Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 03-05-2013, n. 19078

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 24 gennaio 2012 il gip del Tribunale dell’Aquila disponeva archiviazione a seguito di udienza camerale, rilevando che la richiesta in tal senso del pubblico ministero era formulata sulla base degli accertamenti della polizia giudiziaria, da cui non emergeva "elemento alcuno allo stato" in senso contrario e "che quindi in ogni caso anche i mezzi di prova richiesti nulla aggiungerebbero al quadro probatorio…per cui non si rivela utile l’assunzione degli stessi, non potendo in ogni caso essere utilmente sostenuta l’accusa in giudizio".

2. Avverso l’ordinanza V.A.G. ha proposto ricorso, esponendo di avere il 27 gennaio 2011 presentato esposto nei confronti di tali C.A. e V.V., e che dopo sommarie informazioni assunte dai suddetti come persone informate sui fatti dalla polizia giudiziaria il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione. Denunciava quindi la violazione dell’art. 409 c.p.p., comma 2, per non essere stati iscritti come indagati al R.G.N.R. C.A. e V.V., e il totale difetto di motivazione nel fatto, in violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 410 c.p.p., essendo il gip incorso in aperta contraddizione laddove dichiara inutile l’assunzione di ulteriori mezzi di prova.

Motivi della decisione

3. Il ricorso non può essere accolto.

L’art. 409 c.p.p., comma 6, prevede espressamente che l’ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità di cui all’art. 127 c.p.p., comma 5. E’ garantito, pertanto, il ricorso alla Suprema Corte esclusivamente nei casi in cui è stato inibito al ricorrente l’esercizio del contraddicono, cioè nei casi in cui non ha potuto fruire di una diversità effettiva rispetto all’archiviazione de plano. Consolidata giurisprudenza qualifica limiti rigorosi quelli dettati per la ricorribilità per cassazione dall’art. 409, comma 6, tramite un richiamo espresso e tassativo alle nullità dell’art. 127, comma 5, dovendosi quindi escludere il ricorso per qualsiasi altro motivo, e dunque ulteriori violazioni di legge, il vizio motivazionale, il travisamento del fatto, l’assunzione mancata di prova decisiva (ex multis cfr. S.U. 9 giugno 1995 n. 24; Cass. sez. 6, 16 dicembre 1997-12 gennaio 1998 n. 5144;

Cass. Sez. 5, 21 ottobre 1999 n. 5052; Cass. sez. 6, 5 dicembre 2002- 9 gennaio 2003 n. 436; Cass. sez. 1, ord. 7 febbraio 2006 n. 8842;

Cass. sez. 1, 3 febbraio 2010 n. 9440).

Nel caso in esame, il ricorrente lamenta una violazione di legge diversa dalla violazione del principio del contraddittorio (mancata iscrizione degli indagati al registro generale delle notizie di reato), motivo pertanto inammissibile. Parimenti inammissibile è l’ulteriore motivo che concerne la contraddizione motivazionale in cui è effettivamente incorso il gip (è chiara defaillance logica dedurre dal presupposto che "allo stato" non vi sono elementi, la prognosi che "quindi in ogni caso anche i mezzi di prova richiesti nulla aggiungerebbero"); la tutela dall’evidente errore è da individuare nella richiesta di riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p. (cfr, da ultimo Cass. sez. 2, 27 settembre 2012 n. 39153).

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2013

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