Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-01-2013) 09-05-2013, n. 19997

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza deliberata il 7 giugno 2012 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto il reclamo proposto da Z. C., detenuto in carcere in espiazione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso il 22 giugno 2011 dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Messina, avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Pavia, in data 2 novembre 2011, con la quale era stata respinta l’istanza dello Z. diretta ad ottenere la sospensione condizionata dell’esecuzione della residua pena da espiare non superiore ad anni due.

A sostegno della decisione il Tribunale, pur considerando scindibile il cumulo delle pene e dando atto che lo Z. aveva terminato di espiare le pene subite per i delitti di cui all’art. 4-bis Ord. Pen. ostativi all’applicazione del beneficio, da assimilarsi ad una misura alternativa alla detenzione, ha tuttavia ritenuto che il condannato fosse tuttora socialmente pericoloso come da acquisite informazioni della Questura di Reggio Calabria in data 19 maggio 2012 e ha, anche, rilevato che lo stesso non aveva fruito di permessi premio, sicchè l’ammissione alla sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva non sarebbe stata coerente col criterio della progressione nel trattamento rieducativo.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione lo Z. tramite il difensore, avvocato Giovanna Beatrice Araniti del foro di Reggio Calabria, la quale con unico motivo denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), sia l’inosservanza della L. n. 207 del 2003, sia la mancanza e/o la manifesta illogicità della motivazione.

Dopo aver premesso che il Magistrato di sorveglianza di Pavia aveva illegittimamente dichiarato inammissibile la domanda proposta dallo Z., condannato anche per delitti previsti dall’art. 4-bis Ord. Pen., sull’erroneo presupposto di non poter procedere allo scorporo delle pene inflitte, e ciò in contrasto con la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 278 del 2005 e n. 255 del 2006), mentre il Tribunale di sorveglianza, accogliendo la tesi difensiva, aveva correttamente ritenuto scindibile il cumulo delle pene e dato atto dell’avvenuta espiazione delle pene pertinenti ai reati ostativi, il ricorrente ha denunciato l’illegittimità e il vizio di motivazione della decisione del Tribunale affermativa della pericolosità sociale dello Z., ritenuta tuttora attuale sulla base esclusivamente delle negative informazioni di polizia, riflettenti situazioni che rimonterebbero ad oltre un ventennio fa, senza considerare le relazioni dei tecnici del trattamento e il percorso rieducativo già compiuto dallo Z. nella lunga detenzione subita a partire dal 1998, senza soluzione di continuità, con la costante fruizione del beneficio della liberazione anticipata.

Il Tribunale, inoltre, avrebbe omesso di valutare l’adeguatezza delle prescrizioni inerenti alla misura richiesta, previste dalla L. n. 203 del 2007, art. 4, comma 1, rispetto alle finalità rieducative del condannato, tenuto conto del grado di risocializzazione già raggiunto dallo Z. nel corso della detenzione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

Inammissibile per manifesta infondatezza è la denunciata violazione delle norme di cui alla L. 1 agosto 2003, n. 207 (Sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni).

Il Tribunale di sorveglianza, come riconosciuto dal ricorrente, ha correttamente ritenuto la scindibilità del cumulo delle pene inflitte allo Z., la quale va affermata, ai fini dell’applicazione del beneficio della sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni, ai sensi della L. n. 207 del 2003, art. 1, commi 1 e 2, con riguardo alla pena determinata ex art. 663 cod. proc. pen., quando tutte le condanne siano state emesse entro il limite temporale di applicabilità della legge, pubblicata nella G.U. n. 182 del 7/08/2003, come previsto dall’art. 7, comma 1, della stessa; e ciò in linea con la giurisprudenza di questa Corte che ha escluso la scindibilità delle pene concorrenti solo nel caso di unica esecuzione cumulativa comprendente sia condanne anteriori, sia condanne posteriori al beneficio concesso con la legge n. 207 del 2003, cit. (c.f.r., in termini, Sez. 1, n. 47005 del 28/10/2008, dep. 18/12/2008, Esposito, Rv. 242056; Sez. 1, n. 9423 del 07/01/2010, dep. 09/03/2010, Cantora, Rv. 246822).

Le ulteriori censure proposte dal ricorrente attengono alla motivazione del rigetto del reclamo e sono infondate.

Con motivazione adeguata e coerente, esente da violazioni delle regole della logica e del diritto, il Tribunale, dopo aver riconosciuto la sussistenza della condizione oggettiva di applicazione del beneficio, ha invece escluso la ricorrenza di quella soggettiva, ai sensi della L. n. 207 del 2003, art. 1, comma 1, nel testo risultante dalla rilettura costituzionale della norma, di cui alla sentenza n. 255 del 2006, che ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui non prevedeva che il giudice di sorveglianza potesse negare al condannato la sospensione condizionata dell’esecuzione della pena detentiva, quando ritenesse il beneficio non adeguato alle finalità rieducative previste dall’art. 27 Cost., comma 3.

E, nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza ha espresso un giudizio di prognosi negativa nei confronti dello Z., sulla base delle aggiornate informazioni trasmesse dalla Questura-Divisione anticrimine di Reggio Calabria, in data 19 maggio 2012, che rappresentavano l’attuale operatività della cosca della ‘ndrangheta, denominata Serraino, nella quale aveva militato il condannato, e l’assenza di elementi nuovi indicativi di cessati legami dello Z. con la criminalità organizzata e l’esistenza, invece, di ragioni di ordine e sicurezza sconsiglianti il suo ritorno nel territorio di Reggio Calabria.

Il Tribunale non ha neppure trascurato il giudizio dei tecnici del trattamento circa la partecipazione dello Z. all’opera di rieducazione e, al riguardo, ha rilevato che l’istante non aveva ancora fruito di alcun permesso premio, con la conseguente valutazione di intempestività dell’applicazione della più ampia misura richiesta, secondo il prudente criterio di gradualità nell’ammissione del condannato ai benefici penitenziari, espressamente richiamato.

2. Il rigetto del ricorso impone, a norma dell’art. 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2013

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