Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 24-07-2013, n. 32069

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Svolgimento del processo

1. Il difensore di R.R., condannato in via definitiva a seguito di sentenza della Corte di appello di Roma del 27 settembre 2010, per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e altri, ha proposto istanza innanzi a questa Corte per essere restituito nei termini per la presentazione del ricorso per cassazione avverso tale pronuncia, fondata sull’assunto che il mancato rispetto del termine per proporre ricorso per cassazione fosse stato determinato dalla mancata conoscenza della pronuncia e della stessa citazione in grado di appello; è stato infatti dedotto che la notificazione del decreto di citazione era stata fatta presso il domicilio eletto a mani della madre, qualificatasi convivente, che non avrebbe riferito della citazione, mentre il R. è convivente con il padre e la madre si sarebbe allontanala dal domicilio ed anzi avrebbe ragioni di animosità nei confronti del figlio per il ruolo svolto da questi nella vicenda di separazione tra i genitori, per cui il R. sarebbe stato informato della sentenza della Corte di appello solo al momento di notifica dell’estratto contumaciale in data 14 novembre 2011.

Motivi della decisione

1. Ritiene questo Collegio che il ricorso sia infondato.

La rimessione nel termine per proporre impugnazione può essere concessa ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 1 qualora risulti una causa di forza maggiore o di caso fortuito che abbia impedito la presentazione dell’atto impugnatorio nei termini previsti dalla legge.

2. Orbene, nel caso di specie la tesi asserita dal ricorrente non è idonea a provare l’ignoranza da parte del R. del provvedimento conclusivo del giudizio di appello con impossibilità di difendersi attraverso il ricorso innanzi a questa Corte, in quanto il difensore di fiducia del medesimo, come risulta dagli atti, era presente alla discussione del giudizio di appello e pertanto era stato posto in grado di presentare ricorso per cassazione nei termini di legge.

3. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il mancato od inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione a qualsiasi causa ascrivibile non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore, in quanto consiste in una falsa rappresentazione, pur sempre vincibile mediante una normale diligenza ed attenzione (cfr. Sez. 5, n. 43277 del 6/7/2011, dep. 22/11/2011, Mangano e altro, Rv. 251695, non potendosi mai ritenere esclusa in via presuntiva la sussistenza dell’onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico a suo tempo conferito al proprio difensore di fiducia), per cui l’inesatto o superficiale adempimento da parte di un difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione non integra le condizioni previste per la restituzione del termine (così, Sez. 2, n. 18886, del 24/1/2012, deP. 17/5/2012, Dennaoui Rv.

252812).

4. Di conseguenza il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta l’istanza di restituzione nei termini e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2013

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