cui relativo termine massimo, di sette anni e mezzo, maggiorato di centotrenta giorni per la sospensione dovuta ai rinvii dal 18.09.2012 al 27.11.2012 (per astensione dei difensori) e dal 27.11.2012 al 25.01.2013 (per impedimento difensore), non è ad oggi decorso in relazione all’epoca del commesso reato (23.03.2005).
g’.- Il motivo sui capi 2) e 3) è fondato. Gli elementi in base ai quali i giudici di merito hanno ritenuto sussistente il concorso dell’imputato nei reati in questione sono, infatti, in sè, neutri, equivoci e spiegabili nel contesto di una partecipazione in buona fede alle operazioni: la loro ritenuta idoneità a sostenere l’ipotesi del concorso nei reati fonda in definitiva su una inammissibile presunzione desunta dalle "abitudini" illecite del prevenuto.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del C.P. sui capi 2) e 3) per non aver commesso il fatto, con eliminazione delle relative pene (che ammontano, cumulativamente, per tali reati e per quelli di cui ai capi 1, 3 bis e 5, a complessivi anni due e mesi cinque di reclusione).
h’.- Il motivo sub h. è infondato. Con lo stesso si intende, invero, con argomentazioni generiche e di carattere valutativo, sottoporre al giudizio di legittimità una valutazione, quale quella relativa alla concessione o meno delle attenuanti generiche, che rientra nella facoltà discrezionale del giudice e, come tale, è sottratta al sindacato di legittimità ove – come appunto nella specie (v. p. 165 della sentenza impugnata) – corredata di una motivazione idonea (indipendentemente dal riferimento al sodalizio criminoso, che si è visto inesistente) a far emergere la ragione della concreta scelta operata.
9.1.’.- Relativamente ai motivi nuovi di cui sub 9.1., si osserva:
quanto alla deduzione sub a. – rilevante solo per il capo 22) (essendo stata esclusa la colpevolezza per il capo 3 bis) -, che, in tema di falso in atto pubblico, il pubblico ufficiale estensore dell’atto (nella specie, un verbale di arresto) non può invocare la scriminante dell’esercizio del diritto (art. 51 c.p.), "sub specie" del principio "nemo tenetur se detegere", per avere attestato il falso al fine di non fare emergere la propria penale responsabilità in ordine all’episodio in esso rappresentato, non potendo la finalità probatoria dell’atto pubblico essere sacrificata all’interesse del singolo di sottrarsi alle conseguenze di un delitto. (Sez. 5^, n. 38085 del 05/07/2012 – dep. 02/10/2012, Luperi e altri, Rv. 253545; conformi: N. 22672 del 2005 Rv. 231890, N. 3557 del 2008 Rv. 238908, N. 8252 del 2010 Rv. 246157, N. 8579 del 2012 Rv. 251945);
che la deduzione sub b. è superata da quanto rilevato sopra sub 9’b’.;
che la deduzione sub c. è superata da quanto rilevato sopra sub 9’d’.;
quanto alla deduzione sub d., che la stessa è infondata, posto che nella specie ricorre l’ipotesi di cui al coordinato disposto dell’art. 479 c.p. e dell’art. 476 c.p., comma 2, essendo stato chiarito in giurisprudenza che: – in tema di falso documentale, la relazione di servizio redatta dal pubblico ufficiale, è atto pubblico che, come tale, fa fede fino a querela di falso dei fatti che siano caduti sotto la percezione diretta dell’autore o che siano dallo stesso riferiti (Sez. 5^, n. 8252 del 15/01/2010 – dep. 02/03/2010, Bassi e altro, Rv. 246157; conf. Sez. 5^, n. 12065 del 18/09/1991 – dep. 29/11/1991, Chintemi, Rv. 188675); – è atto pubblico facente fede sino ad impugnazione di falso, ai sensi dell’art. 476 cpv. c.p., il processo verbale di sequestro redatto da un ufficiale di polizia giudiziaria nell’esercizio delle sue funzioni di accertamento ed assicurazione del corpo del reato (Sez. 5^, n. 798 del 24/11/1983 – dep. 31/01/1984, Savarese, Rv. 162423).
10.- F.M. deduce:
a.- in ordine al delitto associativo di cui al capo 1):
a1.- gli stessi rilievi di cui sopra sub 9.a. formulati nel ricorso di C.P.;
a2.- che mancano specifici elementi di responsabilità nei confronti di F.M. e non si giustifica il rovesciamento, operato dal secondo giudice, dell’assoluzione pronunciata in primo grado;
a3.- che fu assegnato tardi alle Volanti e i reati ascritti sono concentrati in un assai breve lasso temporale;
a4.- che l’assegnazione a C.V. come autista avvenne tardi e fu occasionale;
a5.- che il rimprovero fattogli da C.V. circa il suo intrattenersi anche con colleghi di altri equipaggi depone a suo favore, contrariamente a quanto assunto dalla Corte di merito;
a6.- che non rilevano la sua consapevolezza delle condotte illecite degli altri colleghi e l’utilizzo della sua utenza da parte di C.V., considerato che questi vi ricorse proprio perchè F.M. non era coinvolto;
a7.- che non hanno rilevanza i risultati delle intercettazioni;
b.- in ordine alle introduzioni abusive di cui ai capi 12), 16), 17) e 18):
b1.- gli stessi rilievi formulati nel ricorso di C.P. di cui sopra sub 9.d.;
b2.- che l’elemento soggettivo del reato, ritenuto indistintamente nella sentenza, fu escluso in primo grado per i capi 12), 16) e 18);
b3.- che nei casi in esame non si verificò alcuna appropriazione, non ci furono violazioni procedurali e non ricorrevano i presupposti oggettivi del delitto contestato;
b4.- che bisogna tener conto anche dei poteri di controllo previsti dall’art. 16 del T.U.L.P.S. e del ruolo di mero autista dell’imputato;
c.- in ordine al reato di detenzione di cartucce da guerra di cui al capo 26), che:
c1.- dette cartucce non possono considerarsi munizioni da guerra, non possedendo il requisito essenziale della spiccata potenzialità offensiva;
c2.- la stessa deposizione del luminelli denota significative incertezze in proposito;
c3.- il reato deve conseguentemente essere derubricato in quello di cui all’art. 697 c.p., ormai prescritto;
c4.- in ogni caso mancherebbe nella specie l’elemento soggettivo, essendo errato l’assunto della Corte di merito che l’imputato, pur assegnato agli uffici, continua ad indossare il cinturone, in cui si trova il caricatore incriminato.
10′.- Il ricorso del F.M. è da accogliere in parte.
à.- E’ fondato il motivo relativo al capo 1). Si richiama al riguardo quanto rilevato sopra sub 5.G’..
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti del F.M. sul capo 1 perchè il fatto non sussiste, con eliminazione della relativa pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 50,00 di multa.
b’.- E’ infondato il motivo relativo ai capi 12), 16), 17) e 18). Si richiamano al riguardo i rilievi di cui sopra sub 5.F’2^./3^., sub 8′.1^./2^./3^. e sub 9′.d’.2^./3^., aggiungendosi che il pieno coinvolgimento dell’imputato nelle operazioni risulta con chiarezza dalle sentenze di merito e che la Corte d’appello ha specificamente motivato anche sul relativo profilo soggettivo.
In relazione ai capi 12) e 16), così come per i capi 17) e 18), non si ravvisano i presupposti dell’estinzione per prescrizione, il cui relativo termine massimo, di sette anni e mezzo, maggiorato di centotrenta giorni per la sospensione dovuta ai rinvii dal 18.09.2012 al 27.11.2012 (per astensione dei difensori) e dal 27.11.2012 al 25.01.2013 (per impedimento difensore), non è ad oggi decorso in relazione all’epoca dei commessi reati (rispettivamente, 24.07.2005, 29.07.2005, 10.08.2005 e 13.08.2005).
c’.- E’ infondato il motivo relativo al capo 26). Si osserva, invero:
che i rilievi di cui sub c1, c2 e c3 sono superati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale – premesso che il criterio adottato dal legislatore per stabilire se determinate cartucce siano da considerarsi munizioni da guerra o da arma comune da sparo è quello indicato dal complesso delle disposizioni della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 1, comma 3, secondo cui sono munizioni da guerra le cartucce destinate al caricamento delle armi da guerra, nonchè dall’art. 2, comma 4, della stessa legge, in virtù del quale non possono essere munizioni per armi comuni da sparo quelle costituite con pallottole a nucleo perforante o aventi le altre caratteristiche di particolare capacità offensiva indicate nel predetto articolo – sono da considerare munizioni da guerra le cartucce calibro 9 Parabellum, che vengono fabbricate e poste in vendita per il munizionamento di armi da guerra e che quindi sono naturalmente destinate a tale finalità, le quali sono dotate di capacità perforante in quanto costituite con ogiva incamiciata con lega acciaiosa e, pertanto, non possono essere poste in libera vendita, avendo caratteristiche vietate per il munizionamento civile) (Sez. 1^, n. 14617 del 09/12/1999 – dep. 23/12/1999, Genovese, Rv.
216108; conf. Sez. 1^, n. 3159 del 27/05/1988 – dep. 25/02/1989, Campanella, Rv. 180651);
che l’elemento soggettivo del reato risulta chiaramente (più che dalle considerazioni fatte dalla Corte di merito) da quanto rilevato dal primo giudice (a p. 120 della sentenza) in ordine alla sicura presa di cognizione del caricatore da parte del prevenuto nel momento in cui, trasferendosi a Bardonecchia, aveva portato con sè i propri effetti personali;
che dovendosi escludere, per quanto sopra, la derubricazione del fatto a contravvenzione ex art. 697 c.p., non si pongono questioni di estinzione del reato per prescrizione.
11.- M.M.A. si duole della declaratoria di inammissibilità del suo appello per presunta rinuncia, laddove tale rinuncia riguardò solo i motivi diversi da quelli inerenti alla pena.
11.- Il ricorso del M.M.A. è fondato, posto che dagli atti risulta che effettivanente egli rinunciò solo ai motivi diversi da quelli inerenti alla pena.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio nei confronti del M.M.A. relativamente al trattamento sanzionatorio.
12.- R.M. deduce:
a.- in ordine al peculato del denaro presente nell’autovettura del T.Y., di cui al capo 24), che:
a1.- mancano i presupposti oggettivi del reato, trattandosi di denaro non sequestrato nè sequestrabile;
a2.- nel fatto è invece configurabile il furto aggravato da violenza sulle cose a carico degli effettivi colpevoli ( C.P. e C.G.);
a3.- manca la prova del coinvolgimento dell’imputato nella sottrazione delle borse contenenti la spesa del T.Y., non bastando all’uopo i risultati delle intercettazioni telefoniche e non potendo differenziarsi la sua posizione da quella del coimputato Ro.An. (assolto);
a4.- l’eccessività della pena.
12′.- Il ricorso del R.M. è infondato. Si osserva, invero:
che i rilievi di cui sub a1 e a2 trovano piena confutazione in quanto già osservato sopra sub 9′.f’.1^.;
che sul coinvolgimento del R.M. nell’illecita operazione in esame la Corte di merito ha reso congrua e logica motivazione (v. pp. 185 s., in cui si richiamano specifici elementi a carico, che non concernono la posizione, invocata a comparazione nel ricorso, del Ro.An.);
che del tutto generica è la doglianza sulla pena.
13.- R.A. deduce, quanto al ritenuto concorso nella corruzione di cui al capo 3), relativa all’operazione di Via (OMISSIS):
A.- col 1^ motivo:
a.- la mancanza di un appropriato esame della doglianza sulla confusione fatta dal Tribunale – in relazione a talune dichiarazioni di T.V.L. – fra l’imputato (di nome A.) e tale Ca.Al., pusher di T.V.L.;
b.- l’errata ipervalutazione delle dichiarazioni accusatorie rese in incidente probatorio da P.A., de relato da T. M., rispetto a quelle rese da T.V.L. e dallo stesso T.M.;
c.- l’errata valutazione dei risultati delle intercettazioni telefoniche, riguardanti solo le utenze di T.M., T. V.L. e P.A., mentre l’imputato risulta coinvolto una sola volta e senza consapevolerzza dei fatti;
d.- l’illegittimo utilizzo delle risultanze di un procedimento archiviato;
e.- l’errata valutazione della deposizione di Ca. e la mancata ammissione del teste Gi., in una al fraintendimento della pratica, riguardante T.V.L., per la quale fu interessato;
B.- col 2^ motivo, l’assenza di una responsabilità concorsuale dell’imputato, colpevole solo della propria presenza sul luogo dei fatti, integrante al più una mera connivenza non punibile;
C.- col 3^ motivo, la mancanza di prove dell’accettazione da parte sua della promessa di compenso, non bastando all’uopo l’accusa de relato del solo P.A., smentito dagli altri protagonisti della vicenda.
13′.- Il ricorso del R.A. è infondato. Si osserva, invero:
– quanto al rilievo sub A.a., che la confusione fatta dal Tribunale in relazione all’episodio di droga riportato a p. 34 della sentenza atteneva a un argomento ad colorandum e non è reiterata dalla Corte d’appello, la quale, per parte sua, ha spiegato (p. 183 della sentenza) le ragioni per cui l’" A." di cui alle conversazioni intercettate nella vicenda oggetto d’imputazione era il R. A.;
– quanto ai rilievi sub A.b. e A.c., che dalle congiunte motivazioni delle sentenze di merito risultano chiare le logiche ragioni del credito dato alla versione accusatoria del P.A. (di contro alle dichiarazioni scagionanti del T.M. e del T. V.L.), siccome riscontrata dalle dichiarazioni del Mo. (p. 180 sent, app., p. 25 sent. 1^. gr.), e dell’interpretazione, coerente con le dette risultanze dei molteplici esiti delle intercettazioni (v. in particolare p. 183 sent. app. e p. 18 sent. 1^. gr., nonchè, in quest’ultima sentenza, pp. 15, 20, 21);
– quanto al rilievo di cui sub A.d., che il denunciato utilizzo fatto dal Tribunale era legittimo e comunque ad colorandum e non è stato ripreso dalla Corte d’appello;
– quanto al rilievo sub A.e., che, anche qui, trattasi di argomenti ad colorandum, basati su ricostruzioni non illogiche (v., sul Ca., p. 42 della sentenza di primo grado), e sulla cui marginale portata (giustificativa della mancata audizione del Gi.) non incide certo la contusione fatta dalla Corte d’appello sul destinatario (indicato erroneamente nella moglie del T.V.L., anzichè nel T.V.L. stesso)della pratica relativa al permesso di soggiorno;
– quanto ai rilievi sub B. e C., che la ricostruzione degli elementi di colpevolezza del R.A. compiuta in sede di merito non presenta vizi apprezzabili in questa sede ed emerge con chiarezza dalle già ricordate risultanze costituite dalle dichiarazioni del P.A. e del Mo. e dagli esiti delle intercettazioni: risultanze confermative della diretta partecipazione del prevenuto all’operazione (v. in particolare pp. 20, 21 e 30 della sentenza di primo grado) e all’accordo corruttivo (v. in particolare p. 18 della sentenza di primo grado e p. 183 della sentenza d’appello);
– che il reato di cui al capo 3), come quello di cui al capo 2), avendo ad oggetto del patto, all’evidenza -, per come correttamente ricostruito – una condotta antidoverosa, integra una corruzione propria, per la quale non si ravvisano ragioni di ipotetica sopravvenuta irrilevanza penale, nè i presupposti dell’estinzione per prescrizione, il cui relativo termine massimo, di sette anni e mezzo, maggiorato di centotrenta giorni per la sospensione dovuta ai rinvii dal 18.09.2012 al 27.11.2012 (per astensione dei difensori) e dal 27.11.2012 al 25.01.2013 (per impedimento difensore), non è ad oggi decorso in relazione all’epoca del commesso reato (09.07.2005).
14.- Ro.An. deduce, in ordine al peculato delle borse di cui al capo 5), che:
a.- manca una prova adeguata della sua responsabilità;
b.- non basta all’uopo quanto intercettato nel corso di una telefonata di C.G. con la propria fidanzata, indicante una mera intenzione, senza che si possa accettare l’assunto che sarebbe toccato all’imputato dimostrare che la detta intenzione non sia stata seguita dalla materiale apprensione;
c.- inidoneo a fini di prova è anche il risultato dell’intercettazione di una successiva telefonata dell’imputato col proprio padre.
14′.- Il ricorso del Ro.An. è infondato. A carico dell’imputato, invero, sono stati, invero, decisivamente richiamati dalla Corte d’appello gli esiti, oggetto di corretta e non illogica interpretazione (contestata in ricorso con rilievi di carattere valutativo), delle conversazioni intercorse, da un lato, fra il C.G. e la sua fidanzata, nel corso della quale si ode il Ro.An. annunciare al collega, che da il suo assenso, che egli prende due borse, e, dall’altro, fra il Ro.An. e suo padre, nel corso della quale il primo ammette chiaramente la sua mancanza di aver pigliato due borse, così dimostrando che l’intenzione manifestata al C.G. si era tradotta in fatto concreto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del P.G..
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di:
– C.G., limitatamente ai reati di cui al capo 1) perchè il fatto non sussiste, ai capi 2) e 3) per non aver commesso il fatto, e al capo 3 bis) perchè il fatto non costituisce reato, ed elimina le relative pene per complessivi anni uno e mesi undici di reclusione previo riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 323 bis c.p. e art. 62 c.p., n. 4 per il reato di cui al capo 5), riduce l’aumento di pena per tale reato di mesi due e giorni sei; rigetta nel resto il ricorso;
– C.V., limitatamente ai reati di cui al capo 1) perchè il fatto non sussiste, al capo 3 bis) perchè il fatto non costituisce reato, e al capo 5) per non aver commesso il fatto, ed elimina le relative pene per complessivi anni uno e mesi sette;
previo riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 323 bis c.p. e art. 62 c.p., n. 4 per il reato di cui al capo 15), riduce l’aumento di pena per tale reato di mesi due e giorni sei; rigetta nel resto il ricorso;
– C.M.P., limitatamente al reato di cui al capo 1) perchè il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di mesi sei; rigetta nel resto il ricorso;
C.P., limitatamente ai reati di cui al capo 1) perchè il fatto non sussiste, ai capi 2), 3) e 5) per non aver commesso il fatto, e al capo 3 bis) perchè il fatto non costituisce reato, ed elimina le relative pene per complessivi anni due e mesi cinque;
rigetta nel resto il ricorso;
– F.M. limitatamente al reato di cui al capo 1) perchè il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di mesi quattro ed Euro 50,00 di multa, rigetta nel resto il ricorso;
Annulla la stessa sentenza nei confronti di M.M.A. relativamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Milano;
Rigetta i ricorsi di C.B., R.M., R. A. e Ro.An., che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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