Cass. civ. Sez. II, Sent., 31-07-2012, n. 13714

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ricorso ai sensi dell’art. 1170 c.c., depositato il 15.4.1997 alla Pretura di Bologna, C.A., M.L., R. L., R.L., Ma.Na. e B.C. chiedevano di ordinare l’immediata demolizione del muro di cinta edificato da Be.Ga. e F.L. in violazione della normativa vigente, disponendo che l’eventuale ricostruzione dello stesso avvenisse nel rispetto delle disposizioni di legge in materia di distanze legali dalle vedute di cui all’art. 907 c.c..

Lamentavano, in particolare, che il muro, alto m.2,90 e lungo m.20, occludeva completamente le vedute degli appartamenti posti al piano rialzato dell’immobile di loro proprietà in (OMISSIS). I convenuti si opponevano.

Assunte informazioni ed espletata ctu, con ordinanza 13.9.2000 il giudice respingeva la domanda e fissava l’udienza per il merito possessorio e, con sentenza 16.1.2002, il Tribunale disponeva la manutenzione nel possesso del diritto di veduta, da parte dei ricorrenti, ordinando l’immediata demolizione del muro di cinta edificato a distanza inferiore a 3 metri dalla linea più esterna dal balcone di C.A., e compensava le spese, decisione appellata dai soccombenti. La Corte di appello di Bologna, con sentenza 1324/2009, in parziale riforma, rigettava la domanda di B. e Ma., confermando nel resto la sentenza e compensando le spese, osservando, per quanto ancora interessa, che secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione le vedute implicano il diritto ad una zona di rispetto che si estende per tre metri in direzione orizzontale dalla parte più esterna della veduta e per tre metri in verticale rispetto al piano corrispondente alla soglia della veduta medesima, sicchè ogni costruzione che venga a ricadere in questa zona è illegale e va rimossa, donde la legittimità delle ragioni tempestivamente fatte valere dai ricorrenti ad eccezione di B. e Ma..

Ricorre F.L., con sei (erroneamente titolati come sette) motivi e relativi quesiti, non svolgono difese le altre parti.

Motivi della decisione

Col primo motivo si lamenta violazione degli artt. 907 e 873 c.c., contestandosi il principio affermato nella sentenza impugnata secondo il quale le vedute implicavano una zona di rispetto che si estende per tre metri in direzione orizzontale dalla parte più esterna della veduta e per tre metri in verticale, rispetto al piano corrispondente alla soglia della veduta, mentre a norma dell’art. 907 c.c. l’obbligo di rispetto in verticale sussisterebbe solo in caso di costruzione in aderenza.

Col secondo motivo si contesta, in relazione all’art. 100 c.p.c., la legittimazione di M.L., R.L. e V.L., in quanto l’appartamento del primo non sarebbe dotato di alcun aggetto sul cortile comune e nei suoi confronti non sarebbe violata alcuna distanza, mentre gli appartamenti degli altri due avrebbero balconi situati al di sopra dell’altezza muro.

Premesso che, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, il tribunale ha ordinato la demolizione del muro di cinta "in quanto situato a distanza inferiore a tre metri dalla linea più esterna del balcone di C.A.", il primo motivo è infondato per l’assorbente ragione che la relativa distanza, che la sentenza ha ritenuto non rispettata, è una distanza orizzontale e non verticale.

Parimenti infondato è il secondo motivo che prospetta, senza addurne riscontri utilizzabili in questa sede, elementi di fatto disattesi dalla sentenza impugnata, che non possono formare oggetto di revisione in questa sede.

Infondato è anche il terzo motivo – col quale si deduce la violazione dell’art. 1170 c.c. per avere la Corte di appello disatteso l’eccezione di decadenza ritenendo che il muro di cinta e la pregressa recinzione metallica realizzata nel 1993 costituissero entità assolutamente diverse – avendo la Corte di appello adeguatamente motivato circa la tempestività dell’azione possessoria giudicando, con valutazione congrua e comunque di merito, che la collocazione di una rete metallica ammantata di edera e la costruzione del muro siano entità del tutto diverse.

Il quarto ed il quinto motivo, indicati come quinto e sesto,- con i quali si deducono vizi di motivazione e la violazione degli artt. 900 e 907 c.c., in relazione al possesso da oltre un anno del balcone edificato dalla C. e della sua qualificabilità come veduta – sono inammissibili, risolvendosi nella richiesta di rivalutazione di accertamenti di fatto e delle relative valutazioni compiute dalla Corte di appello (pagg. 12-14 della sentenza impugnata).

Quanto all’ultimo motivo, col quale si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla domanda di limitazione della rimozione del manufatto alla sola parte in asserita violazione della distanza dal balcone della C., va rigettato dovendosi ritenere la domanda implicitamente decisa con la conferma sul punto della sentenza impugnata per la parte non riformata, essendo implicito nella clausola contenuta nel dispositivo della sentenza di primo grado che la demolizione è disposta nei limiti di quanto necessario al rispetto della distanza diretta ed obliqua secondo quanto in essa stabilito.

In definitiva il ricorso va rigettato senza pronunzia sulle spese in mancanza di attività difensiva delle controparti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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