Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-07-2012, n. 13543

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Svolgimento del processo
La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 4.5.09, ha respinto il reclamo proposto da Z.A., titolare della ditta individuale C.S.A. , avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, resa il 17.11.08 dal Tribunale di Vicenza.
La Corte ha rilevato che, a sostegno del reclamo, Z. si era limitato a rappresentare una situazione patrimoniale che, quand’anche veritiera, non escludeva la sussistenza del suo stato di insolvenza, derivante da una crisi di liquidità; ha aggiunto che l’incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni risultava confermata dall’offerta di un pagamento solo parziale del credito, non contestato e di non rilevante ammontare, della istante B. G.&G. s.r.l..
Z.A. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi ed illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso il curatore del Fallimento della C.S.A. di Z. A..
La creditrice istante non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo, Z., denunciando violazione dell’art. 15, u.c., L.Fall., lamenta che il fallimento sia stato dichiarato nonostante egli avesse offerto alla B. s.r.l., che vantava nei suoi confronti un credito complessivo di Euro 37.937,92, il pagamento, a mezzo assegno circolare, della somma di Euro 9.000, con conseguente diminuzione dell’indebitamento ad un ammontare inferiore ai 30.000 Euro, soglia al di sotto della quale non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento. Osserva che, benchè l’adempimento parziale sia stato rifiutato dalla creditrice istante, l’offerta denotava non soltanto la sua capacità di far fronte alle obbligazioni assunte, ma "determinava l’acquisizione di un elemento patrimoniale attivo alla procedura prefallimentare idoneo a far venir meno uno dei requisiti oggettivi richiesti per la pronuncia".
Il motivo è infondato.
La B. G.&G. s.r.l. ha legittimamente rifiutato, ai sensi dell’art. 1181 c.c., l’adempimento parziale.
Tanto basta ad escludere che la somma offerta da Z., ancorchè eventualmente rimasta nella disponibilità del curatore ed acquisita all’attivo fallimentare, possa essere imputata a deconto del debito contratto dall’imprenditore nei confronti della creditrice istante, rimasto immutato nel suo ammontare e dunque, di per sè solo, eccedente il limite dei 30.000 Euro al di sotto del quale, a norma dell’art. 15, u.c., L.Fall., non può farsi luogo alla dichiarazione di fallimento.
2) Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, il ricorrente lamenta l’errata valutazione delle risultanze processuali da parte della Corte territoriale, che avrebbe affermato la sussistenza dello stato di insolvenza senza tener conto della modestia dell’unico credito azionato, senza attendere l’esito delle indagini fiscali demandate alla G.d.F. e senza neppure valutare che egli vantava un attivo patrimoniale, costituito da macchinari, crediti verso clienti ed altre poste, di oltre 800.000 Euro.
Il motivo, già di per sè illustrato in via del tutto generica, ovvero senza riferimento a precise circostanze documentali, di valenza decisiva, che sarebbero state ignorate dalla Corte di merito, va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in quanto privo di un momento di sintesi volto a circoscriverne puntualmente i limiti, in modo da non ingenerare incertezze in ordine alla sua formulazione ed alla valutazione della sua immediata ammissibilità (fra le tante, Cass. S.U. n. nn. 20603/07, 12339/010).
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna Z.A. a pagare al Fallimento controricorrente le spese processuali, che liquida in Euro 2.500 per onorari ed Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2012

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