Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., 30-07-2012, n. 13606

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che è stata depositata relazione in cancelleria ex art. 380 bis c.p.c., regolarmente comunicata al P.G. e notificata alle parti, avente il seguente contenuto:

"La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 3902/09 del 10 novembre 2009, accoglieva l’appello proposto dall’INPS nei confronti di C.S. e per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale di Bari del 19 giugno 2007, rigettava la domanda attorca compensando le spese di giudizio.

La S. aveva adito il Tribunale chiedendo la riliquidazione della pensione in godimento, con il criterio del salario medio degli operai agricoli a tempo determinato pubblicato con decreto ministeriale dell’annoi immediatamente successivo a quello di lavoro e/o disoccupazione.

La Corte d’Appello richiama i principi affermati da questa Corte con la sentenza n. 2531 del 2009.

Per la cassazione della suddetta sentenza ricorre la S. prospettando un articolato motivo di ricorso, con cui ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 488 del 1968, artt. 5 e 28, del L. n. 457 del 1972, art. 3, della L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21; della L. n. 153 del 1962, art. 14, della L. n. 160 del 1975, art. 26, comma 3, della L. n. 297 del 1982, art. 3, comma 8, degli artt. 3 e 38 Cost., tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La ricorrente censura l’iter argomentativo della suddetta sentenza di legittimità posta dalla Corte d’Appello di Bari a fondamento della propria decisione, facendo riferimento a sopravvenienza normativa e a un vaglio delle S.U..

Resiste l’INPS con controricorso.

Il ricorso è manifestamente infondato.

L’orientamento giurisprudenziale di cui alla sentenza n. 2531 del 2009 è condivisibile e deve essere ribadito, nè il percorso argomentativo della suddetta pronuncia appare inficiato dalla L. n. 191 del 2009, art. 2, comma 5, richiamato dal ricorrente o, quale diritto vivente, si presta a dubbi di costituzionalità.

Occorre ricordare che, nelle more, è intervenuta la sentenza n. 257 del 2011 della Corte costituzionale, con cui il Giudice delle Leggi ha dichiarato in parte inammissibili e in parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale della L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 5, Legge finanziaria 2010, relativo alla determinazione della pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato.

La norma impugnata, interpretativa, stabiliva che "la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 3, si interpreta nel senso che il termine ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini della determinazione della retribuzione media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche e per il calcolo della contribuzione degli operai agricoli a tempo determinato è il medesimo di quello previsto dalla L. n. 457 del 1972, art. 3, comma 2 per gli operai a tempo indeterminato".

In particolare, la Corte ha affermato che con riguardo all’art. 6 della CEDU, si deve osservare che la Corte di Strasburgo, pur censurando in numerose occasioni indebite ingerenze del potere legislativo degli Stati sull’amministrazione della giustizia, non ha inteso enunciare un divieto assoluto d’ingerenza del legislatore, dal momento che in varie occasioni ha ritenuto non contrari al menzionato art. 6 particolari interventi retroattivi dei legislatori nazionali.

Nel caso in esame, la norma censurata non è illegittima. In particolare, si deve qui ribadire che essa: a) ha affermato un principio già presente nell’ordinamento per gli operai agricoli a tempo determinato, sia pure limitatamente alla liquidazione delle prestazioni temporanee (L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 21); b) ha enucleato una delle possibili opzioni ermeneutiche dell’originario testo normativo; c) ha superato una situazione di oggettiva incertezza di tale testo, evidenziata dai diversi indirizzi interpretativi (di cui sopra si è dato conto); d) non ha inciso su situazioni giuridiche definitivamente acquisite, non ravvisabili in mancanza di una consolidata giurisprudenza dei giudici nazionali.

Non è sostenibile, dunque, che la disposizione de qua abbia inteso realizzare una illecita ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia, allo scopo d’influenzare la risoluzione di controversie. Essa, in realtà, ha fatto propria una soluzione già individuata dalla più recente giurisprudenza di legittimità, nell’esercizio di un potere discrezionale in via di principio spettante al legislatore e nel quale non è dato ravvisare profili di irragionevolezza. La finalità di superare un conclamato contrasto di giurisprudenza, essendo diretta a perseguire un obiettivo d’indubbio interesse generale qual è la certezza del diritto, è configurabile come ragione idonea a giustificare l’intervento interpretativo del legislatore.

La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione del seguente principio di diritto, che si intende ribadire: in tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata applicando il D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 28 e, dunque, in forza della determinazione operata anno per anno da d.m. sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione provinciale nell’anno precedente, ciò trovando conferma – oltre che nella impossibilità di rinvenire un diverso e più funzionale sistema di calcolo, che non pregiudichi l’equilibrio stesso della gestione previdenziale di settore – anche nella disposizione di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 45, comma 21, che, nell’interpretare autenticamente la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, concernente le prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli, ha inteso estendere ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’applicazione della media della retribuzione prevista dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente prevista per i salariati fissi, così da ricondurre l’intero sistema ad uniformità, facendo operare, ai fini del calcolo di tutte le prestazioni, le retribuzioni dell’anno precedente".

L’INPS ha depositato memoria con la quale aderisce alle conclusioni del consigliere relatore.

Considerato che il Collegio condivide e fa proprie le considerazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione che precede, il ricorso deve essere rigettato. Le spese di giudizio sono compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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