Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-07-2012, n. 13554

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Svolgimento del processo

La Corte di appello di Messina, in parziale riforma della decisione 17 dicembre 2001 del Tribunale, con sentenza del 30 marzo 2005, ha ridotto il risarcimento del danno dovuto dal comune di Torregrotta a S.R. per l’occupazione espropriativa di un terreno di sua proprietà (in catasto al fg.3, part.817, 845, 860 ed 862) onde costruire una strada nella misura di Euro 17.244 (oltre accessori), osservando: a) che il fondo ubicato in zona E dello strumento urbanistico generale del comune non aveva destinazione edificatoria;

sicchè non potevano essere recepite le valutazioni del c.t.u.

fondate sulla cd. edificabilità di fatto non presa in considerazione dalla ricognizione legale richiesta dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis; b) che neppure poteva essere recepito il valore di L.8700 mq.

calcolato dalla Commissione provinciale L. n. 865 del 1971, ex art. 16 per i terreni coltivati ad agrumeto, trattandosi di espropriazione illegittima; sicchè tenendo conto della vicinanza del fondo ad aree residenziali appariva congruo il valore forfettario di Euro 9,00 mq.

Per la cassazione della sentenza, la S. ha proposto ricorso per 3 motivi;cui resiste l’amministrazione comunale con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso, la S., deducendo violazione degli art. 61, 91 e 356 cod. proc. civ. censura la sentenza impugnata per avere proceduto ad una liquidazione forfettaria dell’indennizzo risarcitorio dovutole, determinando il valore del terreno in modo arbitrario perchè ricavato dapprima dai valori agricoli medi, poi raddoppiati in conseguenza della vicinanza del fondo al centro abitato;laddove era onere della Corte di appello, anzitutto, specificare le ragioni per cui si era discostata dagli accertamenti del c.t.u. e quindi ove questi non fossero ritenuti soddisfacenti procedere all’integrazione o al rinnovo della consulenza, dando ordine all’ausiliario di integrare le lacune in cui era incorso.

Con il secondo motivo censura la decisione: a) per avere disapplicato la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’accertata non edificabilità legale del fondo non ne precludeva destinazioni intermedie tra quella agricola e quella edificabile, nella specie dimostrata dalla cospicua documentazione prodotta; b) per avere immotivatamente disatteso le risultanze della c.t.u. che aveva considerato la prossimità del terreno ad aree edificabili anche residenziali, riducendone l’importo in funzione del mercato immobiliare dell’anno 1989 ed indicando numerosi atti di comparazione a sostegno dei risultati raggiunti.

Il ricorso è inammissibile.

La regola assoluta enunciata dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis (ed ora definitivamente recepita dal T.U. appr. con D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37) che – un’area va ritenuta edificabile soltanto se, e per il solo fatto che, come tale, essa risulti classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici, secondo un criterio dì prevalenza o autosufficienza della edificabilità legale (Cass. 3146/2006; 3838/2004; 10570/2003), comporta quali necessarie conseguenze: a) che la cd. edificabilità "di fatto" rileva esclusivamente in via suppletiva – in carenza di strumenti urbanistici (Cass.2062/2012) – ovvero, in via complementare (ed integrativa), agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato dell’area espropriata ove qualificata legalmente edificabile, incidente sul calcolo dell’indennizzo (Cass.sez.un. 172/2001 e successive); b) che ove le possibilità legali di edificazione siano escluse dallo strumento urbanistico, le relative disposizioni non possono essere neutralizzate o aggirate ricorrendo ad espedienti – quali quello indicato dal c.t.u. e giustamente disatteso dalla Corte di appello – di valutare egualmente il terreno come edificatorio (in base ad una supposta edificabilità di fatto per la vicinanza ad aree edificatorie), salvo poi ad applicare un (arbitrario) indice di riduzione onde ottenere per l’area inedificabile un valore inferiore a quello accertato per i terreni edificatori.

D’altra parte un tale meccanismo non può essere confuso, come ha fatto la ricorrente, con il criterio di stima cd. sintetico – comparativo; il quale non consiste affatto nella ricerca dei valori più favorevoli nell’ambito di terreni vicini e comunque non distanti da quello espropriato, ma deve risolversi nell’attribuire al bene da stimare il prezzo di mercato di immobili "omogenei", con riferimento non solo agli elementi materiali – quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica e simili – e temporali, ma anche e soprattutto alla condizione e disciplina giuridica urbanistica delle rispettive zone di appartenenza. Per cui, ciò che rileva non è la categoria degli atti da cui desumere il probabile valore di mercato dell’area, che non costituisce un numero chiuso, ma la circostanza che gli immobili che ne sono oggetto presentino indubbio carattere di omogeneità con quello da stimare (Cass. 3175/2008; 6122/1990;

4583/1990).

Il che comporta che nessuna rappresentatività poteva essere attribuita agli elementi di comparazione prospettati sia dal c.t.u.

che dalla ricorrente, essendo tutti accomunati dal riferimento a terreni edificatori o addirittura già edificati del comune, e perciò interessati da una disciplina urbanistica (e, quindi da un mercato immobiliare) nonchè da destinazioni che il terreno S. non possiede, essendo ubicato, invece, in zona E, pacificamente non edificatoria: in conclusione correttamente non presi in alcuna considerazione dalla sentenza impugnata, dopo averne specificato le ragioni appena menzionate ed evidenziato il principio dell’edificabilità legale con conseguente illegittimità di ogni possibile ricorso a quella dì fatto per compiere la valutazione.

Vero è poi, che questa Corte fin dalla decisione 9683/2000 ha recepito il principio che nell’ipotesi di occupazione acquisitiva di fondi non edificatori al proprietario espropriato deve essere consentito di dimostrare all’interno della categoria suoli/inedificabili che il valore agricolo sia mutato e/o aumentato in conseguenza di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile con la sua ormai accertata non edificatorietà: e, quindi, che il fondo, suscettibile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere i livelli dell’edificatorietà, abbia un’effettiva valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria.

Ma nel caso concreto siffatta prova – che anche nel caso delle espropriazioni illegittime per il disposto dell’art. 2697 cod. civ. grava sull’attore – non solo non è stata fornita dalla S., ma la Corte di appello ha accertato (senza contestazioni di quest’ultima): a) che il fondo non era idoneo a "destinazioni intermedie, quali quella a parcheggio, ad area per mercato e simili" (pag.7); b) che all’epoca della irreversibile trasformazione (anno 1989) era impiantato ad agrumeto; per cui in mancanza di un mercato immobiliare di terreni omogenei ubicati nella medesima zona E, neppure prospettato dall’espropriata, si è avvalso quale parametro per individuarne in modo attendibile il valore, dei valori agricoli medi calcolati dalla Commissione provinciale per quell’anno.

Poichè tuttavia il fondo non era lontano dal centro urbano del comune ed era prossimo ad aree edificabili, vi ha aggiunto tale ulteriore valore costituito dalla favorevole ubicazione, raddoppiando il valore agricolo accertato;e senza che l’espropriata segnalasse atti o altri elementi di valutazione omessi che avrebbero potuto condurre ad un prezzo di mercato maggiore. Sicchè detto valore ottenuto raddoppiando quello agricolo, pur se determinato in modo forfettario ha finito per essere favorevole proprio alla ricorrente, non trovando oggettivo riscontro nel mercato immobiliare dei terreni omogenei;che dunque difetta di interesse a dolersene.

Le spese del giudizio gravano su quest’ultima rimasta soccombente e si liquidano in favore del comune come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del comune in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorario di difesa, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2012

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