T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 21-01-2011, n. 660

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
Con il ricorso introduttivo, l’istante, premesso di aver partecipato al concorso pubblico indicato in oggetto, esponeva di aver conseguito il punteggio di 81,500 totale, di cui 25/30 per la prova scritta teorica, 24/30 per la prova pratica, 20/20 per la prova orale e 12,500 per i titoli, collocandosi al secondo posto della graduatoria, dopo la contro interessata; in particolare, evidenziava di aver ottenuto 10 punti per titoli di carriera, 1 punto per titoli accademici, 1 punto per pubblicazioni e titoli scientifici e 0,550 punti per il curriculum formativo. Conseguentemente l’istante lamentava la mancata attribuzione dei punteggi relativi allo svolgimento di numerosi incarichi di livello dirigenziale presso enti pubblici, nonché di funzioni consultive presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero delle infrastrutture ed altresì la sottrazione dei punti relativi all’insegnamento presso la L. e l’Università T. V.. Ancora lo stesso deduceva la mancata valutazione di due altre lauree e, nell’ambito del curriculum, della qualifica di avvocato cassazionista e delle funzioni di titolarità dell’ufficio legislativo della CRI. Lamentava la diversità dei parametri seguiti nei confronti della controinteressata divenuta vincitrice del concorso. Di tal chè, l’istante formulava le seguenti censure:
1 – violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., violazione del principio di buon andamento ed illegittimo esercizio della discrezionalità amministrativa; violazione e falsa applicazione dell’art. 61 commi 4, 5 e 6 d.P.R. n. 483 del 1997, che stabilisce i punteggi massimi attribuibili a ciascuna categoria di titoli ed indica i criteri da seguire; violazione del DPCM 29 settembre 2004 n. 295, che definisce i titoli postuniversitari; eccesso di potere per manifesta ingiustizia;
2 – violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 61 d.P.R. n. 483 del 1997 con riferimento alla posizione della contro interessata e eccesso di potere per disparità di trattamento, in ragione della non giustificabilità della valutazione effettuata nei confronti della contro interessata.
L’istante, pertanto, formulata istanza istruttoria di accesso agli atti, chiedeva l’annullamento della graduatoria e avanzava la domanda di risarcimento dei danni in epigrafe riportata.
Con decreto n. 3401 del 2010, emesso inaudita altera parte, questa Sezione respingeva l’istanza di misure monocratiche cautelari d’urgenza per mancanza del presupposto del periculum in mora.
Si costituiva l’Azienda intimata, eccependo l’inammissibilità del ricorso perché rivolto avverso atto meramente predisposto dalla commissione esaminatrice, prima che fosse riconosciuta la regolarità degli atti concorsuali da parte dell’amministrazione ed in assenza, dunque, della relativa delibera di approvazione. Circa la domanda di sospensione dell’atto impugnato, l’azienda depositava il decreto del Commissario ad acta per la Sanità del Lazio, con cui si vietava alle Aziende di procedere ad assunzioni, evidenziando che il posto messo a concorso non poteva comunque essere coperto.
Prima della camera di consiglio per la discussione della domanda cautelare, il ricorrente notificava all’Azienda ed alla contro interessata i primi motivi aggiunti avverso la deliberazione del Direttore generale n. 516 del 2010, nella parte in cui assegnava al ricorrente il punteggio richiamato, riproponendo – a seguito dell’intervenuto accesso – le censure già formulate nel ricorso introduttivo e le domande di annullamento e di risarcimento del danno.
Si costituiva la controinteressata, eccependo l’inammissibilità del ricorso introduttivo e chiedendo in ogni caso il rigetto della domanda.
Era respinta l’istanza cautelare per assenza di periculum ed era fissata l’udienza di discussione con ordinanza n. 4419 del 2010.
Con i secondi motivi aggiunti, il ricorrente impugnava, altresì, la nota di comunicazione dell’esito del concorso alla controinteressata e gli atti conseguenti, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., nonché del principio di difesa di cui all’art. 24 Cost., la violazione dell’art. 12, d.lgs. n. 53 del 2010 ed ulteriori profili di eccesso di potere.
Di seguito, dunque, la controinteressata proponeva ricorso incidentale, con cui, preliminarmente eccepita l’inammissibilità del ricorso introduttivo, deduceva i seguenti vizi: violazione delle disposizioni del bando di concorso, degli artt. 2 e 5, d.P.R. n. 487 del 1994, dell’art. 127 t.u. n. 3 del 1957 e dell’art. 26, d.P.R. n. 165 del 2001, poiché il ricorrente avrebbe dovuto essere escluso dal concorso per mancata esatta compilazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio in merito alla risoluzione di pendenti rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione, in merito alla omessa dichiarazione della decadenza dal servizio svolto quale magistrato del TAR, nonchè al licenziamento dalla SIAE ed ai procedimenti penali pendenti.
A seguito di accesso agli atti, la controinteressata proponeva motivi aggiunti ai sensi dell’art. 43, d.lgs. n. 104 del 2010 con cui censurava nuovamente per violazione dell’art. 2, comma 7, d.P.R. n. 487 del 1994 e dell’art. 2 del bando di concorso.
All’udienza di discussione la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
In via preliminare, osserva il Collegio che le eccezioni di inammissibilità proposte dalla controinteressata, appaiono fondate con riferimento alla mancata notifica nei termini alla stessa ed all’omesso deposito dell’atto introduttivo notificato; esse riguardano esclusivamente il ricorso principale che, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile in quanto risulta documentalmente depositato – a prescindere dall’ulteriore questione sul mancato perfezionamento della notifica alla contro interessata – in data 28 settembre 2010 e, dunque, oltre il termine decadenziale di 30 giorni (considerata altresì la sospensione feriale). Può essere in conseguenza assorbito ogni ulteriore profilo di inammissibilità dedotto dalla parte resistente.
Tuttavia, va considerato che le censure avanzate con il ricorso introduttivo erano riproposte dal ricorrente nel primo atto di motivi aggiunti, correttamente notificato nel rispetto del contraddittorio. Ora il fondamentale principio di conservazione dei valori giuridici, che trova la sua naturale giustificazione nel rilievo che, quando è possibile recuperare un qualunque risultato utile a disciplinare un rapporto giuridico, si deve propendere per la soluzione che consenta di salvare il risultato stesso, impone di considerare ammissibili i motivi aggiunti, in quanto gli stessi rispettano le formalità previste per la proposizione di un nuovo ricorso, secondo l’innovazione introdotta all’art. 21 l. n. 1034/1971 dalla l. n. 205/2000 che ammette la proposizione dei motivi aggiunti anche per impugnare nuovi provvedimenti.
Passando, dunque, all’esame della controversia, va rilevato che secondo i principi contenuti nella Adunanza Plenaria 15 aprile 2010, n. 2155, deve essere nella specie scrutinato con priorità il ricorso incidentale, tenuto conto che con questo si contesta la carenza da parte del dott. P. di un requisito generale di partecipazione al concorso, mentre con il ricorso principale si invoca la collocazione dell’interessato al secondo posto della graduatoria e, quindi, l’inesatta valutazione dei suoi titoli e di quelli della controinteressata. Infatti, la eventuale fondatezza del ricorso incidentale comporterebbe necessariamente l’esclusione del ricorrente principale dalla partecipazione allo svolgimento delle prove, con conseguente insussistenza di qualunque interesse a censurarne ipotetici vizi.
Ciò premesso, va rilevato che, ai fini dell’accoglimento della domanda contenuta nel ricorso incidentale, è sufficiente valutare la mancata inserzione da parte del ricorrente principale, nella domanda di partecipazione al concorso, del servizio svolto presso la SIAE e della sua cessazione, difformemente dal disposto di cui all’art. 2, lett. G) del bando, da cui discende inevitabilmente e direttamente l’esclusione espressa dal concorso (cfr. ult. comma dell’art. 2 menzionato del bando).
Infatti, per i servizi prestati presso altre amministrazioni pubbliche, se non attestati da specifica certificazione, rilasciata dalla amministrazione interessata, le dichiarazioni sostitutive autocertificate devono contenere l’esatta denominazione e l’indirizzo dell’Ente presso cui il servizio è stato prestato, la posizione giuridica, il tipo di rapporto di lavoro, il periodo di servizio effettuato nonché le eventuali interruzioni con il motivo della cessazione.
Al fine di determinare la riconducibilità della SIAE nell’alveo delle pubbliche amministrazioni di cui è necessario dare notizia in sede di partecipazione al concorso, deve procedersi ad esaminare l’attività della stessa e le funzioni.
A tal riguardo occorre, preliminarmente attenersi al dato letterale; citando l’art. 7, commi 1 e 3, del D.Lgs. 29.10.1999, n. 419, ove si prevede rispettivamente "1.La Società italiana autori ed editori, di seguito denominata SIAE, ente pubblico a base associativa, svolge le seguenti funzioni…"; "3. La SIAE esercita le altre funzioni attribuite dalla legge e può effettuare, altresì, la gestione di servizi di accertamento e riscossione di imposte, contributi e diritti, anche in regime di convenzione con pubbliche amministrazioni, regioni, enti locali ed altri enti pubblici o privati…". Ne deriva che, oltre alla definizione ex lege della natura pubblica della SIAE, tale da collocarla nell’ambito dell’apparato pubblico, ad essa risultano conferite dalla legge medesima funzioni prettamente pubbliche, seppur alle stesse si affianchino attività privatistiche. A conferma di ciò soccorre, altresì, l’art. 1 dello Statuto della Società, approvato con D.M. 3.12.2002, il quale, fra le funzioni attribuite alla S.I.A.E., indica specificamente la gestione dei "…servizi di accertamento e riscossione di imposte, contributi e diritti, anche in base a convenzioni con pubbliche amministrazioni, regioni, enti locali e altri enti pubblici o privati…" e l’art. 1, lettere p), q), r), s) e u) della legge delega 3.8.1998, n. 288 (attuata con D.Lgs. 26.2.1999, n. 60), i quali indicano i seguenti criteri a cui avrebbe dovuto attenersi il Legislatore delegato: "p) cooperazione della SIAE con gli uffici dell’imposta sul valore aggiunto per acquisire e reperire elementi utili ai fini dell’accertamento dell’IVA, relativamente alle modalità di effettuazione delle manifestazioni e delle attività svolte dai soggetti passivi di detta imposta, nonché alle modalità di emissione, vendita e prevendita dei titoli che danno diritto all’accesso ed alla fruizione di altri servizi offerti nel corso degli spettacoli, degli intrattenimenti e dei giochi; attribuzione, a tal fine, alla SIAE dei poteri di accesso, ispezione e verifica previsti dall’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633"; "q) possibilità per la SIAE, anche in costanza della convenzione prevista dall’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, di collaborazione nelle attività di controllo, accertamento e riscossione anche di altre entrate erariali e locali"; "r) riconoscimento dei poteri di accesso, ispezione e verifica attribuiti alla SIAE al solo personale dotato di adeguata qualificazione e con rapporto professionale esclusivo con il suddetto ente"; "s) proroga di un anno della convenzione con la SIAE, prevista dall’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 64, mantenendo le percentuali di aggio fissate per il 1997 ed escludendo qualunque procedura di adeguamento delle medesime". Infine, va menzionato l’art. 17 del D.PR 26.10.1972, n. 640, come modificato dall’art. 11 del D.Lgs. n. 60/1999, il quale definisce espressamente la S.I.A.E. come concessionario del servizio di riscossione dell’imposta sugli spettacoli; le norme della convenzione stipulata fra la Società e il Ministero dell’Economia e delle Finanze per il periodo 20002009, nella quale sono specificati nel dettaglio i poteri pubblicistici attribuiti alla S.I.A.E. per il proficuo espletamento dell’attività di collaborazione con il predetto Dicastero.
Orbene, a fronte di tale esame, deriva che la violazione delle norme del bando nella compilazione della domanda di partecipazione (come si vede dalla documentazione depositata in atti) avrebbe necessariamente dovuto comportare la esclusione del ricorrente dal concorso e, conseguentemente, la sua non inclusione nella graduatoria finale.
A quanto detto, peraltro, si aggiunge la mancata indicazione della decandenza dall’impiego presso il TAR già in data 1°.8.2003 (art. 1 del bando – a) requisiti generali) che, anche in ragione del fatto che la vicenda è divenuta di dominio pubblico per la pubblicazione sui giornali, non può non essere ritenuta rientrante nella fattispecie di cui al cit. art. 1 del bando come elemento ostativo all’ammissione. Altrettanto rilevante si palesa la mancata indicazione di procedimenti penali pendenti (art. 2 comma 1 punto d)), dovendo ritenersi che – stante la riapertura dei termini per la proposizione della domanda di partecipazione – vi fosse per il ricorrente l’obbligo di aggiornamento della già resa dichiarazione – in ragione della espressa responsabilità per le dichiarazioni mendaci – includendovi i procedimenti penali nel frattempo avviati a suo carico.
In relazione a quanto precede deve essere annullata la delibera n. 516 /2010 in parte qua, come precisato nel ricorso incidentale e nei conseguenti motivi aggiunti, nella parte relativa all’inserimento del nominativo del ricorrente.
Dalle considerazioni svolte, deriva il venire meno dell’interesse del ricorrente in ordine alle domande formulate con i motivi aggiunti al ricorso introduttivo.
La complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Quater, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, nonché sul ricorso incidentale, come in epigrafe indicati, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio; accoglie il ricorso incidentale ed i connessi motivi aggiunti; dichiara improcedibili i motivi aggiunti al ricorso principale. Per l’effetto annulla la delibera n. 516 /2010 nella parte relativa all’inserimento in graduatoria del nominativo del ricorrente.
Compensa le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Italo Riggio, Presidente
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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