Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-07-2012, n. 13735

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Svolgimento del processo

G.G., dopo aver ottenuto il sequestro giudiziario di beni comuni nei confronti del fratello M., con atto notificato il 22.2.88 lo convenne al giudizio del Tribunale di Caltagirone per la convalida della misura cautelare, per la verificazione di una scrittura privata di scioglimento della comunione,stipulata con il medesimo in data 2.10.86, e per la relativa conseguente declaratoria dell’avvenuta divisione, proponendo accessorie richieste di rendiconto e risarcimento danni. Costituitosi il convenuto, contestò le domande attrici, segnatamente opponendo una successiva scrittura privata inter partes del 1987, e chiese in via riconvenzionale dichiararsi avvenuta la divisione in forza della stessa. Alle domande attrici aderì,intervenendo volontariamente, L.R. moglie di G.G. e comproprietaria di alcuni beni, mentre B.T.M., moglie del convenuto G.M. ed anch’ella comproprietaria di parte dei beni, nei confronti della quale il giudice istruttore aveva ordinato ex art. 102 c.p.c. l’integrazione del contraddittorio, rimase contumace.

L’adito tribunale, dopo aver respinto la domanda di convalida del sequestro con una prima sentenza non definitiva, svolta attività istruttoria (prove testimoniali e consulenza tecnica), con una seconda sentenza, la n. 53 dell’11.3.99, anche non definitiva, in parziale accoglimento delle domande attrici dichiarò l’autenticità delle sottoscrizioni e, pertanto, la validità ed efficacia della scrittura privata di divisione del 2.10.1986, ordinandone la trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Catania, disponendo con separata ordinanza il prosieguo dell’istruttoria per il rendiconto.

Avverso tale sentenza G.M. e B.T.M. proposero appello,cui resistettero G.G. e L. R., proponendo appello incidentale.

Con sentenza non definitiva del 23/2-10/3/05 la Corte di Catania, disatteso ogni altro motivo dei reciproci gravami, accogliendo il quarto e dichiarando assorbito il quinto dell’appello principale, dichiarò la nullità sia della scrittura privata del 1986,sia di quella del 1987, in quanto non sottoscritte anche dalla B. e dalla L., che erano risultate, sia l’una, sia l’altra, in considerazione dei rispettivi regimi di comunione legale coniugale, ritenuti nella specie e per quanto di rispettive ragioni e decorrenze applicabili, comproprietarie di parte dei beni inclusi nelle divisioni. Il carattere unitario ed inscindibile del negozio di divisione, contenuto nell’una e nell’altra scrittura, escludeva inoltre, ad avviso della corte, la possibilità di ritenere le stesse valide soltanto tra i sottoscriventi fratelli G., limitatamente ai beni non appartenenti anche alle due donne.

Ritenuto, pertanto, che dovesse procedersi, come da subordinate richieste proposte dall’una e dall’altra parte, alla divisione giudiziale dei beni comuni tra i suddetti, la corte dispose con separata ordinanza per il prosieguo istruttorio, riservando il regolamento delle spese al definitivo.

Avverso la suddetta sentenza G.G. e L.R. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Hanno resistito G.M. e B.T.M. con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione

Preliminarmente si disponevi sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei reciproci ricorsi.

Ancora in via preliminare, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, sollevata dai controricorrenti in relazione all’assunta inidoneità ex art. 365 c.p.c., per difetto di specialità, in quanto non menzionante espressamente la sentenza da impugnare, del mandato difensivo apposto a margine del ricorso. L’eccepita omissione non è rilevante, ad avviso del collegio, in quanto nell’epigrafe dell’impugnazione, in relazione alla quale va letta ed interpretata la dicitura contenuta nel mandato "nel presente giudizio innanzi la Corte di Cassazione", sono riportati gli estremi identificativi ed il contenuto decisorio della sentenza impugnata; sicchè, tenuto anche conto della contestualità materiale tra il ricorso e la procura difensiva (al riguardo v., tra le tante, Cass. nn. 1954/09, 26233/05, 26048/05, 22119/04), nessun dubbio può in concreto sussistere sulla effettiva specifica intenzione dei conferenti di impugnare davanti a questa Corte la sentenza de qua.

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1100 e 1418, erronea, illogica e contraddittoria motivazione: a) per non aver ritenuto che la L., intervenendo volontariamente in giudizio ed associandosi alle richieste del marito, avesse validamente ratificato per iscritto l’operato di quest’ultimo, con riferimento alla scrittura privata divisoria del 2.10.1986, contemplante anche un bene di cui la suddetta era comproprietaria, in virtù del regime di comunione legale; b) quanto alla B., che essendo ella proprietaria solo "pro indiviso" del terreno medesimo, la stessa non avrebbe subito dalla citata divisione alcun pregiudizio patrimoniale, considerato che "secondo la volontà manifestata dai germani G. nella detta scrittura, ove tale bene fosse stato attribuito al sig. G.M., coniuge della si.ra B. in regime di comunione legale, quest’ultima non avrebbe avuto la possibilità giuridica di spogliarsi totalmente della proprietà del bene in favore del marito in costanza di comunione".

Il motivo non merita accoglimento.

A parte l’inconferenza del richiamo ai principi in materia di rappresentanza, dacchè G.G., stipulando gli atti di divisione aventi ad oggetto beni appartenenti anche a L. R., non aveva agito quale falsus procurator, spendendo il nome della moglie suddetta, ma in proprio, dirimente è la considerazione che, non essendo intervenuta da parte della B. alcuna adesione alla divisione de qua, nessuna ratifica o sanatoria dei relativi negozi avrebbe potuto configurarsi, in persistente carenza dell’adesione agli stessi di un soggetto, il cui consenso sarebbe stato comunque indispensabile, a prescindere dal valoreapiù o meno rilevante dei suoi diritti di comproprietà, concorrendo comunque gli stessi alla formazione delle quote previste nell’atto di divisione.

Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1419, 1362, 1363, 1366, 1367 c.c., insufficiente, erronea, illogica e contraddittoria motivazione. Si censura, per violazione dei canoni di ermeneutica e del principio di conservazione del negozio, l’estensione della nullità all’intero atto di divisione di cui alla scrittura del 1986 e la mancata dichiarazione della stessa, limitatamente ai rapporti ed ai beni dei germani G., sostenendo che, in considerazione della marginale rilevanza, nel contesto complessivo della divisione, dei beni della B., e dell’intenzione degli stipulanti di sciogliere comunque la comunione, la stessa sarebbe stata parimente dai suddetti sottoscritta, anche senza tener conto dei beni anzidetti.

Anche tale motivo va disatteso, per considerazioni analoghe a quelle svolte in precedenza, non tenendo conto del principio di unitarietà della divisione, derivante dall’interdipendenza delle quote, argomento essenziale su cui si è correttamente basata la decisione impugnata, che sul punto neppure viene specificamente censurata. Alla luce di tale principio, infatti, si palesa l’impossibilità di un "salvataggio" parziale del negozio divisorio, considerato che l’espunzione dallo stesso dei beni appartenenti anche alle due mogli, alterandone il relativo assetto, avrebbe comportato la necessità di una complessiva revisione degli accordi, dovendo formarsi un nuovo e diverso piano di ripartizione di quelli rimanenti, oggetto di comunione soltanto tra i due fratelli G., operazione nella quale, in mancanza di richieste in tal senso degli interessati, il giudice non avrebbe potuto sostituirsi agli stessi.

Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale, in quanto condizionato e non deducente questioni pregiudiziali rilevabili anche di ufficio.

Giusti motivi, infine, tenuto conto dei rapporti di stretta parentela tra le parti e della complessità della vicenda litigiosa, determinata dall’invalidità delle stipulazioni. addebitabili all’uno ed all’altro G., comportano infine la totale compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi rigetta il principale, dichiara assorbito l’incidentale e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012

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