Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-01-2013) 06-05-2013, n. 19272

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Tribunale del riesame di Bari, confermava l’ordinanza applicativa della misura degli arresti domiciliari del GIP del Tribunale di Lucera, in data 12.7.2012, a carico di P.E., in relazione al reato previsto e punito dagli artt. 110 e 644 c.p. perchè, in concorso con P.S. e D.B.M., previo concerto tra loro, fuori dai casi di concorso dal reato di cui all’art. 643 cod. pen., commettendo il fatto in danno di persona che si trovava in stato di bisogno, si facevano promettere da G.M., in corrispettivo della prestazione in danaro pari ad Euro 4.000,00, interessi usurai, al tasso del 6.6% mensile, pari al 20% trimestrale ed al 80% annuo. A restituzione del prestito, infatti, la complessiva somma di Euro 20.000,00 a titolo di interessi (2.000,00 Euro mensili). Si faceva altresì promettere la dazione di 3.000,00 mensili per quattro mesi (per un totale di 12.000,00 Euro), quale prestazione che avrebbe definito i rapporti finanziari tra le parti.

In (OMISSIS) e tutt’ora in corso.

1.1 Avverso tale ordinanza propone ricorso il difensore di fiducia dell’indagata, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza e deducendo la violazione o erronea applicazione dell’art. 644 cod. pen perchè è emerso con assoluta chiarezza dalla denuncia della vittima che non fu pattuito alcun accordo usurario, accordo necessario a configurare la fattispecie di cui all’art. 644 cod. pen. ma del quale neanche le conversazioni intercettate in ambientale riescono a fornire la prova;

deduce inoltre il ricorrente l’inattedibilità delle dichiarazioni rese dalla vittima che ha affermato di aver regalato un televisore all’indagato mentre risulta dalla conversazione del 17.12.2011 h.

12,21 che quel televisore fu pagato da P.S.. Nella motivazione del provvedimento impugnato, tuttavia, non si è tenuto conto della censura che non è stata proprio esaminata.

Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato perchè basato su censure non consentite nel giudizio di legittimità.

2.1 Il controllo di questa Corte sulle ordinanze emesse in sede di riesame deve essere semplicemente volto ad accertare che la pronuncia si fondi su un concreto apprezzamento delle risultanze processuali e che la motivazione non sia puramente assertiva o palesemente affetta da errori logico – giuridici, restando escluse da tale sindacato le deduzioni che riguardano l’interpretazione e la specifica consistenza dei fatti indizianti, la valutazione comparativa della loro attendibilità, la scelta di quelli determinanti. Sono, quindi, rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione (Sez. 1, 14.3.1998, n. 1083, riv. 210019).

2.2 In altri termini il controllo di legittimità non riguarda la ricostruzione dei fatti nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti, essendo inammissibile in sede di legittimità la prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito La valutazione del giudizio di merito, pertanto, va circoscritta alla verifica di due requisiti che lo rendono insindacabile: l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6,1.2.1999, n. 3529, riv. 212565; Sez. 6, 24.10.1996, n. 2050, riv. 206104) nè può essere rilevata la carenza di motivazione dell’ordinanza del riesame circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, quando non risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 1, 4.5.1998, n. 1700, riv. 210566; n. 56 del 7.12.2011 rv 251761).

2.3 Nel caso in esame il Tribunale ha ampiamente espresso la valutazione di congruenza del provvedimento cautelare del GIP, con una motivazione che non manifesta vizi evidenti, affermando che le evidenze probatorie su cui si fonda il provvedimento sono le captazioni ambientali effettuate nella casa circondariale di (OMISSIS), ove il P. si trovava ristretto per un altro episodio di usura, in danno di un diverso soggetto. Nel corso dei colloqui con la moglie e la figlia P.E., P. S. da alle due donne disposizioni perchè si adoperino per recuperare il credito usurario vantato nei confronti di G. ed emerge che le due donne hanno eseguito pedissequamente tali disposizioni sicchè il giudice del riesame valuta "Il quadro probatorio oltremodo allarmante della pericolosità sociale dell’intero nucleo famigliare e della spregiudicatezza dei P. nell’esercitare l’usura …" (vedi pag. 2).

3. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile: a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la ricorrente che ha proposto un ricorso inammissibile deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *