Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 30-07-2012, n. 13572

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che, con ricorso alla Corte d’appello di Venezia, S. M. e le altre dieci persone indicate in epigrafe proponevano domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 per violazione dell’arto della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata di un giudizio in materia pensionistica instaurato dinanzi alla Corte dei Conti nell’aprile 1997 e definito nel novembre 2007;

che con il decreto indicato in epigrafe la Corte d’appello, ritenuta la durata ragionevole di tre anni, ha liquidato in favore di ciascuno dei ricorrenti il danno non patrimoniale per la residua durata irragionevole di sette anni e sette mesi in Euro 3.800,00 (pari a Euro 500,00 circa per anno) oltre interessi legali e un terzo delle spese, trattandosi di ricorso proposto unitamente a numerose altre persone, con presumibile notevole affievolimento della partecipazione emotiva dei ricorrenti; che avverso tale decreto i predetti ricorrono per cassazione formulando tre motivi, illustrati anche da memoria;

che il Ministero dell’Economia e Finanze resiste con controricorso;

considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

rilevato che i ricorrenti denunciano, con il primo motivo, il vizio di motivazione in ordine agli elementi sui quali è fondata la liquidazione dell’indennizzo, in subordine con il secondo motivo la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 89 del 2001, art. 2, 6.1 C.E.D.U.) per essersi la Corte di merito, nel liquidare l’indennizzo, discostata irragionevolmente dai parametri applicati comunemente dalla Corte Europea e da questa Corte; con il terzo motivo censurano, sotto il profilo del vizio di motivazione, la statuizione sulle spese; ritenuto che i primi due motivi di ricorso – da esaminare congiuntamente, attesa la stretta connessione – sono fondati, atteso che la determinazione, operata dalla Corte di merito, di una somma pari a circa 500 Euro per ogni anno di ritardo, peraltro motivata dalla inapprezzabile presunzione di una sofferenza fortemente affievolita dalla partecipazione al giudizio insieme con un gran numero di altri ricorrenti o dalla infondatezza del ricorso presupposto, non rispetti l’obiettivo di assicurare un serio ristoro, al quale la Corte Europea ha fatto costante riferimento;

che invero la Corte E.D.U. (le cui pronunce costituiscono come noto un fondamentale punto di riferimento per il giudice nazionale nella interpretazione delle disposizioni della C.E.D.U.), in numerosi giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative nei quali gli interessati – come nella specie – non risultavano aver sollecitato la trattazione e/o definizione del processo mostrando di avervi scarso interesse, ha liquidato un indennizzo forfetario per l’intera durata del giudizio che, suddiviso per il numero di anni, ha oscillato tra gli importi di Euro 350,00 e quello di Euro 550,00 per anno (cfr. procedimenti 675/03; 688/03 e 691/03; 11965/03), pur se in qualche caso non è mancata una liquidazione superiore;

che alla luce di tali orientamenti della Corte di Strasburgo, dettati in casi analoghi, ritiene il collegio che l’importo complessivo dell’indennizzo debba essere fissato, in relazione ad un giudizio durato dieci anni e sei mesi, in modo da non scendere al di sotto della soglia di Euro 6.250 per ciascuna parte;

che pertanto si impone la cassazione del decreto impugnato, restando assorbito in tale pronuncia il terzo motivo di ricorso – che, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito alla stregua dei criteri indicati, liquidando in favore di ciascun ricorrente un’equa riparazione pari a Euro 6.250,00 alla quale devono aggiungersi gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda di indennizzo;

che, quanto alle spese del giudizio di merito, la compensazione in misura pari alla metà – quota che si liquida come in dispositivo – si giustifica tenendo presente il sensibile ridimensionamento della pretesa; le spese di questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto, per entrambe le liquidazioni, dell’aumento per difesa plurima (D.M. n. 127 del 2004, art. 4).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e Finanze al pagamento in favore di ciascun ricorrente della somma di Euro 6.250,00 oltre interessi legali su detta somma dalla domanda;

condanna inoltre il Ministero al rimborso in favore dei ricorrenti della metà delle spese del giudizio di merito, compensata tra le parti la residua quota, spese liquidate per l’intero in complessivi Euro 8.075,00 – di cui Euro 1425,00 per onorari e Euro 6.600,00 per diritti -, e delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro 2565,00 – di cui Euro 2465,00 per onorari -, oltre per entrambi i gradi – spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore degli avv.ti Salvatore e Umberto Coronas che se ne sono dichiarati antistatari.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2012
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