Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-01-2013) 09-05-2013, n. 19969

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. La Corte militare di appello di Roma, con sentenza emessa il 4 aprile 2012, ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Verona in data 13 ottobre 2011, con la quale D.U., maresciallo dell’esercito italiano in servizio presso il "Gruppo squadroni di sostegno del (OMISSIS)" in (OMISSIS), era stato condannato alla pena di un mese e dieci giorni di reclusione militare, con i doppi benefici di legge, per il reato di ingiuria del caporale, P.A.E., apostrofato come "negro di merda", commesso il (OMISSIS), nei locali del reparto, alla presenza di più di tre militari.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il D. tramite il difensore di fiducia, avvocato Pier Paolo Piccinini del foro di Rimini, il quale deduce due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione della legge penale e il vizio della motivazione per avere la sentenza impugnata ritenuto integrato l’elemento psicologico (dolo generico) del delitto di ingiuria, omettendo di considerare la personalità dell’imputato e quella del destinatario delle sue parole, il tutto in relazione all’ambiente e al concreto contesto del fatto. Tale valutazione, se fosse stata effettuata dal decidente, avrebbe fatto emergere il contesto scherzoso in cui l’espressione dispregiativa fu pronunciata e il rapporto confidenziale esistente tra il D. e il P..

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la contraddittorietà della sentenza impugnata, laddove, come quella di primo grado, qualifica come "infelice battuta" la presunta espressione ingiuriosa e, nel contempo, la considera penalmente rilevante.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per la genericità del primo motivo e la manifesta infondatezza del secondo.

1.1. Il ricorrente non considera la puntuale motivazione della sentenza impugnata in punto di inequivocabile offensività delle parole pronunciate dall’imputato, pur considerando il contesto cameratesco del fatto, sia per il riferimento al colore della pelle del P. (di origine sudamericana con carnagione olivastra), apostrofato anche inesattamente e, comunque, sprezzantemente come "negro"; sia per l’abbinamento dell’epiteto allo stereo con l’aggiunta della parola "di merda", donde il rafforzamento della carica offensiva dei due termini uniti, escludendo che l’imputato non fosse consapevole della valenza spregiativa dell’espressione rivolta al militare a lui subordinato.

1.2. Palesemente infondato è il secondo motivo che denuncia una contraddittorietà inesistente tra l’espressione "infelice battuta", utilizzata in sentenza con riguardo alle parole contestate come ingiuriose, e la loro ritenuta rilevanza penale; quest’ultima, infatti, come indicato nel precedente paragrafo, è stata puntualmente e coerentemente motivata nella sentenza impugnata.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2013

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