Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-07-2012, n. 13731

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Svolgimento del processo
1.- La società H. L. s.r.l. proponeva opposizione avverso l’ordinanza della Provincia di Napoli, area Tutela Ambientale, n. 8986 del 16/9/04 notificatale il 14/3/07 con la quale – previo richiamo al provvedimento n. 703 del 18/1/02 – era stata condannata al pagamento della sanzione di Euro 2.840,00 per violazione del D.Lgt. n. 22 del 1997, art. 11, comma 111 oltre Euro 5,16 per spese di notifica.
Con sentenza dep. il 28 febbraio 2006 il Tribunale di Napoli accoglieva l’opposizione, compensando le spese Secondo il Giudice i rifiuti provenienti dall’attività medico cardiologica svolta dall’opponente sono inquadrati dal D. n. 22 del 1997, art. 7 in quelli speciali e non fra quelli pericolosi, per cui la predetta non era soggetta all’obbligo di denuncia previsto dall’art. 52 di tale provvedimento. Inoltre, il regolamento comunitario n. 2557/01 aveva apportato incisive modifiche alla normativa in materia (D.Lgt. n. 22 del 1997, D.M. n. 141 del 1998, D.M. n. 145 del 1998, D.M. n. 148 del 1998, D.M. n. 219 del 2000) per cui la Dir. Min. del 9/4/02 aveva ritenuto opportuno precisare che l’elenco europeo dei rifiuti sostituisce quello nazionale e che, secondo il primo elenco, i rifiuti da attività sanitaria si distinguono: 1) in non pericolosi;
2) in pericolosi non a rischio infettivo; 3) in pericolosi a rischio infettivo; pertanto i rifiuti dall’attività di diagnosi e prevenzione delle malattie negli uomini, semprechè la loro raccolta o smaltimento richieda particolari precauzioni, sono da ritenere pericolosi ma, nel caso di specie, mancava la prova che lo smaltimento dei rifiuti de quibus richiedesse particolari precauzioni. Peraltro, per il principio tempus regit actum, non era consentita l’applicazione retroattiva del regolamento comunitario, quand’anche l’infrazione ascritta costituisse un illecito permanente.
La compensazione delle spese era motivata con riferimento al coacervo delle disposizioni legislative e alle difficoltà interpretative.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’Amministrazione della Provincia di Napoli sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso l’intimata proponendo ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
Motivi della decisione
Ricorso Amministrazione della Provincia di Napoli.
1.1 – Il primo motivo, lamentando erroneità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e travisamento dei fatti, deduce che la tardiva comunicazione della denuncia configurava l’illecito contestato, posto che l’obbligo della denuncia sussiste per tutti i rifiuti la cui natura richieda particolari precauzioni nella raccolta e nello smaltimento al fine di prevenire infezioni: il che era comprovato dal fatto che la comunicazione era stata effettuata sia pure in ritardo.
1.2.- Il secondo motivo, lamentando erroneità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 ed errata applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 7 censura la sentenza laddove aveva tratto la conseguenza della non pericolosità dei rifiuti derivanti da attività sanitaria dalla inclusione dei medesimi in quelli speciali, quando, ai sensi di quanto previsto dal cit. art. 7, comma 4 sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nell’allegato D sulla base degli allegati G),H) e I) ed identificati con il codice (OMISSIS) laddove si fa riferimento ad altri rifiuti la cui raccolta e smaltimento richiede precauzioni in funzione della prevenzione di infezioni: la natura pericolosa dei rifiuti era stata espressamente dichiarata dall’opponente nella comunicazione ambientale tardivamente presentata.
1.3. – Il terzo motivo (erroneità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 ed errata applicazione dell’art. 11 cod. civ.), censura il richiamo al regolamento comunitario che,essendo stato emanato nel 2001 non poteva trovare applicazione alla fattispecie in esame; peraltro, la circostanza che lo smaltimento dei rifiuti non richiedesse particolari precauzioni era onere probatorio posto a carico dell’opponente.
1.4.- Il quarto motivo ( erroneità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa valutazione della mancata contestazione dei fatti da parte dell’opponente) deduce che il fatto illecito non era stato contestato nella sua esistenza dall’opponente e che il procedimento era stato conforme a legge così come puntualmente motivato era stato il provvedimento finale impugnato.
1.5.- I motivi, che per la stretta connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
Occorre premettere che il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 7 (classificazione), nel formulare la nozione dei rifiuti urbani, comma due, e speciali, comma 3, opera la distinzione in base all’origine ovvero a stregua dei luoghi e dell’attività dai quali provengono o sono prodotti; per quanto riguarda invece la natura, il comma 4 distingue tra rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi, individuando i primi fra quelli non domestici precisati nell’elenco di cui nell’allegato D sulla base degli allegati G),H) e I).
Orbene, a stregua dell’allegato D), nell’ambito della sezione relativa ai rifiuti derivanti da ricerca medica e veterinaria sono indicati al codice (OMISSIS) "altri rifiuti la cui raccolta e smaltimento richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione di infezioni". Se, dunque, la sentenza ha erroneamente ritenuto che non fossero da considerarsi rifiuti pericolosi quelli derivanti da attività sanitaria soltanto perchè inclusi nella categoria dei rifiuti speciali – essendo tale riferimento, per quel che si è detto sulla nozione di rifiuto speciale che non concerne la natura del rifiuto, del tutto fuori luogo – occorre, peraltro, rilevare che la sentenza – seppure facendo riferimento al regolamento comunitario 2001 che certamente non era applicabile alla specie ratione temporis – ha accertato che mancava la prova che lo smaltimento dei rifiuti de quibus richiedesse particolari precauzioni: si tratta di un accertamento di fatto – incensurabile in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione che nella specie è insussistente – relativo a una circostanza decisiva sotto il profilo della esistenza dei presupposti voluti dall’art. 7 in relazione a quanto previsto dall’allegato D), codice (OMISSIS).
D’altra parte, il ricorso difetta di autosufficienza laddove, facendo riferimento alla comunicazione ambientale tardivamente presentata, afferma che l’opponente avrebbe espressamente dichiarato la natura pericolosa dei rifiuti ma la ricorrente non trascrive il contenuto di detta comunicazione, non potendosi certo desumersi dalla semplice effettuazione della comunicazione, che potrebbe essere stata fatta erroneamente o anche a titolo cautelativo, la consapevolezza circa l’esistenza dell’obbligo. Va rilevato che, in relazione al vizio di motivazione per omesso esame di un documento decisivo, il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilità del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il documento nella sua integrità in modo da consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti del giudizio di merito, di verificare la decisività della censura (Cass. 14973/2006; 12984/2006; 7610/2006; 10576/2003), tenuto conto che in proposito occorre dimostrare la certezza e non la probabilità che, ove esso fosse stato preso in considerazione, la decisione sarebbe stata diversa.
Infine, era onere dell’Amministrazione offrire la prova degli elementi costituitivi dell’illecito posto a base della pretesa sanzionatoria ovvero dei presupposti dell’obbligo di denuncia, che ricorreva in presenza di rifiuti che rendessero necessarie precauzioni particolari.
Il ricorso va rigettato.
Ricorso incidentale Società H. L. s.r.l..
1.1.- L’unico motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 nonchè il difetto di motivazione laddove, nonostante la sua soccombenza, l’Amministrazione non era stata condannata alle spese processuali che erano state invece compensate.
1.2.- Il motivo è infondato.
La compensazione delle spese processuali è stata adeguatamente motivata dal Tribunale, il quale ha fatto al riguardo riferimento alle obiettive difficoltà interpretative, tenuto conto del coacervo delle disposizioni legislative dettate nella materia; d’altra parte, in tema di regolamento delle spese processuali, il giudice di merito incontra quale unico divieto quello di non porle a carico della parte integralmente vittoriosa, mentre la scelta di compensarle è rimessa alla prudente valutazione del giudice che è sindacabile sotto il profilo del vizio di motivazione che nella specie, per quel che si è detto, è insussistente Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente principale, risultata soccombente tenuto il carattere marginale nella complessiva economia del presente giudizio del rigetto del ricorso incidentale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 600,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012

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