Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-01-2013) 20-02-2013, n. 8122

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Svolgimento del processo
Con sentenza n. 12085, in data 19.12.2011, deposita il 30.3.2012, la Corte Suprema di cassazione, Sezione 6A penale, rigettò il ricorso proposto da I.P. avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 6.12.2010, con la quale, in parziale riforma della sentenza del G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria in data 18.9.2009, I. era stato assolto dal reato di concorso esterno nell’associazione mafiosa denominata cosca R. per insussistenza del fatto e la pena nei suoi confronti, per il reato di concorso esterno nell’associazione mafiosa denominata cosca Crea, era stata determinata in anni 3 mesi 4 di reclusione ed il risarcimento dei danni a favore della parte civile ridotto ad Euro 100.000.
Propone ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p., il difensore del condannato deducendo che la Corte di cassazione sarebbe incorsa in un errore percettivo laddove ha ritenuto che, al decisivo quesito circa il fatto "se l’individuazione dei terreni su cui avrebbe dovuto sorgere il Contro Commerciale, sia stata precedente alle Delib. n. 24 e 25 del 28.6.2000 e soprattutto se tali terreni sono stati dolosamente inseriti nel nuovo piano commerciale da I. in virtù di un preventivo accordo politico – mafioso con il boss C.", la Corte d’appello aveva offerto "una risposta affermativa, completa e convincente fondata su elementi probatori sopra indicati, analizzati singolarmente nella loro valenza indiziante e valutati complessivamente come univocamente espressivi del contributo fornito dall’imputato all’associazione mafiosa".
Secondo il ricorrente l’errore percettivo consiste nel fatto che la sentenza di legittimità rimanda ai fogli 85 – 97 della sentenza della Corte d’appello, laddove in tale parte della pronunzia, sono state riprodotte le dichiarazioni del collaboratore di giustizia B.B., intercettazioni ambientali e rapporti di frequentazione, nessuno dei quali dimostrerebbe l’assunto posto a base della decisione.
L’adozione delle delibere era stata imposta dalla Regione Calabria ed il Comune di R. aveva l’obbligo di adottarle entro il 30 giugno. Inoltre nella domanda non era stato indicato alcuno specifico terreno ed alla data del 30.6.2000 il ricorrente non era in possesso di alcuno specifico terreno.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625 bis c.p.p., (Cass. Sez. U., Sentenza n. 37505 del 14/07/2011 dep. 17/10/2011 Rv.
250527).
Nel caso in esame, con il ricorso proposto, si propone una diversa valutazione, rispetto a quella contenuta nella sentenza, circa l’esistenza di una prova, che non esisterebbe nell’incarto processuale.
La Corte di cassazione ha rilevato che la diversa valutazione dell’Avvocatura dello Stato e della Commissione prefettizia, si fondava su dati formali, superati dalla ricostruzione della Corte d’appello.
Si tratta quindi non di un errore percettivo, ma di un giudizio, non censurabile con lo strumento del ricorso straordinario.
E’ peraltro inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto con il quale si deducano pretesi errori di lettura, comprensione o valutazione di atti processuali del giudizio di merito, invece di una inesatta percezione di risultanze direttamente ricavabili da atti relativi al giudizio di cassazione. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17362 del 15/04/2009 dep. 23/04/2009 Rv. 244067. Conf.
Cass. Sez. 6, Sentenza n. 25121 del 02/04/2012 dep. 22/06/2012 Rv.
253105).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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