Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 06-05-2013, n. 19449

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20 luglio 2012 la Corte d’appello di Brescia, a seguito di cassazione con rinvio di precedente sentenza della stessa corte del 3 febbraio 2011 disposta da questa Corte Suprema con sentenza del 27 gennaio 2012, in parziale riforma della sentenza pronunciata il 3 marzo 2010 dal GUP del Tribunale di Brescia nei confronti di R.M.A. – che lo aveva condannato per reati di traffico illecito di sostanze stupefacenti alla pena di anni dodici e mesi otto di reclusione ed Euro 72.000 di multa – rideterminava la pena dell’imputato in anni sei e mesi otto di reclusione nonchè Euro 46.000 di multa, confermandola nel resto.

Contro tale sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso, denunciando che ex art. 129 c.p.p. è sempre obbligo del giudice di valutare se non sussistano i presupposti per una sentenza assolutoria, valutazione che la corte non avrebbe espletato.

Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

La corte territoriale ha pronunciato la sentenza impugnata a seguito di annullamento con rinvio disposto da questa Suprema Corte "limitatamente al trattamento sanzionatorio".

Consolidata giurisprudenza di legittimità (derivante da S.U. 26 marzo 1997 n. 8904) ha chiarito che qualora il rinvio abbia per oggetto solo la determinazione della pena si forma un giudicato sull’accertamento del reato e sulla responsabilità dell’imputato, precludendosi pertanto l’applicazione da parte del giudice di rinvio di cause estintive sopravvenute all’annullamento parziale (ex multis Cass. sez. 3, 11 marzo 2010 n. 15101), con l’eccezione dell’ipotesi di sopravvenuta abolitio criminis (da ultimo Cass. sez. 6, 19 ottobre 2010 n. 41683), cui è equiparabile quella di una sopravvenuta sentenza della Corte di Giustizia europea che dichiari l’incompatibilità con il diritto comunitario della norma nazionale (Cass. sez. 6, 5 novembre 2010-8 marzo 2011 n. 9028). Poichè nel caso di specie non si sono verificate tali eccezioni, il giudicato parziale formatosi ha precluso la valutazione pretesa nel motivo, che risulta pertanto del tutto privo di fondamento.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna al ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2013

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