Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 30-01-2013) 15-02-2013, n. 7508

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 29.3.2012 fa Corte di Appello di Bologna confermava fa sentenza emessa in data 6.12.11 dal G.I.P. del Tribunale della stessa città nei confronti di S.D. – appellata da quest’ultimo del quale era stata affermata la penale responsabilità in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 condannandolo a pena di giustizia.

2. Avverso la sentenza propone ricorso la difesa dell’imputato deducendo con unico motivo erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 99 e 106 c.p., avendo la Corte territoriale applicato la recidiva ex art. 99 c.p. benchè dagli atti risultasse incontestato il buon esito della misura alternativa della detenzione domiciliare speciale alla quale lo S. era stato a suo tempo sottoposto. In via subordinata – ove la Corte non avesse acceduto ad una interpretazione costituzionalmente orientata che equiparava gli effetti estintivi del buon esito della espiazione della detenzione domiciliare a quelli già previsti dall’art. 47, comma 12, L. cit. in materia di affidamento in prova ai servizi sociali – chiedeva di sollevare questione di costituzionalità, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., della L. n. 354 del 1975, art. 47 quinquies nella parte in cui non prevede che l’esito positivo detta misura alternativa comporti l’estinzione della pena.

3. Il ricorso è infondato.

4. La Corte territoriale ha correttamente rigettato la doglianza difensiva circa la considerazione della recidiva contestata all’imputato, in ragione del dato normativo di cui all’art. 106 c.p., comma 2, evidenziando il difetto di espressa previsione della estinzione della pena e degli effetti penali negli artt. 47 ter e 47 quinquies cit. L. – invece prevista dall’art. 47, comma 12 stessa legge per l’affidamento in prova ai servizi sociali – ed ha escluso che si potesse conseguire per via interpretativa ed analogica l’applicazione del ridetto disposto dell’art. 106 c.p., comma 2 all’espiazione della pena a regime domiciliare, perchè le misure alternative dell’affidamento in prova ai servizi sociali e detenzione domiciliare non sono paritarie, ma operano su piani caratterizzati da sostanziale diversità, sia riguardo ai loro presupposti, sia riguardo alle loro conseguenze, diversità che di per sè esclude qualsiasi censura di legittimità costituzionale dei relativi regimi normativi, non determinando alcuna disparità di trattamento o di valutazione giuridica.

5. Il ragionamento svolto dalla Corte territoriale è del tutto condivisibile non potendosi, in radice accederà alla invocata interpretazione costituzionalmente orientata, in assenza del dato normativo polisenso suscettibile di interpretazione; nè, sotto il profilo del subordinato sospetto di incostituzionalità, può rinvenirsi la decisiva ratto unificante le diverse ipotesi nello scopo rieducativo della pena, posto che rimane nella discrezionalità del legislatore la valutazione dei presupposti ai quali collegare – in ragione del diverso spessore degli stessi e come osservato nell’ambito della declaratoria di manifesta infondatezza di analoga istanza (Sez. 1, Sentenza n. 45511 del 11/11/2009 Rv. 245510 Imputato: Papandrea) – le diverse conseguenze in materia di estinzione della pena e degli effetti penali.

6. Alla stregua di quanto sopra detto, pertanto, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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