Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 16-05-2013, n. 21148

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

l. Con ordinanza del 29/9/2011 la Corte di appello di L’Aquila ha respinto l’istanza del sig. G. di restituzione nel termine per impugnare la sentenza del Tribunale di Pescara, sez. dist. di Penne e ha quindi dichiarato inammissibile l’appello proposto.

Osserva la Corte di appello che la notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza è avvenuta ritualmente.

2. Avverso tale decisione il sig. G. propone ricorso in sintesi lamentando:

a. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) per avere i giudicanti omesso di rilevare la nullità della notificazione e la insanabilità del vizio, non essendo la persona che ricevette la comunicazione ricompresa tra quelle autorizzate e risultando così la notificazione priva di ogni validità;

b. Vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per avere i giudici di appello omesso di motivare in ordine alla censura di nullità sollevata con riferimento al tema affrontato nel primo motivo;

c. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) con riferimento agli artt. 195 e 591 cod. proc. pen. con particolare riferimento alla nuova formulazione dell’art. 175 c.p.p., comma 3 che prevede una particolare attenzione alla conoscenza effettiva dell’atto e che avrebbe imposto di considerare come fino al 24/3/2011, data di nomina del Difensore, avv. Iovino, l’imputato non dovesse avere avuto contezza della notificazione.

Motivi della decisione

1. Il ricordo è infondato, ancorchè la motivazione adottata dalla Corte di appello meriti una precisazione.

2. Osserva in primo luogo la Corte che le censure mosse dal ricorrente in ordine alla conoscenza del procedimento e del suo esito si scontrano con la circostanza che l’avviso e la relativa comunicazione furono ritirati da persona qualificata come "fratello" dell’imputato; tale circostanza impone di considerare che la persona che provvide al ritiro lo fece in base ad atto di delega del destinatario dell’atto giudiziario, non potendo altrimenti ottenere la consegna del plico.

Tale circostanza esclude, dunque, che sussistano dubbi circa l’avvenuta ricezione delle informazioni e che possa farsi risalire al 24 marzo 2011 il momento in cui il ricorrente ebbe contezza per la prima volta dell’esistenza del provvedimento, ipotesi questa che non trova conferma inevitabile nel sollecito inviato dal Difensore. Va così escluso che il termine fissato dalla legge all’art. 175 cod. proc. pen., comma 2-bis decorra dall’invio del citato sollecito.

3. Queste conclusioni, che di per sè impongono di ritenere infondato il ricorso, non esimono la Corte dal rilevare l’errore di diritto in cui è incorsa l’ordinanza impugnata allorchè pone a carico dell’istante la prova delle ragioni e dell’effettività dell’omessa conoscenza dell’atto, spettando al giudice operare sul punto ogni opportuno accertamento (art. 175 c.p.p., comma 2); la disciplina attuale, piuttosto, fa carico all’istante di dare contezza della tempestività dell’istanza ai sensi del comma 2-bis, citato, (per tutte, Sez. 1, n. 44568 del 9/12/2010, Perini) ed è sul punto che la Corte ritiene non fondato il ricorso proposto dal sig. G..

4. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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