Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 05-06-2013, n. 24517

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 21 giugno 2012, pronunciata ex art. 444 c.p.p., il Tribunale di Verona ha applicato all’imputato la pena da questo richiesta, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75 bis, perchè contravveniva all’obbligo di rincasare la sera entro le ore 20 e al divieto di guidare veicoli a motore impostigli con provvedimento a tutela della sicurezza pubblica.

2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento e lamentando la carenza di motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p..

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è inammissibile, perchè basato su un motivo genericamente formulato.

Il ricorrente si limita, infatti, ad asserire, senza alcun concreto riferimento al provvedimento impugnato, che il giudice non avrebbe fornito alcuna motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p..

Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dell’art. 111 Cost. e art. 125 c.p.p., comma 3, per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p., deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (ex plurimis, sez. 3^, 29 maggio 2012, n. 36610; sez. 3^, 22 settembre 1997, n. 2932;

sez. un. 27 settembre 1995, n. 10372; sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).

Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., appare, in ogni caso, ampiamente sufficiente, perchè richiama gli inequivoci risultati delle indagini preliminari.

4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00, in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2013
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