Cass. civ. Sez. III, Sent., 31-07-2012, n. 13656

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Svolgimento del processo
Con sentenza dell’8 aprile 2008 la Corte di appello di Bologna ha confermato il rigetto della domanda proposta da M.P.L. per il pagamento della somma di Euro 57.440,92,quale provvigione per la mediazione svolta in favore della s.p.a. H., per la compravendita di un fabbricato urbano con terreno. La Corte, pur ritenendo raggiunta la prova che il M. aveva svolto attività di mediazione in favore della società H., ha confermato il rigetto della domanda sul rilievo che il ricorrente non aveva fornito la prova dell’esistenza degli usi e consuetudini nella città di Bologna, invocati per la liquidazione dell’indennità di provvigione nella misura del 2% sull’importo della compravendita. Propone ricorso il M. con un motivo. Resiste con controricorso la società H. e presenta memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si denunzia violazione dell’art. 1755 c.c., comma 2, della L. n. 39 del 1989, art. 6, comma 2, nonchè delle norme che disciplinano gli usi normativi coordinate con il principio iura novit curia ex art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene il ricorrente che in relazione al compenso al mediatore l’art. 1755 c.c., prevede una gerarchia delle fonti per cui, in ipotesi in cui non vi sia accordo fra le parti sul quantum, devono applicarsi i criteri sussidiari, fra cui gli usi locali che, in quanto usi normativi si collocano fra le fonti del diritto ex art. 1 preleggi, e devono essere conosciuti dal giudice senza che la parte debba provarne l’esistenza. Inoltre il giudice, negato il ricorso agli usi locali, avrebbe dovuto quantificare il compenso secondo l’equità in base al criterio sussidiario indicato in via residuale dall’art. 1755 c.c..
2. Il motivo è fondato nei sensi che seguono. A norma dell’art. 1755 cpv. c.c., la misura della provvigione, e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità. Al riguardo, la L. 3 febbraio 1989, n. 39, art. 6 cpv., invocato dal ricorrente, recante modifiche ed integrazioni alla L. n. 253 del 1958, concernente la disciplina della professione di mediatore – dispone a sua volta che, in mancanza di patto, la misura e la proporzione predette sono determinate dalle giunte camerali, sentito il parere della commissione provinciale di cui all’art. 7 e tenendo conto degli usi locali. Tale norma ha inteso non già sostituire il citato art. 1755 cpv., ma solo integrarlo nella parte relativa alla determinazione, secondo le suindicate modalità, delle tariffe professionali, con la conseguenza che la gerarchia delle fonti, indicate nella norma codicistica, resta con detta integrazione sostanzialmente ferma.
3. In difetto di patto o di tariffe professionali gli usi per quanto indicati dal citato art. 6 ai menzionati effetti delle delibere demandate alle giunte camerali, restano pur sempre, in difetto di queste e, prima ancora, della diversa volontà delle parti, la terza fonte, tuttora in vigore per la determinazione della misura della provvigione.
4. Gli usi, richiamati dal citato art. 1755 cpv., hanno carattere normativo – come si desume dagli artt. 1 e 8 preleggi, ma trattandosi di usi locali, non può invocarsi il principio jura novit curia giacchè essi possono essere applicati se noti, mentre, in caso contrario, è onere della parte darne la prova. Ove la consuetudine non sia nota al giudice, avendo questo l’obbligo di conoscere la legge, ma non anche gli usi, essi debbono essere dimostrati (anche per ciò che concerne l’elemento – più specificamente in discussione – della opinio juris ac necessitatis) dalla parte che li allega (Cass. 18 giugno 1956 n. 2158; 4 ottobre 1956 n. 3348; 17 ottobre 1961 n. 2183; 30 ottobre 1963 n. 2909; 4 maggio 1965 n. 795; 19 maggio 1965 n. 980; 18 febbraio 1967 n. 406; 17 aprile 1968 n. 1131; 18 aprile 1969 n. 1229; 9 giugno 1972 n. 1823; 21 novembre 2000 n. 15014; n. 2829 del 2002; 1-3-2007 n. 4853).
5. La Corte di merito,una volta accertato che l’attività di mediazione era stata svolta positivamente dal M. e che l’affare si era concluso, ritenuto che le parti non si erano accordate sulla misura della provvigione,e che il mediatore non aveva provato gli usi locali invocati, ha errato nel rigettare la domanda, poichè doveva utilizzare il criterio dell’equità, indicato dall’art. 1755, come ultimo criterio utile per la determinazione della provvigione.
6. La norma è formulata in modo tale, con la previsione di più criteri sussidiari, il cui ordine successivo è chiaramente disciplinato, con la prevalenza alla volontà delle parti e successivamente alle tariffe professionali ed agli usi e da ultimo all’equità,da indicare la volontà del legislatore che, una volta sorto il diritto alla provvigione, sia comunque possibile procedere alla determinazione della misura della stessa.
7. La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Bologna che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione e deciderà la causa alla stregua del seguente principio di diritto: in tema di determinazione della provvigione dovuta al mediatore, atteso il carattere sussidiario dei criteri previsti in ordine successivo dall’art. 1755 c.c., comma 2, questa deve essere determinata dal giudice secondo equità, se le parti non ne abbiano stabilito la misura e se non è provata l’esistenza di tariffe professionali e di usi locali.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso ;cassa e rinvia,anche per le spese del giudizio di cassazione,alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012

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