Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 03-05-2013, n. 19077

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 5 dicembre 2011 il Tribunale di Napoli, quale giudice di esecuzione in ordine a incidente sollevato da S. G., S.F., S.M. e S.N. quali eredi di R.O. – che avevano chiesto la revoca dell’ordinanza di demolizione di manufatto abusivo perchè il decesso della de cuius (che era stata condannata con sentenza divenuta irrevocabile per il reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), avrebbe imposto ex art. 171 c.p. la dichiarazione di estinzione della pena compreso l’ordine di demolizione, perchè il giudice avrebbe dovuto valutare se la demolizione era possibile senza compromettere l’immobile sottostante e perchè avrebbe dovuto altresì valutare la persistenza dell’interesse pubblico alla demolizione – dichiarava estinta la pena irrogata a R.O. ex art. 171 c.p. con sentenza del tribunale di Napoli del 17 febbraio 2005, rigettando contestualmente l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione. Al riguardo osservava che compete al pubblico ministero, quale organo promotore della esecuzione ex art. 655 c.p.p., determinare le modalità esecutive della demolizione ex L. n. 47 del 1985, art. 7, spettando al giudice dell’esecuzione di valutare solo le prospettazioni delle parti, in difetto di poteri propri di cognizione; e nel caso di specie le allegazioni degli istanti erano del tutto generiche, non avendo identificato circostanze specifiche ostative alla demolizione, ma solo ipotizzato possibilità, appunto generiche, di danneggiamento dell’immobile sottostante.

Dalla descrizione dell’immobile nella sentenza di condanna, poi, emergeva che le operazioni di demolizione non sarebbero state complesse. Nè d’altronde risultava dagli atti alcuna pronuncia amministrativa incompatibile con la demolizione già disposta in sentenza, e pertanto alcuna conflittualità della demolizione con l’interesse pubblico.

2. Contro la suddetta ordinanza ha presentato ricorso la difesa degli istanti, articolandolo su due motivi.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 171 c.p., dovendosi superare l’orientamento giurisprudenziale che consente di proseguire l’esecuzione anche nei confronti degli eredi del condannato con una lettura costituzionalmente orientata, tenendo conto della sentenza 131/1986 della Corte Costituzionale che, rigettando ogni questione di legittimità, ha affermato che la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida può essere investita dalla rilevanza di provvedimenti quali l’amnistia e l’indulto.

Se dunque cause di estinzione della pena o del reato possono incidere, è ragionevole ritenere che un’altra causa di estinzione della pena incida su una sanzione amministrativa come quella in esame. Inoltre la lettura dell’art. 171 c.p. deve tenere conto dei principi di cui agli artt. 25 e 27 Cost., considerando che i destinatari del provvedimento di demolizione non hanno avuto alcuna parte nel fatto che determinò la condanna.

Il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla mancata sospensione del procedimento ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 34. E’ necessario infatti verificare, ai sensi di detta norma, se la demolizione sia possibile senza compromettere l’immobile sottostante:

l’art. 34, comma 2, stabilisce che se la demolizione non può essere eseguita senza pregiudizio il dirigente dell’ufficio tecnico competente applica una sanzione pecuniaria. Vengono così ripresi la L. n. 47 del 1985, art. 9, comma 2 e art. 12, e a ciò deve rapportarsi anche il giudice penale.

Motivi della decisione

3. Il ricorso non merita accoglimento.

Il primo motivo denuncia violazione di legge rispetto all’art. 171 c.p. riconoscendo che l’interpretazione giurisprudenziale è nel senso che la morte del reo non incida sull’ordine di demolizione del manufatto abusivo. Ritiene infatti questa Suprema Corte che l’ordine, disposto con sentenza di condanna per reato edilizio, non si estingue per la morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza, a motivo della sua natura di sanzione amministrativa accessoria e non essendo pertanto una pena riconducibile all’art. 171 c.p. (da ultimo Cass. sez. 3, 18 gennaio 2011 n. 3861).

La pretesa incompatibilità con i principi costituzionali di una simile lettura non tiene conto del coinvolgimento, nella fattispecie, accanto all’interesse del privato, del pubblico interesse alla tutela del territorio, che giustifica la permanenza della efficacia della sanzione accessoria prescindendo dal decesso del reo e quindi dal coinvolgimento di persone che non hanno contribuito alla condotta illecita. A ben guardare, dunque, trattasi di misura non propriamente sanzionatoria, cioè afflittiva, in quanto priva di carattere personale (cfr. Cass. sez. 3, 27 gennaio 2000 n. 3720), bensì misura di pubblica tutela oggettiva, non correlata alla soggettività di chi ha posto in essere il detrimento territoriale che è diretta ad eliminare. E’ evidente, allora, la non pertinenza dell’art. 171 c.p., e conseguentemente la infondatezza della prospettazione di incompatibilità costituzionale della interpretazione consolidata.

Il secondo motivo riguarda, in sostanza, l’assenza di verifica della compatibilità della demolizione con il sottostante immobile, verifica peraltro palesemente di fatto, e che comunque – come si è evidenziato più sopra nella sintesi della motivazione dell’ordinanza impugnata – il Tribunale ha espletato sulla base degli atti, rilevando l’assenza di allegazioni specifiche atte a impedire la demolizione. Anche questo motivo va perciò disatteso.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2013

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