Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 30-01-2013) 15-02-2013, n. 7507

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 21.10.11 la Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza emessa in data 27.9.2005 dal Tribunale di Ascoli Piceno, appellata da M.L. e A.I., dichiarava non doversi procedere nei confronti del M. in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena nei confronti del predetto in mesi quattro e gg. dieci di reclusione in ordine ai delitti di resistenza a p.u. e lesioni aggravate a p.u., confermando la condanna nei confronti della A. per gli stessi reati di resistenza e lesioni.

2. Propone ricorso per cassazione la difesa degli imputati deducendo:

– violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione agli artt. 110, 337, 582 e 585 c.p., art. 576 c.p., n. 1 e violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) in relazione agli artt. 129, 521, 522 e 530 c.p.p. oltre a mancanza e manifesta illogicità della motivazione. In particolare il ricorso censura la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2 contestata in ordine alle lesioni sub b), alla quale la Corte territoriale sarebbe giunta senza tener conto delle doglianze difensive svolte in sede di gravame che portavano ad escludere qualsiasi funzionalizzazione delle lesioni al fatto di resistenza cosicchè il delitto di lesioni sarebbe improcedibile in ragione della avvenuta rimessione di querela. Come pure privo di fondamento sarebbe il coinvolgimento della donna nel fatto di resistenza. Deduce, inoltre, il difetto di correlazione tra accusa e sentenza avendo argomentato la Corte di merito in riferimento ad altro fatto di resistenza asseritamente commesso in relazione all’arresto in flagranza del M., non contestato all’imputato. In ogni caso difetterebbe nella specie l’elemento psicologico del delitto di resistenza sia in capo al M., che non poteva opporsi alla consegna di una patente che non aveva, sia in capo alla donna che non ebbe a rendersi affatto conto di quanto accadeva.

– Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione agli artt. 62 bis, 114 e 133 c.p. e comunque mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla negata concessione delle attenuanti generiche al M. e di quella ex art. 114 c.p. alla A., oltrechè alla negata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria.

Motivi della decisione

1. Premesso che – in relazione alla sollecitazione difensiva in udienza -nessuna prescrizione risulta essersi verificata (scadendo il relativo termine alla data del 25.3.2013), i ricorsi sono inammissibili.

2. Manifestamente infondato è il primo motivo. Richiamando gli accertamenti di p.g., la Corte territoriale ha osservato la contestualità, se non addirittura l’unicità, delle condotte, cosicchè le lesioni sub b) procurate all’agente MA. risultano commesse allo scopo specifico di opporre resistenza secondo quanto descritto al capo a) precedente, con la conseguenza della irrilevanza delle intervenuta remissione di querela, stante la procedibilità di ufficio per effetto del disposto dell’art. 131 c.p..

3. Quanto al dedotto difetto di correlazione tra accusa e sentenza, esso è parimenti destituito di fondamento in quanto gli imputati risultano esser stati condannati per le minacce e violenze poste in essere da entrambi al fine di ostacolare la p.g. nell’accertamento delle violazioni al c.d.s. a carico del loro amico O. che lì precedeva e dello stesso M.. In particolare, quanto alla donna le è ascritto la partecipazione attiva alla colluttazione in favore del M., senza alcuna limitazione.

4. Inammissibile è pure il motivo circa la insussistenza dell’elemento psicologico del delitto di resistenza, costituendo esso una mera riproposizione della medesima doglianza sporta in appello, alla stregua della ricostruzione dei fatti richiamata in sentenza, la quale correttamente evidenzia la obiettiva finalizzazione delle violenze e delle minacce poste in essere da entrambi gli imputati all’ostacolare le attività di p.g. in corso.

5. Inammissibile è il secondo articolato motivo. La Corte ha adeguatamente motivato la commisurazione della pena negando le attenuanti generiche al M. richiamando la sua condizione di pluripregiudicato specifico, come pure negando l’attenuante ex art. 114 c.p. alla donna in ragione della sua autonoma condotta materiale delittuosa. Quanto alla denegata conversione in pena pecuniaria, essa si pone all’esito di un incensurabile valutazione in fatto con motivazione priva di vizi logici e giuridici, facendosi leva sulla particolare intrinseca gravità del fatto.

6. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e dalla somma di Euro mille ciascuno alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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