Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-01-2013) 06-05-2013, n. 19270

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Svolgimento del processo
1. Con l’ordinanza in data 29.8.2012, il Tribunale di Ascoli Piceno, confermava il provvedimento del P.M., datato 9.8.2012, di convalida del sequestro eseguito dalla G.d.F. di Ascoli Piceno, aventi ad oggetto articoli di abbigliamento recanti marchi contraffatti, a carico di P.V., indagato per i reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen..
1.1 Avverso tale ordinanza, P. ha proposto ricorso, per mezzo del suo difensore di fiducia, deducendo l’illegittimità del provvedimento confermativo del provvedimento ablativo, avendo il giudice del riesame erroneamente attribuito valore di querela alla denuncia sporta dalla B.I. SpA e omesso di rilevare la incompetenza e mancanza di affidabilità del giudizio formulato dal cd. "esperto" Pa. circa l’autenticità della merce.
Motivi della decisione
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1 Le doglianze del ricorrente, che si appuntano su una pretesa omessa valutazione, da parte del Tribunale, di specifici atti di indagini ,senza peraltro indicare quale sarebbe stata l’influenza di tali atti sul provvedimento impugnato sono assolutamente generiche, non manifestano un apprezzabile interesse a ricorrere e non consentono una effettiva valutazione dei motivi dedotti.
2.2 Il ricorso pertanto è inammissibile: vale, comunque, ricordare che il presupposto indefettibile della valutazione di qualunque critica si voglia muovere, nella specifica materia dei sequestri, ai provvedimenti del tribunale del riesame che il sindacato di tale giudice non può nè deve essere esteso alla verifica della concreta fondatezza dell’accusa, ma deve essere limitato alla verifica dell’astratta possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato ed al controllo circa la qualificazione dell’oggetto in sequestro come "corpus delicti", per riscontrare la sussistenza, o meno, della relazione di immediatezza tra quell’oggetto e l’illecito penale per il quale si procede (SS.UU. sentenza n. 4 del 25 marzo 1993; sentenza n. 1810 del 1997 Rv. 207194).
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1000,00, ciascuno, tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità". (Corte Cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2013

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