Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-01-2011, n. 417 Sanzioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza n. 4785/99 il Tar per la Lombardia ha respinto il ricorso proposto dal signor W.T. avverso la sanzione disciplinare della riduzione dello stipendio nella misura di 1/10 di una mensilità irrogata dall’amministratore straordinario della U.S.S.L. n. 11 di Como con decreto del 4 maggio 1992.

W.T. ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.

La gestione liquidatoria della soppressa USSL n. 11 di Como si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del giudizio è costituito dalla contestazione di una sanzione disciplinare irrogata dalla USSL n. 11 di Como al tecnico di laboratorio W.T., ritenuto responsabile di comportamenti non corretti consistenti in una mancata selettività nelle richieste di interventi del personale medico durante i turni notturni in contrasto con le direttive fornite dall’amministrazione.

Il giudice di primo grado ha ritenuto la pacifica sussistenza della condotta contestata, rilevando che il dipendente non poteva rifiutarsi di fare applicazione delle direttive impartite, che poteva contestare nelle competenti sedi.

L’appellante deduce di non essersi mai rifiutato di svolgere gli esami ed aggiunge che le direttive in questione rimettevano la decisione sulla chiamata del medico al tecnico, a cui non si poteva chiedere di svolgere compiti non rientranti tra le sue mansioni.

Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono prive di fondamento.

In primo luogo, si rileva come non vi sia contestazione in fatto sulla condotta sanzionata, essendo chiaro che il tecnico di laboratorio T. ha sistematicamente chiamato il medico durante il servizio di esami urgenti.

Tale servizio era stato oggetto di una delibera del Consiglio di amministrazione dell’ente ospedaliero del 1979, con cui si stabiliva le modalità di svolgimento degli esami urgenti e si disponeva che i tecnici dovevano chiedere l’intervento dei laureati in alcuni casi particolari, tra cui vi era – come clausola di chiusura – anche l’ipotesi in cui i tecnici ritenevano necessario e opportuno tale intervento per il compiuto espletamento delle attività e dei compiti loro affidati.

La condotta del T. non è stata conforme alla direttiva, come del resto da lui ammesso anche in sede disciplinare, dove ha dichiarato che – a seguito dei contrasti sorti – ha deciso di chiamare sistematicamente il laureato ("… tu laureato che prendi la reperibilità, e sei a disposizione di me che sono qua di guardia, ti chiedo di venire a confermare il dato che io do….").

E’ evidente come tale sistematica richiesta di intervento non rientra in alcuna delle specifiche ipotesi elencate nella delibera del 1979 e non rientra nella menzionata clausola di chiusura.

Il dipendente sanzionato chiamava il laureato a sostegno della sua personale tesi sul corretto svolgimento del servizio e non per la sussistenza di circostanze particolari, anche di opportunità, tali da far sorgere l’esigenza dell’intervento del medico.

Tale condotta costituisce violazione dei doveri di servizio, rappresentati dal contenuto della menzionata deliberazione e tutte le contestazioni che l’appellante propone sono in realtà dirette non a dimostrare un diverso svolgimento dei fatti o l’irrilevanza disciplinare della condotta, ma mirano ad accertare l’illegittimità delle direttive impartite.

Come correttamente rilevato dal Tar, tale profilo non costituisce oggetto del giudizio e non necessita di approfondimento, non potendo il dipendente rifiutarsi di eseguire direttive di servizio, rispetto alle quali avrebbe potuto agire nelle opportune sedi (giurisdizionali o amministrative) al fine dell’annullamento o della modifica.

Non assume, quindi, rilievo la questione dell’esatta determinazione delle mansioni del personale di laboratorio, o della mancata modifica negli anni di una direttiva disposta in via sperimentale nel 1979, o ancora della asserita contraddittorietà della delibera rispetto ad altri atti della stessa amministrazione; si tratta di aspetti inerenti la legittimità della delibera del 1979, che – si ribadisce -non costituisce oggetto del presente giudizio, e non direttamente collegati alla legittimità della sanzione disciplinare.

L’appellante non ha, invece, agito per la modifica della delibera e comunque, prima che venissero impartite nuove disposizioni, ha deciso nella sostanza di non applicarla, attivando sempre l’intervento del personale medico, a prescindere dagli specifici profili del singolo caso, come, invece, la delibera imponeva.

Le discussioni con l’amministrazione circa il contenuto della delibera dimostrano la perfetta consapevolezza da parte del ricorrente dell’esatto contenuto delle prescrizioni, che non condivideva e che ad un certo momento ha deciso di non applicare.

Tale condotta costituisce una violazione dei doveri di ufficio, legittimamente sanzionata con il provvedimento impugnato in primo grado, che contiene una adeguata motivazione, anche per relazione, della sussistenza dell’illecito disciplinare.

3. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto.

In considerazione della peculiarità in fatto della controversia, ricorrono i presupposti per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Marzio Branca, Consigliere

Francesco Caringella, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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