Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-01-2013) 09-05-2013, n. 19967

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. La Corte militare di appello di Roma, con sentenza emessa l’11 ottobre 2011, ha confermato la sentenza resa il 3 dicembre 2010 dal Tribunale militare di Napoli, con la quale F.A., brigadiere della Guardia di finanza di (OMISSIS), era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante del grado militare, alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione militare, con sospensione condizionale della pena e non menzione della condanna, per i delitti, unificati nella continuazione, di peculato militare aggravato della Guardia di finanza, per aver destinato venti litri di gasolio, prodotto ammesso ad aliquota agevolata da utilizzare per la trazione della nave di tratta (OMISSIS), a carburante per la propria autovettura gravato da imposta più elevata (capo a), e per aver detenuto, presso la propria abitazione, duecento litri di gasolio ottenuto dalla miscelazione non autorizzata di gasolio per autotrazione e di gasolio per altri usi (capo b): reati previsti dalla L. n. 1383 del 1941, art. 3 e art. 47 c.p.m.c., n. 2, in relazione, rispettivamente, al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 40, lett. c) e g), (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative).

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il F. tramite il suo difensore, avvocato Giovanni Cantelli, il quale deduce due motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo lamenta la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla trascurata considerazione delle seguenti circostanze dedotte con l’atto di appello: I recipienti rinvenuti nell’autovettura del F., al momento del fermo presso l’area portuale di (OMISSIS), erano vuoti;

nel medesimo frangente non furono sequestrati strumenti utili all’eventuale travaso del gasolio dalla nave alle taniche nella disponibilità del prevenuto; il consulente tecnico nominato dal pubblico ministero ed esaminato nel giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., aveva riferito che il liquido rinvenuto nell’autovettura dell’imputato era di natura diversa rispetto a quello trovato nel garage di proprietà dello stesso; era mancato l’esame comparativo tra il liquido presente nell’autovettura del F. e quello in uso sulla nave; lo stesso consulente del pubblico ministero non aveva attribuito ai campioni di gasolio rinvenuti nella disponibilità dell’imputato esclusiva destinazione ad uso di trazione marina, e ciò non consentirebbe di affermare con certezza che il gasolio posseduto dal F. provenisse dalla nave.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il difetto di motivazione sulla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione possibile e sui parametri utilizzati, ai sensi dell’art. 133 cod. pen., nella determinazione dell’entità della pena.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza e genericità dei motivi.

1.2. Il primo motivo denuncia lacune motivazionali palesemente inesistenti, avendo i giudici del doppio grado del giudizio di merito, nelle loro conformi valutazioni, ampiamente e congruamente giustificato la riconosciuta responsabilità del F. per i delitti ascrittigli sulla base delle testimonianze dei verbalizzanti, i quali, nel porto di (OMISSIS), assistettero a distanza ma con buona visibilità alle operazioni di travaso del gasolio proveniente dalla nave nel serbatoio della vettura dell’imputato e di consegna allo stesso di alcune taniche di gasolio prelevato dalla medesima nave, riposte dal F. nel cofano posteriore della sua auto; tali recipienti non furono, tuttavia, rinvenuti dai verbalizzanti al momento del loro intervento, perchè il F., fermato al varco d’uscita dal porto, simulò un malore e si allontanò precipitosamente e, quando fu di nuovo rintracciato, si era già disfatto delle taniche, lasciando nel cofano oggetti e stracci palesemente intrisi di gasolio.

Manifestamente infondata è anche la denunciata illogicità del diniego dell’esame comparativo tra il gasolio sequestrato al F., all’interno del serbatoio della sua autovettura e nel garage della propria abitazione cui fu esteso l’accertamento, e il gasolio utilizzato per la trazione della nave, considerato l’accertato diretto travaso del carburante dal natante al serbatoio della vettura dell’Imputato, e la sicura presenza, in entrambi i campioni di gasolio prelevati dal serbatoio della vettura e dal fusto rinvenuto nel garage del F., di zolfo fuori norma, secondo gli accertamenti eseguiti dal consulente tecnico del pubblico ministero, donde l’esclusa destinazione del carburante all’autotrazione e la sua compatibilità, invece, con la destinazione ad altri usi tra i quali la trazione marina. E, al riguardo, non va neppure taciuto che l’eventuale non identità tra il gasolio proveniente dalla nave della tratta (OMISSIS) e quello sequestrato nel garage dell’Imputato sarebbe comunque irrilevante, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, poichè il secondo reato (capo b) contesta al F. la mera detenzione di gasolio ottenuto da miscelazioni, non autorizzate, di carburante destinato all’autotrazione con carburante funzionale ad altri usi, e non già la provenienza di esso dal suddetto natante.

1.2. Il secondo motivo è del tutto incongruente, posto che i giudici di merito hanno, rispettivamente, applicato e confermato una pena calcolata a partire dal minimo edittale con giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante del grado militare rivestito dall’agente, applicazione della diminuzione massima della pena base nella misura di un terzo, e aumento per la continuazione contenuto in un mese, donde la palese genericità ed inconsistenza della doglianza in tema di trattamento sanzionatorio.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità segue ai sensi dell’art. 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2013

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