Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 30-01-2013) 03-05-2013, n. 19076

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 2 febbraio 2011 la Corte d’appello di Napoli ha respinto istanza di revoca di ingiunzione a demolire opere edili abusive proposte da B.I., ritenendo insufficiente il pagamento d’oblazione senza rilascio del titolo abilitativo, e rilevando che l’ordine di demolizione può essere sospeso solo se è ragionevolmente prevedibile che in breve lasso di tempo la pubblica amministrazione emanerà un provvedimento con esso contrastante.

Il difensore della B. ha proposto ricorso, adducendo che la corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che l’intero immobile oggetto del ingiunzione di demolizione "è coperto da istanze di condono" ai sensi della L. n. 724 del 1994, non avrebbe fatto riferimento alla documentazione prodotta dalla difesa (in particolare alla certificazione a firma del responsabile dell’area tecnica del Comune di Casamicciola che, oltre ad attestare la congruità delle somme versate titolo di oblazione, dichiarava che le pratiche di condono erano ancora in corso in relazione all’emanazione del parere in materia paesistica) e non avrebbe seguito l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità per cui il giudice dell’esecuzione, ai fini dell’accoglimento o rigetto della domanda di sospensione dell’esecuzione, deve accertare se è stata presentata la domanda di condono tempestivamente, ai sensi della L. n. 724 del 1994 o della L. n. 326 del 2003, e l’esistenza degli altri requisiti rappresentati dall’ultimazione dei lavori entro il termine previsto per il condono, dal tipo di intervento e dalle sue dimensioni volumetriche, dalla insussistenza di cause di non condonabilità assoluta, dal pagamento dell’oblazione e dall’eventuale rilascio di permesso in sanatoria o dalla sussistenza di un permesso in sanatoria tacito. Tranne quest’ultimo, tutti i requisiti sussistono e al riguardo la corte ha omesso motivazione esaustiva, motivando poi come se per l’immobile fosse stata avanzata istanza di condono ai sensi della L. n. 326 del 2003. Dunque la corte avrebbe dovuto sospendere il procedimento esecutivo in attesa della definizione della domanda di condono. Inoltre era stata chiesta la revoca del provvedimento del pm per il pagamento dell’oblazione, che ai sensi della L. n. 47 del 1985, attt. 38 e 44 estingue i reati.

Motivi della decisione

2.Il ricorso non merita accoglimento.

Premesso che il motivo addotto è riconducibile all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), si osserva che la corte territoriale ha emesso l’ordinanza a seguito di incidente di esecuzione instaurato dalla ricorrente chiedendo la revoca o almeno la non esecutività del provvedimento di ingiunzione a demolire le opere edili abusive per l’avvenuto pagamento dell’oblazione, richiamando la giurisprudenza per cui tale pagamento anche dopo la condanna irrevocabile comporterebbe la cessazione dell’esecuzione della pena. La corte ha rilevato come secondo l’indirizzo prevalente della giurisprudenza di legittimità la congruità del versamento a titolo di oblazione non determina la sospensione dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, poichè soltanto dal rilascio del titolo abilitativo il giudice dell’esecuzione è tenuto a verificare la legittimità e la compatibilità del manufatto con gli strumenti urbanistici. Tale impostazione è corretta, dovendosi infatti evidenziare che neppure il sopravvenuto provvedimento di condono ha effetti automatici di caducazione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo, avendo il giudice dell’esecuzione, cui la revoca del suddetto ordine è chiesta, il potere di sindacare tale atto concessorio, disapplicandolo se emesso in assenza delle condizioni formali e sostanziali di legge previste per la sua esistenza (Cass. sez. 3, 17 marzo 2009 n. 25485; Cass. sez. 3, 27 maggio 2009 n, 28505). Ciò non toglie che, appunto, un concreto coordinamento tra il procedimento amministrativo di condono e il procedimento di esecuzione penale – vale a dire tra l’interesse del privato "recuperato" a mezzo del condono e l’interesse pubblico sotteso al reato definitivamente accertato -deve sussistere, e deve essere preservato mediante la prognosi espletata dal giudice dell’esecuzione in ordine al procedimento amministrativo quando questo è ancora in corso, prognosi avente per oggetto sia i presumibili tempi di definizione sia i presumibili esiti del procedimento stesso. La mera pendenza del procedimento, pertanto, non può giustificare la sospensione della esecutività dell’ordine di demolizione, incidendo in tal senso solo la prognosi di un esito positivo in tempi non lontani (cfr., oltre a Cass. sez. 3, 17 ottobre 2007 n. 42978 correttamente richiamata dalla corte territoriale, anche Cass. sez. 3, 5 marzo 2009 n. 16686). Ciò considerato, nessuna violazione di legge è individuabile nel rigetto dell’istanza, anche perchè la prognosi ha come contenuto una valutazione in fatto, che non può essere rivista quindi in sede di legittimità, a parte il profilo motivazionale che nel caso di specie non è carente: rileva infatti la corte che "non risulta allegato alcun elemento concreto idoneo a dedurre in maniera certa la prossimità dell’emanazione di un provvedimento ad opera della P.A." e che "la sussistenza di vincoli di natura ambientale gravante sul territorio di Casamicciola rende ulteriormente difficoltosa una prospettazione favorevole al ricorrente".

In conclusione, il ricorso va respinto, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *