Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-07-2012, n. 13561

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con sentenza depositata il 3 luglio 2009, la corte d’appello di Torino, in riforma della sentenza emessa in primo grado dal tribunale della stessa città, ha respinto la domanda proposta dal fallimento della C. s.r.l., di revoca dei pagamenti eseguiti dalla società, al tempo in bonis, a favore della R. s.p.a., avendo accertato la mancanza di scientia decoctionis. La corte ha richiamato la giurisprudenza in tema di accertamento del presupposto soggettivo della revoca, per il quale è richiesta la conoscenza effettiva e non potenziale, e ha osservato che la decisione di primo grado aveva accertato, in contrasto con i principi richiamati, il predetto requisito in termini di ignoranza colposa, perchè la società convenuta non avrebbe potuto ignorare la situazione economica effettiva della società convenuta. Dopo aver ricapitolato tutti i versamenti oggetto della controversia, e tutti gli elementi utili, costituiti dai dati di fatto che avevano interessato variamente le due società in modo diretto e immediato, ha escluso che essi valessero a dimostrare la scientia decoctionis. Il quadro economico che la società creditrice poteva trarre da quegli elementi era quello di una controparte con qualche difficoltà economica, ma sostanzialmente adempiente le proprie obbligazioni. La prassi di dilazionare i pagamenti, sia pure per mezzo di sostituzione di assegni, in sè è usuale, e nella specie era intervenuta una volta sola: quella in relazione alla quale si era verificato il protesto dell’assegno bancario, prontamente seguito dalla costituzione del deposito vincolato nei termini e nelle modalità di legge, sicchè se ne poteva dedurre nulla più che una momentanea difficoltà di liquidità, prontamente colmata per contanti dalla debitrice;
analogamente dovevano valutarsi gli addebiti per interessi da pagamento dilazionato, soprattutto a fronte del pacifico pagamento degli stessi e della complessiva modestia delle somme relative (nel periodo oggetto di revocazione, totali Euro 321,99.
Quanto ai bollettini dei protesti e ai bilanci, se è ragionevole presumere che una banca o altro istituto finanziario segua il cliente attraverso l’esame dei protesti e dei bilanci, non altrettanto si poteva presumere per un’impresa costruttrice di finestre e serramenti vari, quale la società appellante, operante a circa quattrocento chilometri di distanza dalla zona di attività della debitrice. Anche a voler considerare tali dati, con riguardo ai protesti avvenuti nel periodo dei pagamenti da revocare, si sarebbe giunti al massimo alla conclusione che la società aveva avuto una crisi di liquidità nel maggio 2002, superata con pagamenti regolari in seguito.
L’ambiguità del dato non dimostrava una sicura scientia decoctionis in capo all’appellante all’epoca dei pagamenti.
2. Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 18 settembre 2009, ricorre il fallimento con atto notificato il 21 novembre 2009, per due motivi.
La R. s.p.a., non ha svolto difese.
Motivi della decisione
3. I due motivi del ricorso sono posti sotto la stessa rubrica, mista, con riferimento congiunto all’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5, per violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2 e art. 5, e per "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio".
Sotto questo titolo poi il ricorrente svolge argomenti critici di varia natura, che ripercorrono sostanzialmente tutti gli aspetti controversi del giudizio, addebitando alla corte di Torino di aver basato la decisione sul disconoscimento dell’idoneità dei fatti accertati a denotare l’insolvenza dell’impresa, e su una nozione d’insolvenza diversa da quella desumibile dalla L. Fall., art. 5. Una sezione ulteriore è dedicata ai vizi di motivazione.
4. Nonostante ogni contraria assicurazione, i motivi di ricorso intendono sollecitare un riesame da parte della corte del merito della causa, al fine di accertare se i fatti accertati in causa rendessero la R. s.p.a. consapevole dell’incapacità della C. di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, diversamente da quanto il giudice di merito ha ritenuto con un giudizio sorretto da un’ampia e puntuale motivazione.
5. Con riguardo al vizio di violazione di norme di diritto, la corte è peraltro chiamata a pronunciarsi sul quesito, se, in tema di azione revocatoria fallimentare L. Fall., ex art. 67, comma 2, la conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo possa essere dimostrata anche con presunzioni semplici, le quali conducano a ritenere che il terzo – facendo uso della normale prudenza, avvedutezza e diligenza, rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonchè alle concrete situazioni di fatto – non possa non aver percepito i sintomi rivelatori della situazione di decozione del debitore; e se, al fine di accertare lo stato d’insolvenza dell’imprenditore e la conoscenza di detto stato d’insolvenza da parte del terzo, siano rilevanti i soli elementi indicati alla L. Fall., art. 5, se conosciuti da detti terzi, e se siano sintomi di detta insolvenza: 1) l’addebito di interessi di mora, 2) le diffide di pagamento, 3) i ritardi nei pagamenti, 4) la restituzione e la sostituzione di assegni con data successiva, 5) il protesto di assegno emesso direttamente a favore del revocando, 6) l’emissione di cambiali, poi protestate, 7) le risultanze negative dei bilanci della società fallita.
6. Il quesito proposto nella prima parte rende esplicito quanto rilevato al punto 4. Non si tratta, infatti, di un quesito di diritto, inteso ad affermare un principio opposto a quello in base al quale la corte di Torino ha deciso la causa, essendo piuttosto diretto a far affermare a questa corte che nel caso concreto i fatti accertati fossero tali che la società convenuta in causa, facendo uso della normale prudenza, avvedutezza e diligenza, rapportata anche alle sue non meglio precisate qualità personali e professionali "nonchè alle concrete situazioni di fatto", non potesse non percepire quei fatti come rivelatori della situazione di decozione del debitore. Ciò che si chiede, in altre parole, è di valutare il significato dei fatti accertati in causa nel contesto concreto della vicenda. Il quesito è per questa parte inammissibile.
7. La seconda parte del quesito propone in termini generali la rilevanza, ai fini dell’accertamento dell’insolvenza e della sua conoscibilità dai terzi, di fatti diversi dagli inadempimenti, indicati nei sette elementi ritenuti rilevanti nella particolare vicenda di causa. Nella sentenza impugnata, tuttavia, non si rinviene alcuna affermazione contraria alla rilevanza in generale degli elementi in questione, sicchè il quesito è già per questo inammissibile.
I vizi di motivazione denunciati, a loro volta, attengono strettamente al merito della causa, e sono inammissibili.
L’inammissibilità, del resto, deriva dall’assenza stessa di quella sintesi, che circoscriva puntualmente i limiti del motivo, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, che l’art. 366 bis c.p.c., applicabile nella fattispecie ratione temporis, richiede a pena d’inammissibilità (Sez. un. 1 ottobre 2007 n. 20603).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. In mancanza di difese svolte dalla parte intimata non v’è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 11 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2012

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