Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 30-07-2012, n. 13568

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

rilevato che, con due distinti ricorsi alla Corte d’appello di Venezia, depositali entrambi il 2 aprile 2008, D.P.G. e le altre cinque persone indicate in epigrafe, nonchè L.B. e le altre quattro persone indicate in epigrafe, proponevano domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio da essi (unitamente ad altri) instaurato dinanzi al T.A.R. Lazio nell’agosto 1996 e definito nel febbraio 2007;

che con i due decreti indicati in epigrafe la Corte d’appello, ritenuta la durata ragionevole di tre anni, ha liquidato in favore di ciascuno dei ricorrenti il danno non patrimoniale per la residua durata irragionevole di circa sette anni e mezzo in Euro 1.900 (pari a Euro 250,00 circa per anno) oltre interessi legali e metà delle spese, trattandosi di ricorso proposto unitamente a numerose altre persone (con notevole affievolimento della partecipazione emotiva dei ricorrenti) e basato su tesi giuridiche del tutto innovative;

che avverso tale decreto i predetti hanno proposto due distinti ricorsi per cassazione di identico contenuto, la cui attinenza al medesimo procedimento presupposto ne giustifica la riunione;

che il Ministero dell’Economia e Finanze non ha svolto difese;

considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

rilevato che i ricorrenti denunciano, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6.1 C.E.D.U.) per essersi la Corte di merito, nel liquidare l’indennizzo, discostata irragionevolmente dai parametri applicati comunemente dalla Corte Europea e da questa Corte; con il secondo motivo, il vizio di motivazione in ordine alla liquidazione dell’indennizzo, con riferimento alla circostanza del ricorso collettivo;

ritenuto che i due motivi di ricorso – da esaminare congiuntamente, attesa la stretta connessione – sono fondati, atteso che la determinazione, operata dalla Corte di merito, di una somma pari a circa Euro 250 per ogni anno di ritardo, peraltro motivata dalla inapprezzabile presunzione di una sofferenza fortemente affievolita dalla partecipazione al giudizio insieme con un gran numero di altri ricorrenti o dalla infondatezza del ricorso presupposto, non rispetti l’obiettivo di assicurare un serio ristoro, al quale la Corte Europea ha fatto costante riferimento;

che invero la Corte E.D.U. (le cui pronunce costituiscono come noto a un fondamentale punto di riferimento per il giudice nazionale nella interpretazione delle disposizioni della C.E.D.U.), in numerosi giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative nei quali gli interessati – come nella specie, atteso l’intervallo di nove anni tra le due istanze di prelievo – non risultavano aver sollecitato per lungo tempo la trattazione e/o definizione del processo mostrando di avervi scarso interesse, ha liquidato un indennizzo forfetario per l’intera durata del giudizio che, suddiviso per il numero di anni, ha oscillato tra gli importi di Euro 350,00 e quello di Euro 550,00 per anno (cfr. procedimenti 675/03; 688/03 e 691/03; 11965/03), pur se in qualche caso non è mancata una liquidazione superiore;

che alla luce di tali orientamenti della Corte di Strasburgo, dettati in casi analoghi, ritiene il collegio che l’importo complessivo dell’indennizzo debba essere fissato, in relazione ad un giudizio durato oltre dieci anni, in modo da non scendere al di sotto della soglia di Euro 6.250 per ciascuna parte;

che pertanto si impone la cassazione del decreto impugnato;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito alla stregua dei criteri indicati, liquidando in favore di ciascun ricorrente un’equa riparazione pari a Euro 6.250,00 alla quale devono aggiungersi gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda di indennizzo;

che, quanto alle spese, devono innanzitutto essere qui applicati i principi, più volte affermati da questa Corte (cfr. tra molte n. 10634/10; n. 18693/11), in tema di abuso del diritto in relazione alla instaurazione contemporanea, da parte del medesimo difensore, di più processi per cause ragionevolmente destinate alla riunione in virtù della loro connessione per l’oggetto e per il titolo: l’onere delle spese deve dunque, in base a tali principi che il Collegio condivide, essere valutato come se il procedimento fosse unico sin dall’origine; ciò posto, quanto alle spese del giudizio di merito, la compensazione in misura pari alla metà – quota che si liquida come in dispositivo – merita conferma tenendo presente il sensibile ridimensionamento della pretesa;

le spese di questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto, per entrambe le liquidazioni, dell’aumento per difesa plurima (D.M. n. 127 del 2004, art. 4).

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi, li accoglie, cassa i decreti impugnati e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e Finanze al pagamento in favore di ciascun ricorrente della somma di Euro 6.250,00 oltre interessi legali su detta somma dalla domanda;

condanna inoltre il Ministero al rimborso in favore dei ricorrenti della metà delle spese del giudizio di merito, compensata tra le parti la residua quota, spese liquidate per l’intero in complessivi Euro 8.075,00 – di cui Euro 1425,00 per onorari e Euro 6.600,00 per diritti -, e delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro 2.600,00 – di cui Euro 2.465,25 per onorari -, oltre – per entrambi i gradi – spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Pietro Frisani che se ne è dichiarato antistatario.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2012

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