Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-01-2013) 27-02-2013, n. 9396

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La Corte militare di appello ha confermato la sentenza con cui il Tribunale militare di Verona ha condannato M.G. e C.D., ambedue con il grado di caporale maggiore scelto, per il reato di violata consegna, aggravata dall’essere militari rivestiti in grado ed in concorso, perchè in servizio presso il XXX (aeromobile) "Trieste" in (OMISSIS), comandati in servizio di vigilanza presso l’Aeroporto (OMISSIS), violavano la consegna e si fermavano con il mezzo di servizio sul retro dell’hangar della ditta B., il M. per ascoltare musica da una piccola radio munita di auricolare, e il C. per darsi alla lettura di un quotidiano, così omettendo di vigilare il percorso loro assegnato. La Corte militare ha confermato la pena irrogata a C.D. della reclusione militare di mesi due e, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto la pena irrogata a M.G. a mesi uno e giorni dieci di reclusione miliare, previa concessione d’ufficio della circostanza attenuante di cui all’art. 48 c.p.m.p. per il provato valore come emergente dalla lettura del foglio matricolare allegato agli atti di causa. In esso si attesta che il M. si è distinto per un atto di ardimento nell’ambito di una specifica impresa connessa con le finalità proprie delle Forze Armate, come appartenente alla Task torce X, operante nell’operazione "X" in X.
Dopo aver ricordato il complesso iter processuale, segnato dall’annullamento con sentenza n. 19862 del 2009 di questa Corte, della sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di La Spezia, la Corte militare ha valorizzato gli elementi di prova costituiti dalle deposizioni dei testimoni mar. Mo. e serg. m., che hanno entrambi confermato di aver visto i due imputati, a motore spento sul mezzo di servizio, l’uno "intento ad ascoltare una radiolina con auricolare", l’altro "intento nella lettura di un quotidiano". Ha quindi precisato che le condotte sono state pienamente accertate, dopo aver premesso che le deposizioni rese dai testimoni in fase di indagine e confermate in fase processuale vanno lette congiuntamente, dando a quelle più risalenti nel tempo, e perciò più vicine all’epoca dei fatti, maggiore attendibilità e valenza di prova. Nè può dirsi, a giudizio della Corte militare, che il valore probatorio sia sminuito dal semplice fatto che il teste Mo., a distanza di quasi quattro anni dai fatti, abbia tentennato soltanto sulla circostanza relativa all’accensione o meno della radiolina e dell’auricolare inserito nell’orecchio.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso con atti separati ma in gran parte sovrapponibili nel contenuto, per mezzo del difensore avv.to N., M.G. e C.D., deducendo:
– violazione di legge e difetto di motivazione.
Il testimone principale a carico, Mo., per come affermato in sentenza, ha tentennato sulla circostanza relativa all’accensione o meno della radiolina e dell’auricolare inserito nell’orecchio, e questa incertezza inficia l’intero complesso probatorio, peraltro connotato dall’assenza di univocità delle varie deposizioni testimoniali, anche nella parte relativa specificamente alla posizione del C.. L’impianto argomentativo è poi viziato da illogicità e contraddittorietà interna nella parte in cui è affermato che gli atti probatori vanno letti congiuntamente, dando però maggiore attendibilità alle deposizioni più risalenti nel tempo perchè più vicine all’epoca dei fatti.
C.D. ha poi articolato un altro motivo:
– violazione di legge per avere omesso di valutare, come invece è stato fatto per il coimputato M. ai sensi dell’art. 597 c.p.p., comma 5, la ricorrenza della circostanza attenuante di cui all’art. 48 c.p.m.p., a fronte della comprovata partecipazione del ricorrente alle missioni di pace in X (X), in X, in X (X) e in X.
Motivi della decisione
I motivi sono manifestamente infondati per le ragioni di seguito esposte. La sentenza impugnata ha ben motivato in ordine ai dati probatori raccolti, dando adeguata e logica spiegazione delle ragioni per le quali sostengono l’affermazione di responsabilità per i fatti ascritti. Ha in particolare esaminato le deposizioni testimoniali del mar. Mo. e del serg. m., che videro i due imputati, l’uno "a motore spento sul mezzo, l’uno "intento ad ascoltare una radiolina con auricolare", l’altro "intento nella lettura di un quotidiano"" (fl. 10 della sentenza).
Non v’è poi alcuna contraddizione o logica incoerenza nel ritenere, alla luce di un complessivo esame delle dichiarazioni rese da uno stesso testimone e delle quali possa apprezzarsi la sostanziale continuità e uniformità, che quelle rese in prossimità all’evento narrato siano fisiologicamente più precise, per l’evidente maggiore nitidezza dei ricordi, senza che ciò implichi un giudizio di inaffidabilità delle successive, magari rese nella fase dibattimentale, e caratterizzate da qualche incertezza. Si può anzi osservare che imprecisioni e incapacità di riferire i dettagli di una vicenda ad una consistente distanza temporale dai fatti di riferimento, dopo che nella fase delle indagini quello stesso soggetto descrisse anche i particolari della vicenda di rilievo, siano il segno della genuinità della sua deposizione testimoniale, il cui valore probatorio resta integro, sempre che ovviamente sia ribadito e confermato il nucleo centrale del racconto.
Una volta che sia definito il materiale informativo utilizzabile come prova all’esito del giudizio, anche le dichiarazioni predibattimentali, ivi eventualmente comprese, concorrono legittimamente alla formazione del convincimento giudiziale e di esse può quindi valutarsi, nella comparazione con quelle rese in dibattimento da uno stesso soggetto, la maggiore precisione nella descrizione anche di dettaglio.
E’ manifestamente infondato, infine, il motivo proposto soltanto dal C., dal momento che la circostanza attenuante di cui all’art. 48 c.p.m.p. per il provato valore espresso in operazioni militari non può essere invocata e pretesa per il solo fatto della partecipazione a missioni internazionali all’estero, pur di significativa importanza, dovendo comunque essere riservato al giudice del merito l’apprezzamento di specifici fatti che qualifichino specificamente il profilo professionale del singolo soggetto.
I ricorsi, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente condanna alle spese e per ciascuno dei ricorrenti a una somma, che si reputa equa nella misura di Euro 1000,00, in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa degli stessi nella determinazione della causa d’inammissibilità, secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013

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