Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 31-07-2012, n. 13753

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che, con ricorso alla Corte d’appello di Brescia, P. A. proponeva domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata di un giudizio civile instaurato nel maggio 2005, definito con sentenza nel maggio 2008 e proseguito in appello, ove era ancora pendente nel gennaio 2010;

che con il decreto indicato in epigrafe la Corte d’appello, ritenuto che il processo presupposto non aveva superato la durata ragionevole, ha rigettato la domanda;

che avverso tale decreto la predetta ricorre per cassazione formulando due motivi;

che il Ministero della Giustizia resiste con controricorso;

considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

rilevato che la ricorrente denuncia, con entrambi i motivi, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6.1 C.E.D.U.) deducendo, sotto il primo profilo, che la Corte di merito, nel determinare la durata ragionevole, non avrebbe considerato la durata complessiva, bensì i singoli gradi, così discostandosi dai parametri applicati comunemente dalla Corte Europea e da questa Corte; sotto il secondo profilo, censurano il calcolo dell’indennizzo rapportato alla sola durata irragionevole anzichè all’intera durata del giudizio, deducendo fra l’altro la illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 3, lett. a;

ritenuto che il ricorso è infondato; che invero non merita censura il decreto impugnato nella parte in cui ha ritenuto non irragionevole la durata del giudizio presupposto, che tra i due gradi di giudizio non ha superato i cinque anni complessivi, in conformità con i criteri di determinazione normalmente applicati dalla Corte E.D.U. e da questa Corte; che inoltre questa Corte ha più volte affermato (cfr. tra le tante n. 478/11) come l’adozione, da parte del legislatore italiano, del metodo di calcolo dell’equa riparazione prescritto dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, lett. a) non violi di per sè la C.E.D.U., avendo la stessa Corte Europea chiarito in molteplici precedenti (cfr. ad es. M. e C. c/Italia 20 aprile 2010) che tale scelta si correla ad un margine di apprezzamento di cui dispone ciascuno Stato aderente, sempre che le somme in tal modo riconosciute non siano irragionevoli o meramente simboliche, il che nella specie non appare sostenibile tenendo anche conto dei più recenti orientamenti della Corte europea (cfr. Volta et autres c. Italia, 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, 6 aprile 2010);

ritenuto pertanto che il rigetto del ricorso si impone, con il conseguente onere a carico della ricorrente delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, in Euro 865,00 per onorati oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012

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