Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-07-2012, n. 13368

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Svolgimento del processo
Con sentenza dell’8/1/2007 la Corte d’Appello di Roma respingeva il gravame interposto dal sig. T.S. nei confronti della pronunzia Trib. Roma 13/1/2003 di rigetto della domanda proposta contro il Comune di Roma di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di caduta avvenuta il 24/5/1998 mentre a piedi percorreva il locale (OMISSIS), asseritamente a causa di una buca – non segnalata e non ben visibile – presente sul marciapiede.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il T. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con separati controricorsi il Comune di Roma (ora Roma Capitale), che ha presentato anche memoria, e l’appaltatrice società XXX s.r.l. (già XXX di XXX s.a.s., già XXX s.n.c.).
Motivi della decisione
Va preliminarmente posto in rilievo che il Collegio ha richiesto una motivazione semplificata.
Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 2043, 2051, 2697 e 2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè "omesso esame e omessa o carente ed illogica" motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.p., comma 1, n. 5.
Con il 2 motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 2043, 2051, 2697 e 2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 3 motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 2043, 2051 e 2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
nonchè "omesso esame e omessa o carente ed illogica" motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorso è inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
I motivi recano infatti quesiti di diritto formulati in termini invero difformi dallo schema al riguardo delineato da questa Corte, non recando la riassuntiva ma puntuale indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, a tale stregua appalesandosi astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433;
Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658;
Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr.
Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
Tanto più che nel caso i motivi risultano formulati in violazione del requisito richiesto ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito senza invero debitamente ed esaustivamente – per quanto in questa sede d’interesse – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riportati, senza puntualmente ed esaustivamente indicare i dati necessari al reperimento in atti degli stessi (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628;
Cass., 12/12/2008, n. 29279).
A tale stregua il ricorrente non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., l/2/1995, n. 1161).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo viceversa essere questa Corte di legittimità posta dalla ricorrente in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
Senza sottacersi, con particolare riferimento al 1 e al 3 motivo, che il ricorrente non muove invero censura di error in procedendo, laddove si è da questa Corte più volte affermato che la differenza fra l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 e l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. si coglie nel concernere l’omessa motivazione l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione, e, quindi su uno dei fatti cd. principali della controversia, mentre l’omesso esame ex art. 112 c.p.c. direttamente una domanda o un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel. caso del motivo d’appello uno dei fatti costitutivi della "domanda" di appello) (v. Cass., 30/5/2008, n. 14468; Cass., 14/3/2006, n. 5444).
Il vizio di motivazione su un punto decisivo, denunziabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, postula invece che il giudice di merito abbia formulato un apprezzamento, nel senso che, dopo aver percepito un fatto di causa negli esatti termini materiali in cui è stato prospettato dalla parte, abbia omesso di valutarlo in modo che l’omissione venga a risolversi in un implicito apprezzamento negativo sulla rilevanza del fatto stesso, ovvero lo abbia valutato in modo insufficiente o illogico, laddove nel caso il ricorrente si duole che la corte di merito abbia" (pur del tutto tacendo sul punto) ritenuto inapplicabile l’art. 2051" invero asseritamente "invocato sin dall’atto introduttivo in prime cure così come nell’atto di gravame".
D’altro canto, anche in caso di denunzia di violazione ex art. 112 c.p.c. il requisito richiesto ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, va invero osservato, dovendo specificamente indicarsi l’atto difensivo o il verbale di udienza nei quali le domande o le eccezioni sono state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività (v. Cass., 31/1/2006, n. 2138; Cass., 27/1/2006, n. 1732; Cass., 4/4/2005, n. 6972; Cass., 23/1/2004, n. 1170; Cass., 16/4/2003, n. 6055).
E’ infatti al riguardo noto che, pur divenendo nell’ipotesi in cui vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo la Corte di legittimità giudice anche del fatto (processuale), con conseguente potere-dovere di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali, preliminare ad ogni altra questione si prospetta comunque quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicchè esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione la Corte di Cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (v. Cass., 23/1/2006, n. 1221).
Orbene, nel non osservare i suindicati principi il ricorrente non pone questa Corte nella condizione di compiutamente apprezzare quale fosse l’oggetto della domanda originariamente rivolta al giudice di prime cure, quale sia stata la relativa pronunzia, e quali fossero i limiti (oggettivi e soggettivi) del gravame avverso la medesima interposto. Sicchè la violazione dell’art. 112 c.p.c. non risulta invero nemmeno sostanzialmente argomentata in termini idonei sotto il profilo dell’error in procedendo.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore del controricorrente Comune di Roma (ora Roma Capitale); e in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente società XXX s.r.l. (già XXX di XXX s.a.s., già XXX s.n.c.).
Così deciso in Roma, il 2 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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