Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 30-01-2013) 15-02-2013, n. 7506

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20.10.2009 il GIP del Tribunale di Torino dichiarava – tra gli altri – A.I., B.S., BA. F., D.L., d.A., di.Am., G.D., K.B., KO.Pe., L.O.T., N.S., ND.Al., P. S. e S.P. responsabili in relazione ad episodi di spaccio di stupefacente e, taluno, di false dichiarazioni di identità ad agenti operanti, commessi in (OMISSIS), condannandoli a pena di giustizia.

2. Con sentenza del 8.10.2010 la Corte di Appello di Torino in parziale riforma della predetta sentenza, appellata dagli imputati, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis, laddove contestata, con riguardo ai predetti imputati, confermava la predetta sentenza.

3. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione gli imputati, personalmente o a mezzo del difensore.

3.1. G.D., K.B., KO.Pe., P.S., d.

A., S.P., N.S., A.I., L.O. T., B.F. con identici ricorsi deducono unico motivo ex art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del concorso nei reato in relazione agli episodi di cessione contestati essendo stata erroneamente sufficiente per la Corte territoriale la semplice presenza degli imputati sul luogo ove, ad opera di altri, avveniva lo spaccio.

3.2. N.A. deduce analogo motivo in relazione agli accertamenti radiologici sulla base dei quali era stata affermata la penale responsabilità rilevandosi l’inaffidabilità dei predetti accertamenti per determinare con sufficiente certezza l’età anagrafica.

3.3. Per DI.Do. si deduce erronea applicazione della legge penale in ordine all’omesso riconoscimento dell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 pur in presenza di c.d.

spaccio di strada privo di un corredo di mezzi tale da assurgere a livelli di complessità.

3.4. Per B.S. e d.A. si deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine al riconoscimento della ipotesi concorsuale essendosi la Corte territoriale limitata a riportare le conclusioni della sentenza di primo grado senza considerare i motivi di impugnazione proposti e, comunque, avallando una sorte di responsabilità "collettiva" degli imputati sulla base della loro mera contestuale presenza sul posto.

3.5. Per di.Ad. si deduce violazione dell’art. 2 c.p., comma 4 essendosi applicata, in relazione al delitto di cui all’art. 495 c.p., la pena consistente nel minimo edittale introdotto solo con il D.L. n. 92 del 2008, entrato in vigore in data 27.5.2008, nonostante il reato sia stato accertato il (OMISSIS).

3.6. Per D.L. si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione alla illogicità della ritenuta congruità detta pena comminata, essendosi svalutati gli elementi di segno favorevole per il prevenuto segnalati nel gravame e non essendosi motivati adeguatamente gli aumenti sanzionatori per la continuazione.

Motivi della decisione

1. I ricorsi nell’interesse di G.D., K.B., KO.Pe., P.S., d.A., S.P., N.S., A.I., L.O.T., BA.Fa. sono inammissibili per genericità.

2. Invero, essi censurano il riconoscimento dell’ipotesi concorsuale in capo ai predetti imputati deducendolo genericamente in relazione "ad alcuni episodi" in cui gli imputati sono stati coinvolti e limitandosi a criticare quella parte della sentenza (pg. 69) in cui si affronta – in generale – il tema della descrizione operata dalla p.g. circa il contegno tenuto da coloro che erano stati osservati durante le operazioni di ocp. Peraltro, la stessa censura si limita a richiamare soltanto una parte della più ampia motivazione in cui si affronta il tema concorsuale in contestazione attribuendosi valenza pregnante e logicamente ineccepibile al contributo causale fornito dagli imputati allo spaccio di stupefacente e sotto osservazione degli agenti operanti.

3. Una siffatta deduzione del motivo esula dalla necessaria specificità richiesta per la proposizione dei gravame non confrontandosi la doglianza con gli episodi contestati, neanche specificamente indicati, nè conseguentemente con la motivazione che – in uno a quella di primo grado, trattandosi di doppia conforme – ne sorregge le conclusioni.

4. Le doglianze mosse nell’interesse di B.S. e d.A., pure nell’ambito del difetto di motivazione ed in ordine all’ipotesi concorsuale, sono inammissibili. E’ inammissibile – considerandosi la fusione delle ragioni delle due sentenze conformi – la generica censura in ordine all’omessa considerazione dei motivi di appello anch’essi solo genericamente evocati. Anche la contestuale censura circa la responsabilità collettiva asseritamente posta a base del riconoscimento dell’ipotesi concorsuale è inammissibile, manifestando anch’essa una critica generica all’articolato sviluppo motivazionale svolto da entrambe le sentenze.

5. La censura mossa nell’interesse di D.A. è inammissibile involgendo la valutazione probatoria devoluta alle competenze del giudice di merito, che l’ha svolta con motivazione logica e priva di vizi giuridici allorquando ha fondato la responsabilità dell’imputato in ordine alle false dichiarazioni sulla propria identità (capo 59) sulla base degli accertamenti radiologici svolti nell’Immediatezza, la cui fallacia è stata solo meramente asserita dal ricorrente.

6. Per DI.Do. la censura è inammissibile attaccando la valutazione di fatto devoluta al giudice di merito che l’ha motivata in modo logico e privo di vizi giuridici allorquando ha escluso la ricorrenza dell’ipotesi attenuata In parola in considerazione dell’intensa ripetitività degli episodi di cessione, così da dare una connotazione di abitualità e professionalità dell’attività illecita esercitata dall’imputato.

7. Quanto alla censura mossa nell’interesse di d.A. in ordine alla pena concretamente applicata essa è inammissibile in quanto non oggetto di doglianza in appello, comunque manifestamente infondata trattandosi della fattispecie di cui all’art. 495 c.p., comma 3, n. 2, punita – prima della entrata in vigore del D.L. n. 92 del 2008 – con pena non inferiore ad un anno.

8. Quanto al motivo nell’interesse di D.L. – che in appello si era doluto della sola eccessività della pena – esso è inammissibile per l’assoluta genericità e perchè critica l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito – nella specie privo di vizi e motivato sulla base della recidiva specifica in capo al ricorrente.

9. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma che si stima equo determinare per ciascuno in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 ciascuno alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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