Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-07-2012, n. 13734

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
O.G. e O.A., presidente e vice presidente dell’A. T. e s. B. V. T., proponevano al Giudice di Pace di Taranto opposizione avverso le ingiunzioni emesse dalla Regione Puglia per avere i predetti svolto attività di impresa di agenzia di viaggio e turismo senza la prescritta autorizzazione.
Con sentenza dep. il 23 febbraio 2006 il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione osservando che: non era stato provato dalla Regione che gli opponenti svolgessero attività di agenzia di viaggi; dal verbale degli ispettori era risultato che i medesimi si erano recati presso un’"associazione"; regolarmente iscritta alla Camera di commercio ed aderente all’ENDAS, e non presso un’ agenzia di viaggi; non era stata riscontrata la presenza di clienti; dalla documentazione fotografica del prospetto dei locali sul quale era apposta la dicitura Viaggi e Turismo era risultato che detti locali non erano aperti al pubblico e che l’ingresso era riservato ai soci.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la Regione Puglia sulla base di cinque motivi. Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione della L.R. Puglia n. 8 del 1996, artt. 2 e 5, e 16 così come modificata dalla L.R. n. 10 del 1998, censura la decisione gravata che aveva ritenuto non provato l’esercizio dell’attività di agenzia, quando era stata riscontrata la denominazione a caratteri cubitali sulla porte di ingresso dell’esercizio – "V.B.T." – con affisso sulle vetrine di materiale pubblicitario, mentre con caratteri microscopici, quasi invisibili, era stato rinvenuto un piccolo avviso con scritto "riservato ai soci"; nei locali erano stati rinvenuti volantini pubblicitari con sito internet; di fronte a tali schiaccianti prove che dimostravano lo svolgimento continuativo e non episodico dell’attività di organizzazione e di intermediazione di cui al citato art. 2, a nulla rilevava la iscrizione dell’associazione presso la Camera di commercio; peraltro era risultato sfornito di prova che fosse stata costituita un’ associazione prevista dalla L.R. Puglia n. 8 del 1996, art. 13 posto che non risultavano i requisiti al riguardo previsti.
Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione su un punto decisivo della motivazione, deduce che la sentenza non aveva esaminato le eccezioni al riguardo formulate dalla Regione Puglia la quale aveva dedotto che, se la natura commerciale dell’attività svolta dall’impresa deve essere verificata in base alla natura dell’attività, nella specie era stato accertato che la denominazione o ragione sociale usata, vietata ad impresa priva di autorizzazione, non poteva essere adoperata dall’associazione che in tal modo aveva ampliato la propria ragione sociale secondo quanto emerso dalla documentazione fotografica prodotta dagli stessi opponenti.
Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando violazione degli art. 116 cod. proc. civ., e art. 24 Cost., del principio del contraddittorio (art. 113 cod. proc. civ.), censura la sentenza impugnata che aveva accolto l’opposizione senza esaminare i mezzi di prova offerti dalla convenuta a fondamento delle proprie eccezioni.
Il quarto motivo, lamentando violazione degli art. 112 cod. proc. civ., omessa pronuncia e nullità della sentenza per mancanza di motivazione, ribadisce che il Giudice non si era pronunciato su quanto eccepito dall’Amministrazione regionale sul fatto che la finalità di lucro dell’attività svolta da una associazione non è vincolata dall’oggetto sociale, formalmente risultante dall’atto costitutivo dell’associazione nè dal fatto che quest’ultima sia iscritta alla Camera di commercio, assumendo rilievo l’effettiva natura dell’attività svolta.
Il quinto motivo, lamentando inesistenza insufficienza, apparenza, perplessità illogicità ed incoerenza della motivazione, deduce che la sentenza non aveva spiegato le ragioni in base alle quali aveva accolto l’opposizione e mancava la coerenza fra le parti della motivazione.
I motivi, che per la stretta connessione possono essere trattati congiuntamente, vanno disattesi.
La sentenza, nell’accogliere l’opposizione proposta, ha escluso che fosse stata dimostrata dalla Regione (che aveva l’onere di provare la natura illecita della condotta contestata agli ingiunti) l’attività di agenzia di viaggi e turismo che sarebbe stata in concreto esercitata. Ed invero, il Giudice non si è limitato a considerare esclusivamente la natura di associazione iscritta alla Camera di commercio dell’organismo sanzionato ma, dimostrando così di avere esaminato le eccezioni al riguardo sollevate dall’attuale ricorrente, ha analizzato gli elementi probatori emersi, giungendo alla conclusione che non era risultato provato l’effettivo esercizio dell’attività contestata. In proposito, ha esaminato e valutato la documentazione fotografica e, in particolare,la denominazione "Viaggi e Turismo", alla stregua delle altre risultanze istruttorie e non l’ha considerata sufficiente: ha accertato che i locali non erano aperti al pubblico e che l’ingresso era riservato ai soci.
Le doglianze, pur facendo riferimento a violazioni di legge e a vizi di motivazione, da cui la sentenza è immune, si risolvono nella censura dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie, sollecitando una inammissibile rivalutazione degli elementi probatori acquisiti.
Ed invero le critiche formulate dalle ricorrenti non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell’iter logico giuridico seguito dalla sentenza, posto che non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere – attraverso una soggettiva interpretazione del materiale probatorio – l’erroneo convincimento del Giudice laddove aveva ritenuto di escludere l’attività di agenzia di viaggi e turismo esercita dagli opponenti. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto).
Per quel che, poi, riguarda la censura relativa al mancato esame delle prove offerte dalla convenuta al quale si accenna in modo assolutamente generico al terzo e al quarto motivo, il ricorso difetta di autosufficienza laddove non sono neppure indicati tali mezzi e non è possibile alla Corte verificarne la decisività.
Il ricorso va rigettato.
Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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