Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 31-07-2012, n. 13704

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
1. Con ricorso depositato il 16.9.2005 M.F. adiva il tribunale di Treviso, quale giudice del lavoro, convenendo in giudizio il proprio datore P. Spa, premettendo che: aveva lavorato alle dipendenze della P. s.p.a. dal 18.6.2001 con la qualifica di impiegalo e livello quadro; dal gennaio 2003 aveva prestato attività presso l’Ipermercato di (OMISSIS) con la mansione di capo area deperibili; dall’1.3.2004 era trasferita presso detto ipermercato anche la stg.ra G. L., che proveniva dal Centro P. di (OMISSIS), con mansione di capo reparto pescheria;
dal 15.3.2004 la G. iniziava la propria attività di lavoro e si rendeva responsabile di tutta una serie di inadempienze, prontamente riscontrate dal capo area M.; ad esempio la G. fece distruggere le schede di sanificazione dei prodotti, non preparava tempestivamente il banco vendita della pescheria, arrivava in ritardo ed inoltre i risultati gestionali del reparto pescheria avevano subito una flessione; il M. era pertanto costretto a rimproverare e richiamare continuamente la G., a causa della manifesta mancanza di preparazione e professionalità della stessa, in adempimento delle proprie funzioni lavorative di capo arca;
inoltre il M., a causa delle inadempienze della G., era stato rimproverato dal direttore dell’ipermercato sig. S.; si era così creata una situazione di costante dissenso tra il ricorrente e la G., per motivi imputabili esclusivamente a quest’ultima, mentre il ricorrente aveva rivolto alla stessa critiche e contestazioni verbali sempre con il massimo rispetto e senza alcuna prevaricazione o prepotenza; in data 10.4.2004 la G. aveva importunato il ricorrente, ponendo volontariamente la mano sui genitali dello stesso, approfittando del fatto che era rimasta sola con lui durante le operazioni di trasporto dei banchi di refrigerazione; in quell’occasione la G. chiedeva al ricorrente per quale ragione fosse dallo stesso continuamente rimproverata; il M., incredulo per l’accaduto, allontanava e respingeva la G., che dopo alcuni minuti ripeteva inspiegabilmente lo stesso gesto; il giorno dopo il ricorrente riferiva l’episodio alla moglie, al collega R. e al sig. Ma.Sa., militare dei NAS, ma purtroppo decideva di non avvertire i superiori e la direzione al fine di evitare spiacevoli inconvenienti alla G.; in data 2.8.2004 il M. era stato convocato presso la direzione e in quell’occasione gli veniva riferito, in modo assolutamente vago, che la G. aveva richiesto di essere sentita in merito a fatti accaduti il 10.4.2004; nella medesima occasione la direzione interrogava il ricorrente su quanto avvenuto in quella data e lo invitava a rassegnare le dimissioni; con missiva dell’8.8.2004 il M. spiegava il reale accadimento dei fatti del (OMISSIS) e sottolineava che la G. era stata continuamente richiamata verbalmente a causa di sue inadempienze; seguiva la contestazione disciplinare del 20.8.2004, con la quale il M. era accusato di aver commesso una serie di riprovevoli atteggiamenti di molestia a carattere sessuale, nonchè l’immediata sospensione cautelare dal lavoro; il ricorrente inviava missiva del 25.8.2004 negando ogni addebito; in data 13.9.2004 la ditta datrice di lavoro intimava il licenziamento in tronco per giusta causa; con raccomandata del 23.9.2004 il M. impugnava il licenziamento; il provvedimento espulsivo doveva ritenersi illegittimo in primo luogo per mancato riscontro dell’attendibilità delle dichiarazioni della G., in quanto non erano state assunte informazioni dalle persone presenti la sera del 10.4.2004 all’interno del supermercato; l’azienda resistente non aveva inoltre sentito le persone indicate dal M. ed informate da quest’ultimo, in epoca non sospetta, del reale accadimento dei fatti avvenuti, ma aveva acquisito informazioni solo dal personale dell’ipermercato di (OMISSIS), ove il ricorrente aveva cessato di lavorare da oltre un anno e mezzo; il ricorrente deduceva altresì che nella lettera di contestazione non erano stati indicati i nominativi delle persone dipendenti dell’ipermercato di (OMISSIS) che lo avevano accusato, rendendo impossibile ogni difesa sul punto, con violazione anche del principio di immediatezza della contestazione; in conseguenza del licenziamento illegittimo, il M. aveva diritto alla tutela reale, nonchè al ristoro di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti e quantificati in Euro 300.000,00.
2. Si costituiva ritualmente la società resistente chiedendo, nel merito, il rigetto delle domande ex adverso proposte, poichè infondate in fatto ed in diritto. Esponeva la società datrice di lavoro che il licenziamento impugnato era legittimo, contestando la fondatezza di tutte le doglianze della controparte. Specificatamente deduceva la resistente che l’attendibilità della G. era stata attentamente riscontrata e che sussisteva altresì il rispetto del principio di immediatezza della contestazione, considerala la delicatezza della vicenda e valutata la necessità di accertare, anche nell’interesse del ricorrente, con ampia istruttoria interna il reale accadimento dei gravissimi fatti in contestazione. In estremo subordine la convenuta contestava la sussistenza dei danni lamentati in ricorso e chiedeva detrarsi aliunde perceptum e l’aliunde percipiendum.
Assunta della prova testimoniate, il tribunale, ritenendo che i fatti addebitati fossero stati dimostrati dall’istruttoria espletata, respingeva ogni domanda del ricorrente.
3. Il M. impugnava la decisione con atto d’appello per i plurimi motivi.
La società, ritualmente costituitasi, resisteva al gravame.
La corte d’appello di Venezia con sentenza del 27 gennaio 2009 – 1 agosto 2009 rigettava l’appello confermando la pronuncia di primo grado e condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado.
4. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il M. con tre motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è articolato in tre motivi.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione con riguardo ai fatti posti a fondamento del licenziamento e al mancato riscontro da parte della società dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla sig.ra G. L. Evidenzia che la società nel corso del procedimento disciplinare non procedette a verificare l’attendibilità di tali dichiarazioni. In ogni caso queste ultime non potevano considerarsi attendibili giacchè smentite in particolare dalle dichiarazioni di Mi.Gi. addetto alla sicurezza dell’ipermercato.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ancora vizio di motivazione in riferimento alla genericità della contestazione disciplinare e alla mancata instaurazione del contraddittorio sui fatti posti a fondamento dei licenziamento.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione circa la tardività della contestazione dell’addebito disciplinare. La società, pur avendo ricevuto le dichiarazioni della G. in data 31 luglio 2004, aveva proceduto alla contestazione dell’addebito soltanto a mezzo della comunicazione del 20 agosto 2004, e cioè oltre il 20 giorno.
2. Il ricorso – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – è infondato.
Va esaminato innanzitutto il terzo motivo che è infondato: la contestazione dell’addebito ha seguito il fatto contestato in un tempo ragionevolmente contenuto stante la necessità per la società di verificare fatti così gravi ed anche penalmente rilevanti, prima di contestarli al suo dipendente. Cfr. Cass., sez. lav., 17 settembre 2008, n. 23739, che ha affermato che secondo cui l’addebito deve essere contestato immediatamente, va intesa in un’accezione relativa, ossia tenendo conto delle ragioni oggettive che possono ritardare la percezione o il definitivo accertamento e valutazione dei fatti contestati, soprattutto quando il comportamento del lavoratore consista in una serie di fatti che, convergendo a comporre un’unica condotta, esigono una valutazione unitaria, sicchè l’intimazione del licenziamento può seguire l’ultimo di questi fatti, anche ad una certa distanza temporale da quelli precedenti (nella specie – così come nel caso in esame – la contestazione riguardava condotte penalmente rilevanti).
Anche il secondo motivo è infondato perchè l’addebito era puntualmente indicato nella contestazione con riferimento alla vicenda del 10 aprile 2004 e alle asserite molestie sessuali che, quel giorno, il dipendente aveva arrecato ad altra dipendente (G.L.).
Infine il primo motivo è parimenti infondato. Da una parte non rileva, sotto i profilo della correttezza del procedimento disciplinare, l’avvenuta previa verifica, in termini di assoluta esaustività, da parte del datore di lavoro della sussistenza dell’addebito disciplinare, atteso comunque che in giudizio, nel contraddittorio delle parti, è possibile un pieno accertamento dei fatti; nè il ricorrente ha indicato elementi di fatti da cui poter desumere il carattere prematuro ed "avventato" della contestazione dell’addebito. Inoltre i giudici di merito, con motivazione sufficiente e non contraddittoria, hanno apprezzato le risultanze di causa pervenendo al convincimento della piena attendibilità della narrazione dei fatti da parte della G.. Quest’ultima peraltro ha proposto querela e in sede penale il ricorrente è stato ritenuto responsabile del reato previsto dall’art. 609 bis c.p. (violenza sessuale); sicchè – può rilevarsi – anche il giudice penale ha ritenuto attendibile la parte offesa.
3. Il ricorso va quindi rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 35,00, oltre Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorario d’avvocato ed oltre IVA, CPA e spese generali.
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012
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