Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-01-2013) 20-02-2013, n. 8112

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe la sezione del riesame del Tribunale di Reggio Calabria, decidendo sull’istanza di riesame proposta da S.C. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del medesimo Tribunale in data 2.4.2012 e avente a oggetto il camping denominato "(OMISSIS)" (insistente su area appartenente a demanio marittimo abusivamente occupata) nonchè tutti i beni e le strutture e le migliorie ubicate entro metri trenta da detta zona demaniale, ha confermato il provvedimento.

2. Contro detta pronunzia ricorre l’indagato.

In premessa, si rileva come in data 18.4.2011 il GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria avesse già emesso provvedimento di sequestro dell’area in oggetto; tuttavia, con ordinanza in data 13.5.2011 il Tribunale del riesame aveva annullato tale decreto.

Il provvedimento successivamente emesso dal GIP e confermato dall’ordinanza contro cui è presentato ricorso ha invece disposto il sequestro. Dietro questa premessa, si espongono i seguenti motivi.

2.1. In primo luogo, insussistenza del fumus commissi delicti, rilevando in particolare:

– circa la contestazione sulla occupazione abusiva (Capo 1 dell’imputazione) come – per quanto già emerso nel procedimento culminato con ordinanza del medesimo Tribunale in data 13.5.2011 – l’occupazione del suolo demaniale fosse stata realizzata, negli anni ’80, dal defunto padre dell’odierno indagato; cosicchè quest’ultimo si sarebbe limitato ad occupare il sito già invaso dal genitore, realizzandovi per di più un possesso in buona fede: come dovrebbe dimostrare la copiosa documentazione prodotta circa i numerosi tentativi di ottenere la regolarizzazione in sanatoria della occupazione di cui si tratta;

– quanto alla contestazione di edificazione svolta in assenza di permesso di costruire (di cui al capo 2 dell’incolpazione) come, per quanto già dimostrato nel precedente giudizio di riesame con motivo accolto dal Tribunale, non si sia avuta opera alcuna di edificazione bensì interventi di restauro, consolidamento e risanamento di opere già esistenti; ciò che chiaramente emergerebbe anche riflettendo sulla risalenza nel tempo delle edificazioni oggetto di tali interventi, effettuate sempre dal defunto genitore;

– quanto alla contestazione di avere eseguito le opere in oggetto in area sottoposta a vincolo paesaggistico ed ambientale, come pure tale contestazione fu vagliata dal Tribunale del riesame nel citato provvedimento di annullamento (che la ritenne infondata giacchè gli interventi edilizi erano stati posti in essere dietro parere favorevole rilasciato dal sovrintendenza per i beni ambientali in data 19.8.1998).

2.2. In secondo luogo, si contesta la sussistenza degli elementi probatori nuovi necessari per giustificare la disposizione del sequestro dopo il provvedimento di annullamento del Tribunale della Libertà, precisandosi in particolare come la assoluta mancanza di tali elementi avrebbe dovuto impedire l’adozione della misura in contestazione.

2.3. In terzo luogo si contesta vizio di motivazione per non avere il provvedimento impugnato svolto la doverosa valutazione sulle censure effettuate dal ricorrente con riguardo all’effettivo stato dei luoghi per cui è causa, censure indirizzate ad evidenziare errori nella estensione dell’area e nella esatta ubicazione dei manufatti, svolgendosi una dettagliata ricostruzione delle risultanze di tutta la documentazione tecnica prodotta in fase di riesame da pagina 21 a pagina 28 del ricorso.

2.4. In quarto luogo si contesta violazione di legge sotto il profilo della insussistenza del periculum in mora in quanto il presupposto della misura, confermata dal tribunale del riesame ossia che l’area del camping sia sottoposta a rischio idraulico "R4" sarebbe destituita di fondamento giacchè come potrebbe chiaramente evincersi dalla documentazione depositata in sede di riesame l’area in questione sarebbe stata più modestamente definita area di attenzione, con le meno allarmistiche conseguenze evidenziate nel ricorso da pagina 28 a pagina 31.

Con memoria depositata in data 17.1.2013 tutti gli esposti motivi sono stati ulteriormente illustrati.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

E’ anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame in materia di misure cautelari reali.

Nella nozione di "violazione di legge" per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett e) (Cass. Sez. Un. sent. n. 5876 del 28.1.2004 dep. 13.2.2004 rv 226710). In particolare, in tema di sequestro non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, essendo sufficiente che sussista il "fumus commissi delicti", vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata fattispecie di reato, del fatto, contestato come ipotesi di accusa. (In questo senso, in tema di sequestro preventivo, si è già espressa questa Corte, Sez. 6, con sent. n. 2672 del 9.7.1999 dep. 5.8.1999 rv 214185).

Così si è verificato nel caso di specie, avendo correttamente motivato il tribunale su tutti i punti sollevati dal ricorrenti all’attenzione di questa Corte.

Sul primo motivo di ricorso deve rilevarsi che – come ricordato dal Tribunale – l’art. 1161 c.n. stabilisce la punibilità della illegittima occupazione – in quanto tale – del demanio marittimo;

cosicchè l’argomento difensivo sulla mera occupazione e non anche invasione del sito da parte dell’odierno ricorrente (in quanto l’invasione sarebbe da far risalire al defunto genitore) si mostra del tutto infondato. Circa la contestata esistenza di fatti nuovi posti a base della decisione del GIP e della decisione di conferma della stessa oggi impugnata, basta richiamare i rilievi in esse contenuti sul mancato pagamento di indennizzi dovuti all’erario per Euro 331.313,31; sull’accertato compimento di opere edilizie da parte dell’indagato (il che porta, per come logicamente evidenziato dal Tribunale, anche ad escludere la sussistenza di uno stato soggettivo di buona fede in capo al ricorrente): cfr. p. 9 del provvedimento impugnato.

Circa i rilievi svolti con riguardo quanto: alla natura delle opere edilizie poste in esecuzione; alla pretesa insussistenza del vincolo paesaggistico ed ambientale; e con riferimento all’effettivo stato dei luoghi per cui è causa, deve rilevarsi come la Corte di Appello abbia esposto una ricostruzione dei fatti come tale insindacabile in questa sede di legittimità siccome ampiamente documentata e coerentemente illustrata in motivazione senza incorrere in criticità (nemmeno segnalate, come tali, dal ricorrente).

Infine, quanto alla sussistenza del periculum in mora, la stessa appare adeguatamente motivata a p. 17 del provvedimento impugnato in ragione del carattere permanente del reato contestato, anche prescindendo dalla effettiva sussistenza del rischio idraulico (circostanziatamente affermata nel provvedimento e genericamente contestata, con rilievo non suffragato da produzione documentale in questa sede, nel ricorso).

2. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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