Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-07-2012, n. 13369

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Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione notificato nell’aprile del 1993 P. F. conveniva davanti al Tribunale di Lecce – in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore D. il Ministero della Pubblica Istruzione (ora Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti ad una caduta del minore (all’epoca dei fatti dell’età di (OMISSIS) anni), avvenuta il (OMISSIS) nei locali della scuola elementare (OMISSIS) mentre rientrava dalla palestra, caduta che gli aveva provocato la rottura dei denti incisivi superiori.
Il Ministero chiamava in causa in manleva l’XXX – Le XXX S.p.A. (ora XXX).
2. Con sentenza del marzo 2002 il Tribunale di Lecce condannava entrambi i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore dell’attore della somma di Euro 9.812,68, oltre interessi e spese legali, a titolo – a stare alla sentenza qui impugnata – di risarcimento dei danni subiti dal minore. Inoltre, la qui ricorrente veniva condannata a tenere indenne il Ministero di quanto avrebbe potuto pagare per effetto della statuizione di condanna a favore del minore.
Avverso quella sentenza proponeva appello l’XXX e nel relativo giudizio si costituivano sia il sig. P.F. sia il Ministero, chiedendo entrambi il rigetto dell’appello.
3. La Corte d’Appello di Lecce con sentenza del 13 giugno 2006 dichiarava inammissibile l’appello, in quanto proposto dalla società di XXX contro P.F. nonostante che nelle more del giudizio di primo grado il minore fosse divenuto maggiorenne ed avesse rilievo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, di cui alla sentenza n. 15783 del 2005, e perchè l’inammissibilità del detto appello, lasciando immutata la situazione dell’XXX nei confronti del minore, precludeva l’esame dell’appello relativo alla posizione del Ministero.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la XXX nei confronti del sig. P.F., nella qualità di genitore esercente la potestà su P.D., e nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, presso gli uffici dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce.
5. Al ricorso non vi è stata resistenza di alcuno.
6. Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c., veniva predisposta relazione ai sensi di tale norma e fissata l’adunanza della Corte del 2 aprile 2009 in funzione della decisione in Camera di consiglio.
7. Il Collegio, con ordinanza resa a seguito della Camera di consiglio, disattendeva la valutazione di violazione del requisito di cui all’art. 366, n. 3 e, quindi, di inammissibilità del ricorso, formulata nella relazione, mentre accoglieva la valutazione subordinata pure espressa nella relazione circa la necessità di ordinare il rinnovo della notificazione al Ministero presso l’Avvocatura generale dello Stato, essendo avvenuta la notifica all’Avvocatura Distrettuale e, quindi, in modo nullo, nonchè circa la necessità di ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti di P.D.. Con detta ordinanza venivano, dunque, ordinati alla ricorrente entrambi gli incombenti e la trattazione del ricorso rinviata a nuovo ruolo.
9. La ricorrente ottemperava all’ordinanza e provvedeva sia all’integrazione del contradditorio sia al rinnovo della notificazione.
All’esito il Ministero resisteva con controricorso, mentre non svolgeva attività difensiva P.D..
10. La trattazione del ricorso veniva, quindi, fissata all’odierna udienza pubblica davanti alla Sezione.
In vista dell’udienza parte ricorrente ha deposito memoria.
Motivi della decisione
1. Con il suo ricorso, che si compone di due motivi, l’XXX censura la sentenza impugnata, assumendo che la Corte d’Appello, una volta svolto il rilievo riguardo all’essere stata la notificazione dell’appello effettuata al minore divenuto maggiorenne in persona del suo genitore, non avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello, bensì disporre la integrazione del contraddittorio, qualora avesse ravvisato la fattispecie di cui all’art. 331 c.p.c., ritenendo le due cause (quella proposta dal sig. P.F. in proprio e quella da lui proposta nella qualità di genitore esercente la potestà sul figlio D.) inscindibili o dipendenti. In seconda battuta si prospetta che ove la Corte salentina avesse ravvisato l’esistenza di una situazione di scindibilità della cause, avrebbe dovuto applicare l’art. 332 c.p.c..
In relazione alla prima prospettazione viene articolato il primo motivo di ricorso, deducente "Violazione e falsa applicazione dell’art. 331 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1".
In relazione alla seconda prospettazione si enuncia il secondo motivo, che lamenta "Violazione e falsa applicazione dell’art. 332 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1".
2. Il primo motivo è fondato.
La situazione determinatasi per effetto dell’appello della società assicuratrice era riconducibile all’art. 331 c.p.c..
L’impugnazione proposta dalla società assicuratrice, dato l’esito del giudizio di primo grado – il quale, per un verso aveva riconosciuto esistente il rapporto di garanzia fra l’Assicurazione e il Ministero, così condannando la prima a tenere indenne il secondo dalle conseguenze della soccombenza verso P.D., e, per altro verso aveva accolto la domanda attrice (quanto al danno lamentato dal minore) non solo nei confronti del Ministero, ma anche dell’Assicurazione, con condanna solidale – aveva attinto, per quello che si legge anche nella sentenza impugnata, sia il riconoscimento dell’esistenza del rapporto di garanzia, sia il riconoscimento della fondatezza dell’azione attorea in parte qua.
Ora, la discussione sulla sola causa di garanzia per l’inesistenza della copertura della polizza assicurativa si sarebbe potuta svolgere nei confronti del solo Ministero, in quanto l’eventuale disconoscimento della stessa avrebbe determinato un esito non incompatibile con quello del riconoscimento di fondatezza della domanda quanto al danno di P.D. a carico del Ministero.
In sostanza permanenza della condanna del Ministero ed esclusione, all’esito di una decisione favorevole dell’appello, dell’operatività della garanzia di cui alla polizza nel rapporto fra il Ministero e l’assicurazione, sarebbero state logicamente compatibili, sì che la situazione del litisconsorzio in fase di gravame sarebbe stata riconducibile all’art. 332 c.p.c., con la conseguenza che un ordine di notificazione dell’appello al minore divenuto maggiorenne si sarebbe dovuto emettere solo fino a che l’impugnazione del Ministero nei suoi riguardi non fosse stata preclusa od esclusa. Preclusione che stante la costituzione del Ministero si sarebbe verificata certamente, per non avere esso svolto nè appello principale nè appello incidentale.
Senonchè, l’impugnazione dell’Assicurazione, come emerge dalla citazione in appello, che si rinviene nel suo fascicolo (pagina cinque della stessa), attinse, sia pure con motivo subordinato di appello rispetto a quello in via principale circa l’insussistenza della garanzia, anche la propria diretta condanna nei confronti del P.D. e, poichè presupposto di essa, pur in presenza di condanna solidale con il Ministero, era l’esistenza del rapporto di garanzia che era stato deciso dalla sentenza di primo grado nel senso della sussistenza ed era anch’esso impugnato (appunto in via principale), la situazione del litisconsorzio in fase di gravame era riconducibile all’art. 331 c.p.c., perchè l’impugnazione proponeva una discussione sia sulla causa di garanzia, sia sulla condanna a favore del danneggiato dalla decisione su di essa dipendente ed anzi sulla condanna diretta verso l’appellante.
Il cumulo di cause determinato dall’impugnazione era, pertanto, un cumulo riconducibile al nesso di dipendenza fra cause, perchè la condanna dell’Assicurazione a favore del danneggiato era avvenuta nel presupposto – non è dato sapere per quali ragioni – dell’esistenza del rapporto di garanzia.
Tanto determinava che, di fronte alla constatazione della notificazione dell’impugnazione al minore divenuto maggiorenne in persona del suo genitore, la situazione era di difetto di integrità del contraddittorio su un giudizio relativo a cause fra loro dipendenti per mancata evocazione di un litisconsorte processuale necessario, dovendosi la sua evocazione in giudizio in persona di un soggetto, il padre, che più non lo rappresentativa, parificarsi alla mancata evocazione.
L’errore commesso dalla società assicuratrice non poteva ricevere diverso trattamento da quello che essa avrebbe potuto commettere se avesse notificato l’impugnazione al solo Ministero, pretendendo di discutere non solo del riconoscimento della garanzia, ma anche della condanna subita a favore del P.D.. Poichè, rispetto alla discussione di tale condanna, necessariamente doveva essere assicurata la partecipazione al giudizio del Ministero, la proposizione dell’impugnazione nei suoi confronti sarebbe stata più che sufficiente a giustificare l’applicazione dell’art. 331 c.p.c., che viene in rilievo appunto quando in situazione di inscindibilità o dipendenza di causa, non v’è stata l’impugnazione verso alcuna delle parti.
Erroneamente, dunque, la Corte d’Appello ha omesso di dare l’ordine di integrazione del contraddittorio nei riguardi di D. P..
2. La sentenza impugnata è cassata in accoglimento del primo motivo.
Il secondo motivo – che sarebbe stato privo di fondamento – è assorbito.
Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Lecce, comunque in diversa composizione, provvederà a decidere l’appello, una volta riassunto il giudizio nei confronti delle parti che hanno partecipato a questo giudizio di cassazione, ivi compreso P.D., il quale avrà diritto di costituirsi nel giudizio di appello svolgendo le difese che non venne messo in grado di svolgere.
3. Il giudice di rinvio deciderà sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 11 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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