Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 06-05-2013, n. 19448

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 6 dicembre 2011 il Tribunale di Termini Imerese, sezione distaccata di Cefalù, condannava M.M. alla pena di euro 1500 di ammenda per i reati di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. a), e art. 6 perchè deteneva per la vendita e il consumo oli d’oliva extravergine e vergine mescolati con sostanze di qualità inferiori.

Contro la sentenza il difensore dell’imputato presentava appello, che la Corte d’appello di Palermo ha con ordinanza del 2 maggio 2012 ex art. 568 c.p.p. trasmesso a questa Suprema Corte dovendosi considerare ricorso per cassazione.

L’impugnazione si articola in due motivi. Il primo motivo denuncia che il fatto non sussiste; il secondo, in via gradata, chiede il riconoscimento del beneficio di cui all’art. 175 c.p..

Motivi della decisione

2. Il ricorso non merita accoglimento.

Il primo motivo si fonda su questioni puramente fattuali, in ordine agli effettivi componenti degli oli, questioni che sarebbero state valutabili in sede d’appello ma che sono palesemente inammissibili dinanzi al giudice di legittimità.

Il secondo motivo lamenta la mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale; tale beneficio tuttavia non era stato richiesto nelle conclusioni (laddove il difensore dell’imputato aveva chiesto soltanto la assoluzione del suo assistito) per cui non è censurabile la sentenza che non lo ha concesso.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna al ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2013

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