Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1.1. La curatela del fallimento di F.F. (junior), cessionario – con atto 7.12.92, anteriore alla dichiarazione del suo fallimento, di cui a sentenza del 7.5.94 del tribunale di S. Maria Capua Vetere dell’impresa individuale di trasporti F.F. (senior), convenne in giudizio – con citazione del 5.12.97 – dinanzi al tribunale di Napoli la Regione Campania – da tempo subentrata alle funzioni statali in materia – per sentirla condannare al risarcimento dei danni derivati dalla complessiva condotta, seguita all’annullamento della revoca del provvedimento di decadenza della cedente dalle concessioni di alcune autolinee urbane (reso il 20.11.71 ed annullato dal Consiglio di Stato il 6.4.73), di mancata concessione dell’effettiva gestione delle medesime autolinee dagli anni successivi al 1974, dopo un formale provvedimento di reintegrazione e nonostante almeno due sentenze del giudice amministrativo, del 1979 e del 1993.
1.2. La Regione Campania resistette alla domanda, eccependo l’intervenuta prescrizione dell’avversa pretesa, la carenza della propria passiva legittimazione e comunque l’infondatezza nel merito;
ma il tribunale partenopeo, con sentenza del 25.10.01, accolse l’eccezione di prescrizione per i danni anteriori di oltre un decennio rispetto alla proposizione della domanda e, per quelli successivi, rigettò la domanda per ritenuta carenza di prova.
1.3. La curatela interpose appello; e, costituendosi lo stesso giorno dell’udienza di comparizione fissata nella relativa citazione, la Regione Campania contestò il gravame, stavolta anche negando la legittimazione attiva della controparte; all’esito del giudizio di secondo grado, la corte di appello di Napoli ritenne tale ultima eccezione ritualmente proposta e fondata nel merito, qualificando la pretesa azionata come relativa a responsabilità extracontrattuale per difetto di prova del contratto-concessione e, di conseguenza, estranea alla cessione d’azienda, siccome inerenti a rapporti personali.
1.4. Per la cassazione di tale sentenza, resa il 21.1.06 col n. 228, ricorre la curatela, affidandosi a tre motivi, illustrati da memoria;
resiste con controricorso la Regione Campania.
Motivi della decisione
2. La ricorrente formula tre motivi:
2.1. con un primo – rubricato violazione e falsa applicazione del disposto di cui agli artt. 324 e 343 c.p.c. nonchè dell’art. 2909 c.c. "giudicato formale e sostanziale" (art. 360 c.p.c., n. 3) – Eccezione di giudicato interno – essa invoca la formazione del giudicato interno, malamente non rilevato dalla corte territoriale, sulla legittimazione attiva e sulla qualificazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio (oltre che sulla legittimazione passiva della Regione), per mancata proposizione di appello incidentale avverso le relative statuizioni, presupposte dal rigetto in primo grado per accoglimento dell’eccezione di prescrizione e per ritenuta carenza di prova sull’esistenza di un danno;
2.2. con un secondo – rubricato violazione e falsa applicazione dell’art. 2559 c.c. in relazione al combinato disposto di cui agli art. 1260, 1218 e 1223 c.c., nonchè dell’art. 2043 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) – essa ribadisce di vantare, in forza delle pronunzie del Consiglio di Stato del 1973 e del T.A.R. Campania n. 45/93, un vero e proprio diritto soggettivo dell’impresa cedente ad essere reintegrata nella gestione delle autolinee dalla cui concessione era stata illegittimamente dichiarata decaduta, nonchè al risarcimento del danno derivante dal relativo inadempimento della Regione:
concretante quest’ultimo un credito che, in quanto tale, senz’altro rientrava nella cessione, perchè inerente alla gestione dell’azienda ceduta;
2.3. con un terzo – rubricato omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio (art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 111 Cost. – comma 6 – + art. 132 c.p.c., n. 4) – essa contesta la conclusione del carattere personale del diritto di credito al risarcimento del danno, siccome fondato sull’art. 2043 cod. civ., per erronea valutazione di un cospicuo complesso probatorio, da cui inferire l’esistenza ed il contenuto della concessione-contratto.
3. Dal canto suo, la controricorrente ribatte per la correttezza delle soluzioni adottate dalla corte territoriale sulla sufficienza della contestazione, quale mera difesa dell’appellata, della titolarità attiva del rapporto dedotto in giudizio, non essendovi sul punto stata alcuna soccombenza e comunque avendo essa Regione contestato gli effetti del contratto di cessione posto a fondamento della domanda avversaria; e, richiamata l’intrasmissibilità, in forza della cessione di azienda, del credito per risarcimento di danno personale o ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.: ribadisce l’eccezione di prescrizione, oltretutto quinquennale ai sensi dell’art. 2947 cod. civ.; ricorda essere stata la Delib. Giunta Regionale n. 6697 del 1993 – con cui fu reintegrata l’impresa cedente nella concessione e nella gestione delle autolinee – espressamente condizionata alla prova, da fornirsi dalla concessionaria, del possesso dei requisiti di cui alla L.R. n. 40 del 1975, art. 10;
infine, contesta anche la sussistenza di qualunque danno, per essere stata caratterizzata l’impresa cedente da gravosi deficit gestionali, con conseguente inapplicabilità pure dell’art. 1226 cod. civ.; non manca di sottolineare la scorrettezza e l’inaffidabilità dei parametri presuntivi di computo dei mancati ricavi o l’irrilevanza di meri prospetti contabili di parte.
4. In via assolutamente preliminare, non può ritenersi fondato il primo motivo, relativo alla formazione di giudicato interno sulla legittimazione attiva e sulla natura contrattuale del credito: si tratta, invero, di fatti certamente presupposti dalla decisione di primo grado, ma, siccome suscettibili di contestazioni mediante mere difese ad opera della controparte, idoneamente rimessi in discussione con la riproposizione delle relative contestazioni ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ..
5. Da un punto di vista logico, va ora affrontato il terzo motivo (in connessione con il correlativo profilo prospettato con il secondo, relativo all’esclusione della natura contrattuale della responsabilità e di ogni altra pretesa dell’attrice in primo grado):
ma neppure questo è fondato. Ed infatti:
5.1. è ben vero:
che la corte territoriale fonda la qualificazione della responsabilità azionata dall’odierna ricorrente come extracontrattuale sulla base dell’omessa produzione del contratto- concessione originario;
– e che la ricorrente, sostenendo la non necessità di tale produzione, argomenta espressamente, sviluppando il terzo motivo di ricorso, sulla sufficienza di altri documenti, specificamente indicati, se complessivamente considerati;
5.2. e tuttavia:
– è necessario che il ricorso stesso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (ex plurimis: Cass. 9 giugno 2011, n. 12713; Cass. 4 aprile 2006, n. 7825);
– pertanto, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla sua trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che la Suprema Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (con principio affermato ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., comma 1 (Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915);
– non può la memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. sopperire ad eventuali carenze o lacune del ricorso, fungendo essa da mera illustrazione di tesi e difese già ritualmente proposte: da un lato, il ricorso per cassazione deve essere proposto, a pena di inammissibilità, con unico atto avente i requisiti di forma e contenuto indicati dalla pertinente normativa di rito (tra le molte:
Cass. 31 maggio 2010, n. 13257; Cass., Sez. Un., 11 novembre 1994, n. 9409; Cass. 10 febbraio 2005, n. 2704); dall’altro lato, detta memoria ha la funzione di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli (Cass. 29 marzo 2006, n. 7237; Cass., ord. 23 agosto 2011, n. 17603);
5.3. pacifica l’omessa produzione della concessione-contratto in corso di causa, non può apprezzarsi, quindi, in questa sede, la tesi della natura contrattuale della responsabilità, in quanto basata su altri documenti, di cui manca però la trascrizione integrale (o, se non altro, dei passaggi salienti e decisivi, non essendo sufficiente il loro mero riepilogo o riassunto);
5.4. tale situazione comporta l’inammissibilità della censura alla qualificazione della responsabilità come extracontrattuale, operata dalla corte territoriale: con l’ulteriore conseguenza dell’irretrattabilità di tale conclusione ad ogni ulteriore fine, anche sotto i relativi profili prospettati nel secondo motivo ed ivi coinvolti.
6. Tale conclusione non toglie, peraltro, che sia fondata la doglianza – agitata prevalentemente con i preponderanti profili del secondo motivo di ricorso sull’esclusione della pretesa risarcitoria dall’ambito della cessione di azienda, benchè relativa ad una fattispecie di responsabilità extracontrattuale:
6.1. invero, a ben guardare, comunque non rileva (e tanto meno osta), ai fini della ricomprensione del credito risarcitorio nell’ambito della cessione di azienda, che la responsabilità prefigurata sia di natura extracontrattuale;
6.2. sul punto, questa corte regolatrice ha già – con orientamento cui il Collegio ritiene di dare continuità: Cass. 13 giugno 2006, n. 13676 – ritenuto che:
– la cessione dell’azienda, a norma dell’art. 2559 cod. civ., ha carattere unitario ed importa il trasferimento al cessionario, insieme a tutti gli elementi costituenti l’universitas e senza necessità di una specifica pattuizione nell’atto di trasferimento, di tutti i crediti inerenti alla gestione dell’azienda ceduta (Cass. 27 marzo 1996, n. 2714; Cass. 5 maggio 1995, n. 4873, che qualifica il fenomeno come una cessione ex lege; Cass. 9 settembre 1978, n. 4094; Cass. 13 luglio 1973, n. 2031; Cass. 22 gennaio 1972, n. 171);
– presupposto della cessione del credito, in tal caso, è la sua inerenza alla gestione dell’azienda, mentre ricorrendo tale presupposto – un ostacolo estrinseco al trasferimento può derivare esclusivamente dalla volontà contraria delle parti del contratto di cessione d’azienda;
il carattere personale del rapporto, ostativo al trasferimento in capo al cessionario, è menzionato, invece, solo dall’art. 2558 cod. civ., che disciplina la sorte dei contratti, ma ciò si spiega in considerazione del ruolo che in essi può assumere il fattore personale della prestazione (Cass. 25 luglio 1978, n. 3723; Cass. 12 aprile 2001, n. 5495);
– espressamente sono stati qualificati compresi nella cessione di azienda i crediti risarcitori o altri di natura chiaramente extracontrattuale, purchè appunto inerenti all’attività d’impresa (per una fattispecie, in cui si discuteva del credito nei confronti di un lavoratore dipendente, per i danni dal medesimo arrecati eseguendo negligentemente i compiti affidatigli, v. Cass. 5 maggio 1995, n. 4873; per il trasferimento del diritto all’indennizzo in un caso di accessione invertita, v. Cass. Sez. Un., 1 ottobre 1993, n. 9802; per le azioni, sebbene non ancora proposte, atte a recuperare taluno dei componenti dell’azienda: Cass. 27 luglio 1983, n. 5152);
6.3. pertanto, erra la corte territoriale nel qualificare come personale il credito ed in quanto tale escluso dalla cessione, su tale assunto rigettando la domanda risarcitoria, restando tautologica e quindi non sorretta da motivazione la tesi della non inerenza del credito all’azienda: al contrario, inerisce proprio alle potenzialità stesse dell’estrinsecazione dell’attività di impresa – e cioè al suo stesso esercizio – la depauperazione attuale o potenziale del patrimonio aziendale conseguente alla distorsione o compressione della possibilità di svolgimento di quella stessa attività, come quella di trasporto pubblico ed in quanto soggetta a regime di concessione, dovute alla condotta assunta come illegittima della pubblica amministrazione preposta al settore, con prospettazione della lesione dei suoi interessi sia oppositivi (decadenza dalla concessione dei primi anni 70, nei limiti peraltro in cui i relativi danni non siano oggetto della già rilevata e non contestata prescrizione) che pretensivi (proroga della precedente concessione e reintegrazione nella gestione delle autolinee che ne erano oggetto, anche in tal caso con limitazione dei relativi danni ai periodi non prescritti);
6.4. beninteso, è chiaro che la natura extracontrattuale della responsabilità regolerà ogni altro aspetto, tra cui l’onere della prova ed il termine prescrizionale: ma tali punti non sono oggetto del presente giudizio.
7. In definitiva:
7.1. la gravata sentenza va quindi cassata, perchè non si è attenuta ai ricordati principi e male ha ritenuto la necessità di un’espressa ricomprensione di detti crediti nella cessione, anzichè rilevare che sarebbe al contrario occorsa un’esplicita esclusione di quelli, esclusione che, nella fattispecie, pacificamente non vi è stata;
7.2. il giudice del rinvio – che si individua nella stessa corte territoriale, ma in diversa composizione, cui è opportuno rimettere pure ogni provvedimento sulle spese del giudizio di legittimità – esaminerà quindi l’appello sotto ogni altro profilo non precluso dalla decisione in questa sede della suddetta questione sulla titolarità attiva della pretesa azionata, attenendosi al seguente principio di diritto: anche il credito per il risarcimento dei danni derivanti dalla compressione o perfino dall’inibizione della stessa attività imprenditoriale, causata, in tesi, dal fatto illecito altrui, rientra tra i crediti compresi – salva l’operatività di un’espressa esclusione – nella cessione dell’azienda; e non rilevando a tale specifico fine che la responsabilità prefigurata sia di natura extracontrattuale, neppure nel caso in cui l’attore deduca la lesione di interessi legittimi pretensivi od oppositivi per condotta illegittima della P.A.;
7.3. ferma, siccome irretrattabile per l’inammissibilità della censura alla relativa statuizione, la qualificazione della responsabilità come extracontrattuale, con ogni conseguenza anche ai fini dell’identificazione del relativo termine prescrizionale e dell’onere della prova, al giudice del rinvio sono devolute tutte le altre questioni malamente ritenute assorbite – nella qui cassata sentenza, tra cui anche l’esclusione del danno o dei presupposti per una valutazione equitativa – in base all’erroneo argomento dell’esclusione del credito risarcitorio dalla cessione, purchè ritualmente proposte con il primo gravame.
P.Q.M.
La Corte accoglie, per quanto di ragione, il secondo motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012
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