Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 24-07-2013, n. 32046

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Ritenuto che con sentenza del 3 aprile 2012, il Tribunale di Savona ha condannato T.R. alla pena di Euro 20.000 di ammenda e lo ha dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 6, in relazione alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. d) perchè nella qualità di amministratore unico della XXX srl deteneva per la vendita 72 Kg. di acciughe fresche sfuse infestate da larve della famiglia XXX, accertato in (OMISSIS);
che avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi: 1) Violazione di legge in ordine alla mancata colpa del ricorrente rispetto al reato e manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione, atteso che il titolo di responsabilità è stato individuato nella violazione dei doveri di vigilanza sui dipendenti, ma in verità è lo stesso giudice che ha indicato che il controllo visivo si sarebbe dovuto effettuare a (OMISSIS), e al punto vendita di tale città era stato preposto un responsabile, soggetto munito di procura institoria, con proprie competenze e con ampia autonomia decisionale e finanziaria;
2) Omessa motivazione e/o omessa valutazione di una prova decisiva, costituita da procura institoria allegata al verbale di udienza del 3 aprile 2012, dalla quale si evince che esisteva delega di funzioni, in quanto con atto notarile dell’1 febbraio 2010, il responsabile del punto vendita di (OMISSIS) era stato nominato procuratore ex art. 2203 cod. civ., per compiere qualsiasi attività di ordinaria amministrazione relativa alla gestione del suddetto punto vendita essendo tale procura di portata ampia tanto da includere tale delega di funzioni; 3) Omessa motivazione in ordine all’applicazione della pena pecuniaria vicino al massimo edittale in violazione dei parametri dell’art. 133 c.p.;
Considerato che i motivi di ricorso non sono fondati;
che in relazione ai primi due motivi il Tribunale ha correttamente ritenuto che la procura institoria conferita con atto negoziale prodotto in udienza dell’imputato non avesse valenza di delega di funzioni; infatti secondo la giurisprudenza di legittimità, gli obblighi gravanti sul legale rappresentante di una società o sull’imprenditore individuale possono essere delegati, con conseguente sostituzione e subentro del delegato nella posizione di garanzia, mediante una atto di delega che sia espresso e soprattutto "in equivoco", dovendo essere affidati incarichi specifici ad una persona non solo tecnicamente capace, ossia dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento necessari per lo svolgimento delle funzioni delegate, ma anche consapevole di tali doveri, nel senso che deve risultare l’accettazione dello specifico incarico; peraltro resta pur sempre fermo, per quanto attiene le possibilità responsabilità penali, che il delegante debba vigilare e controllare che il delegato usi la delega rispettando le leggi (cfr. Sez. 3 n. 12279 del 25/9/2000, dep. 29/11/2000,
, Rv. 217992 e Sez. 3, n. 422 del 3/12/1999, dep. 17/1/2000, , Rv. 215159); che la procura institoria di cui trattasi non presenta tali caratteristiche, avendo esclusiva valenza di tipo economico-finanziario, funzionale alla gestione della vendita del pesce presso il mercato all’ingrosso, senza alcuna menzione di altro tipo di funzioni delegate con la stessa;
che il giudice di merito ha evidenziato, con motivazione congrua e priva di smagliature logiche, le deficienze dell’organizzazione dell’impresa amministrata dal T. e la mancata vigilanza sull’operato del responsabile del punto vendita di (OMISSIS), ritenendo fondatamente sussistente la responsabilità in capo all’amministratore della società XXX a tale titolo di colpa, per la detenzione di acciughe in cattivo stato di conservazione al mercato ittico di (OMISSIS) e che ha ampiamente motivato (pag. 8 della sentenza) in ordine all’applicazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p., quanto alla dosimetria sanzionatoria, atteso anche il quantitativo di prodotto avariato ed infestato da larve esposto in vendita (oltre 70 Kg.);
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2013

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