T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 20-01-2011, n. 127

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La ricorrente è titolare di un esercizio pubblico (bar) nel centro di D..
In data 2/3/2007 l’amministrazione comunale rinnovava la concessione per l’occupazione permanente di suolo pubblico in XXX per 56 mq. (cd. plateatico), da utilizzare in parte con struttura coperta in ferro già assentita con il titolo abilitativo in data 13/7/2001.
Riferisce la ricorrente che:
– la struttura in ferro – sottile e di minimo impatto – risulta più stabile e resistente rispetto ai classici ombrelloni in stoffa, ed è dunque più sicura in presenza di venti che colpiscono proprio quell’area prospiciente al lungolago;
– sia l’area che la struttura erano state sottoposte al vaglio del Comune, il quale aveva imposto – a fianco del plateatico – il rispetto di una zona di passaggio pedonale di almeno sei metri, il rilascio di una perizia statica ed una valutazione di impatto sull’ambiente e sul traffico, che sono state regolarmente prodotte (cfr. doc. 5, 6 e 7);
– il manufatto, come voluto ed autorizzato dal Comune, ha richiesto un notevole investimento (doc. 8), giustificato dal fatto che il plateatico è l’unico luogo dove avviene la somministrazione e tenuto conto della stagionalità dell’attività in una zona d’impatto esclusivamente turistico.
In data 30/11/2009 la ricorrente presentava istanza per ottenere il rinnovo del titolo abilitativo per l’uso dell’area pubblica, la quale veniva tuttavia riscontrata negativamente in quanto "… la metratura e la tipologia di dehors richieste (mq. 56 e copertura mediante tenda con sostegni laterali) non sono conformi alle prescrizioni grafiche e normative dell’elaborato B – Ambiti di Intervento del Piano di Destinazione, Uso ed Arredo delle Superfici Pubbliche e d’uso Pubblico nelle Aree a Priorità Pedonale del Centro Storico di D. e relativa Disciplina Tecnica dei Plateatici definitivamente approvato". L’atto contenente il preavviso di rigetto suggeriva la presentazione di una nuova istanza, conforme alle prescrizioni grafiche della normativa regolamentare richiamata.
Riferisce parte ricorrente che le osservazioni al piano depositate da alcuni esercenti non furono discusse in Consiglio comunale.
Espone poi in punto di fatto che il raffronto tra la planimetria della concessione scaduta e quella di cui all’allegato B del nuovo Piano comunale (doc. 11) illustra come la profondità del fronte del plateatico viene ridotta di 1,45 metri (passando da 3,45 a 2), con l’impossibilità di utilizzare le coperture esistenti e la perdita di oltre la metà dei posti a sedere. La Signora B. subisce un ridimensionamento della redditività del locale e dei posti di lavoro, tenuto conto degli immutati costi fissi che non consentirebbero la prosecuzione in utile dell’esercizio.
Con la precedente concessione lo spazio di 56,33 mq. poteva essere arredato con ventidue tavoli, siede, ombrelloni ed una tenda con sostegni laterali; con l’approvazione del Piano di destinazione l’area è stata ridotta a 42,41 mq di tipo 5: non vi è solo una riduzione di 13,92 mq ma la modifica della forma, che incide sulla distribuzione degli arredi, in quanto lo spazio venutosi a creare (2 metri rispetto ai precedenti 3,45) rende impossibile posizionare due file di tavolini, ma soltanto una. Ciò posto lamenta parte ricorrente che:
– la conversione in area tipo 5 comporta che deve essere arredata con ombrelloni con ancoraggio a terra mediante corde, mentre la struttura autorizzata fino ad oggi – che dovrà essere asportata e smaltita – era meno invasiva e molto più sicura (foto doc. 10);
– il bar interno non permette un adeguato svolgimento del servizio pubblico in quanto stretto e lungo ed idoneo ad ospitare soltanto 5 tavolini (i turisti stagionali optano per altri posti all’aperto);
– la resa di ogni tavolo è pari a 5.739,89 Euro e dunque i mancati incassi annuali sarebbero di Euro 57.398,90 (riduzione dei ricavi del 39% senza una riduzione proporzionale dei costi).
Assumendo che il parere sottenda in realtà un atto a contenuto sfavorevole di amministrazione attiva, con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la ricorrente impugna i provvedimenti epigrafe, deducendo i seguenti motivi di gravame:
a) Violazione dell’art. 3 della L. 241/90 per insufficienza di motivazione, in quanto l’atto impugnato non fornisce alcuna giustificazione del rigetto dell’istanza e del mancato accoglimento delle osservazioni presentate in sede di pianificazione;
b) Eccesso di potere per travisamento dei presupposti, violazione ed erronea interpretazione degli artt. 1 e 5 del Piano dei plateatici: l’esigenza di riduzione e modifica della copertura non è desumibile dalla disciplina recentemente approvata dato che le strutture sono pienamente compatibili con le prescrizioni generali del Piano;
c) Eccesso di potere per contraddittorietà fra atti della stessa amministrazione, poiché il Comune pochi anni prima aveva autorizzato l’utilizzo delle attuali coperture per il plateatico, imponendo particolari vincoli;
d) Eccesso di potere per travisamento e motivazione contraddittoria, in quanto la fascia di sicurezza di 5 metri richiesta dal nuovo Piano viene rispettata dall’attuale conformazione del plateatico;
e) Erronea interpretazione del Piano, dato che la discrezionalità amministrativa è stata esercitata in modo discriminatorio realizzando un’arbitraria limitazione delle posizioni soggettive del cittadino;
f) Eccesso di potere per ingiustizia manifesta e disparità di trattamento, poiché da un lato la struttura è stata edificata sul presupposto del forte vento che rende insicuro l’utilizzo degli ombrelloni, e inoltre vi sono siti di pregio che ospitano tavolini ed ombrelloni e presso i quali si applica arbitrariamente il concetto delle fasce di percorrenza di 5 metri;
g) Violazione delle regole del corretto procedimento, in quanto l’approvazione della deliberazione consiliare non ha tenuto conto delle osservazioni prodotte dai privati esercenti, che non sono state ammesse a discussione.
Si è costituito in giudizio il Comune di D., chiedendo la reiezione del gravame ed obiettando che il regolamento contestato ha inteso razionalizzare la gestione del plateatico cittadino per creare un assetto omogeneo ed ordinato degli arredi da collocare sul territorio comunale: ciò ha implicato una complessiva rideterminazione anche dell’estensione delle aree concedibili, spesso con una riduzione del periodo di concessione.
Con ordinanza n. 318, adottata nella Camera di Consiglio del 28/5/2010, la Sezione ha motivatamente respinto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, mentre il Consiglio di Stato, con atto n. 4094 emesso dalla sez. V il 31/8/2010, ha accolto l’appello, riformando in provvedimento cautelare di primo grado per la sussistenza del periculum in mora.
Con motivi aggiunti depositati il 2/7/2010 la ricorrente impugna l’atto definitivo di diniego del 3/6/2010, deducendo le stesse censure sollevate contro il preavviso di rigetto.
Alla pubblica udienza del 2/12/2010 il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti venivano chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.
Motivi della decisione
Il gravame introduttivo ed i motivi aggiunti sono infondati e devono essere respinti, per i motivi di seguito esplicitati.
1. Premette il Collegio – in linea generale e sulla scorta di giurisprudenza assolutamente consolidata (cfr. da ultimo: T.A.R. Lazio, sez. II – 3/11/2009 n. 10782; 1/4/2009 n. 3479) – che:
o l’occupazione di una porzione di suolo pubblico si configura come una vera e propria concessione d’uso, ossia alla stregua di un provvedimento – espressione di un potere pubblicistico ampiamente discrezionale – con il quale l’amministrazione locale sottrae il predetto bene alla fruizione comune e lo mette a disposizione di soggetti particolari (c.d. uso particolare);
o il titolo abilitativo, pertanto, può essere rilasciato solo previo accertamento che lo stesso permetta comunque di realizzare una funzione primaria o comprimaria del bene pubblico, e non per il conseguimento di interessi meramente privati;
o le menzionate concessioni sono tutte accordate con la facoltà dell’amministrazione d’imporre nuove condizioni, nonché di procedere alla loro sospensione, revoca o modifica.
2. La giurisprudenza amministrativa ha correttamente evidenziato che la determinazione di non rinnovare, alla sua scadenza, la concessione per l’occupazione di suolo pubblico – provvedimento, quest’ultimo, espressione di ampia discrezionalità – e di esigere il ripristino dei luoghi può sorreggersi su ragioni di pubblico interesse, ed in questo modo è stata ritenuta legittima la scelta dell’amministrazione di privilegiare, in sede di comparazione dei diversi interessi, quello alla realizzazione di un parcheggio rispetto al mantenimento di una rivendita di giornali (T.A.R. Puglia Lecce, sez. III – 14/1/2010 n. 150).
3. Nel caso di specie, va in linea generale osservato che il provvedimento impugnato non incide, con effetti restrittivi per il privato, su un rapporto concessorio in corso di esecuzione, ma reca il diniego (in effetti parziale) del rinnovo della concessione alla prevista scadenza, ed è stato in proposito osservato che la previsione in una concessione della possibilità per l’Ente pubblico di prolungare a cadenze determinate il rapporto integra una vera e propria potestà di riesame della situazione al momento del rinnovo (Consiglio di Stato, sez. V – 17/2/2010 n. 921).
4. Sulla base delle considerazioni appena sviluppate, devono essere respinti i motivi di cui alle lett. a), c), e), f) dell’esposizione in fatto.
4.1 L’atto impugnato racchiude le ragioni a sostegno della reiezione, consistenti nella non conformità della pretesa della ricorrente al nuovo assetto pianificatorio che ha puntualmente regolato le tipologie dei dehors ammissibili in ciascuna zona del centro e disciplinato le distanze necessarie a soddisfare interessi di natura generale.
4.2 Il fatto che la copertura oggi inibita fosse stata in precedenza autorizzata non introduce un elemento ostativo alla rimeditazione della decisione precedente; il "revirement" è il frutto di una nuova programmazione finalizzata alla tutela di specifici interessi pubblici, quali il decoro cittadino e l’ordinato afflusso turistico nell’area limitrofa al Lago.
4.3 L’ampio margine di apprezzamento riservato all’amministrazione in materia impedisce di configurare una discriminazione nei confronti del cittadino, poiché l’asserita incisione delle posizioni soggettive è in realtà il venir meno (soltanto parziale) della disponibilità di un bene dell’amministrazione, goduto dal privato grazie ad un provvedimento concessorio di durata temporanea soggetto a periodici rinnovi. Tale essendo la natura del potere attribuito all’amministrazione, è da escludere che la posizione dei privati – aspiranti alla concessione – possa essere ricostruita in termini di "spettanza" della stessa: quindi eventuali e più favorevoli titoli abilitanti l’occupazione del suolo pubblico in precedenza rilasciati dall’amministrazione non possono essere invocati a parametro di illegittimità/contraddittorietà di sopraggiunte determinazioni più restrittive in materia (sul punto, si veda la citata sentenza TAR Lazio n. 3479/2009).
4.4 In questo contesto non si comprende neppure la censura di disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta, di fronte a scelte pianificatorie ampiamente discrezionali e a deduzioni che non danno conto di particolari situazioni di iniquità. Peraltro il Comune, nelle sue difese, deduce che la riduzione degli spazi di occupazione è stata mitigata da una serie di agevolazioni tariffarie, e la circostanza non è smentita da controparte.
5. Sono prive di pregio le ulteriori censure di eccesso di potere per travisamento dei presupposti, violazione ed erronea interpretazione degli artt. 1 e 5 del Piano dei plateatici, motivazione contraddittoria. Se è vero che il dehor che la ricorrente intende mantenere soddisfa determinate prescrizioni introdotte in via generale dal Piano, non rispetta tuttavia quelle che investono la metratura del plateatico e la tipologia del manufatto. Non può fare a meno di osservarsi, tuttavia, che nello specifico la superficie complessiva viene ridotta da 56 mq. a 42,8 mq, con il venir meno di soli 13,82 mq.,
6. Non appaiono da ultimo violate delle regole del corretto procedimento, in quanto l’approvazione della deliberazione consiliare ha fatto seguito alla presentazione di proposte che hanno assunto la funzione di apporti collaborativi, rispetto ai quali non era prevista, né dovuta, una specifica votazione.
7. Il gravame introduttivo ed i motivi aggiunti sono infondati e vanno respinti.
In considerazione della peculiarità della fattispecie e dell’interesse azionato dalla ricorrente, che esercita un’attività economica destinata comunque a subire una compressione, le spese di lite possono integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, respinge il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Tenca, Presidente, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *