T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 22-01-2011, n. 95

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con decreto prot. n. 1127/2009, del 12 ottobre 2009, il Questore della Provincia di Torino ha rigettato l’istanza, presentata dalla sig.ra H.L.P.A., di cittadinanza peruviana, volta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, ai sensi dell’art. 27, comma 1, lett. rbis, del d.lgs. n. 286 del 1998.

L’interessata, che è un’infermiera professionale, aveva fatto ingresso nel territorio nazionale munita di visto di ingresso e di nulla osta al lavoro subordinato rilasciato, in data 30 aprile 2009, dallo Sportello Unico per l’Immigrazione di Torino. Con tale nulla osta (rilasciato ai sensi dell’art. 27, comma 1, lett. rbis, del d.lgs. n. 286 del 1998, e dell’art. 40 del d.P.R. n. 394 del 1999) si autorizzava la ditta "Altrolavoro" s.p.a. ad assumere la lavoratrice straniera, con contratto di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato della durata di dodici mesi, con la qualifica di "infermiere professionale" e di occuparla nella struttura sanitaria "V.P.H." sita in Torino.

Il Questore di Torino, considerato che l’interessata "non ha mai perfezionato alcun rapporto lavorativo con l’azienda che ha richiesto il nulla osta", e precisato che, ai "sensi del succitato art. 27 D.Leg.vo 286/98 il Nulla Osta al lavoro subordinato non può essere utilizzato per un rapporto lavorativo con un datore di lavoro diverso da quello per cui è stato rilasciato il visto di ingresso", ha rigettato l’istanza con il già citato provvedimento.

2. Avverso l’atto di diniego la sig.ra P.A. ha presentato ricorso dinnanzi a questo TAR, chiedendone l’annullamento.

In punto di fatto, la ricorrente espone che, pur avendo iniziato un percorso formativo presso la stessa azienda che aveva chiesto il suo ingresso in Italia, ella "non aveva avuto poi nessuna altra indicazione dall’Agenzia "Altro Lavoro’", così rimanendo "priva di lavoro di retribuzione e di ogni mezzo di sostentamento". Avendo trovato "altro impiego sempre con la qualifica di infermiera" (nello specifico, per il tramite della società "Open Job" s.p.a.), ella sottoscriveva quindi un nuovo contratto di soggiorno ed iniziava a lavorare come infermiera professionista presso una struttura sanitaria privata (casa di cura "Le Terrazze" s.r.l.).

In diritto, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 27 del d.lgs. n. 286 del 1998, che disciplina l’ingresso in Italia per lavoro "in casi particolari", come anche interpretato dalla circolare n. 9 del 2005 del Ministero del Lavoro secondo la quale, in base all’art. 40 del d.P.R. n. 394 del 1999, sarebbe ammessa, per gli infermieri professionali, "la possibilità dell’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro a condizione che la qualifica d’assunzione coincida con quella per cui sono stati autorizzati l’assunzione e l’ingresso originari".

Sotto altro profilo, la ricorrente lamenta la violazione della direttiva del Ministero dell’Interno del 20 febbraio 2007 (non depositata in giudizio) la quale prevederebbe espressamente che, nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, lo straniero può essere ammesso a svolgere l’attività lavorativa per la quale è stato autorizzato il suo ingresso nel territorio nazionale. Nel caso di specie, la sig.ra P.A. "non ha perso tempo e senza indugio ha allacciato rapporti lavorativi con altra Agenzia per il lavoro che effettivamente l’ha avviata alla stessa attività lavorativa per la quale era stato richiesto il permesso".

3. Si è costituito in giudizio, con memoria di stile, il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, chiedendo il rigetto del ricorso.

In data 13 novembre 2010 la Questura di Torino – Ufficio Immigrazione ha provveduto a depositare in giudizio alcuni documenti, ivi compresa una relazione sui fatti di causa.

4. Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. E’ controversa, nel presente giudizio, la legittimità del provvedimento con il quale il Questore di Torino ha denegato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato alla ricorrente, un’infermiera professionale di cittadinanza peruviana.

La ricorrente aveva domandato il rilascio del permesso di soggiorno come infermiera professionale, ai sensi dell’art. 27, comma 1, lett. rbis, del d.lgs. n. 286 del 1998, a norma del quale: "Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati nell’àmbito delle quote di cui all’articolo 3, comma 4, il regolamento di attuazione disciplina particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori stranieri: (…)rbis) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private".

Posto che l’interessata non ha mai perfezionato il rapporto di lavoro per tramite dell’agenzia che ne aveva chiesto il nulla osta (ed, anzi, ha iniziato a lavorare presso una struttura sanitaria diversa da quella indicata nel nulla osta e per tramite di un’agenzia per il lavoro diversa), la Questura ha negato il permesso di soggiorno sulla base dell’assunto secondo il quale il titolo di soggiorno ai sensi del citato art. 27 "non può essere utilizzato per un rapporto lavorativo con un datore di lavoro diverso da quello per cui è stato rilasciato il visto di ingresso".

2. Devono preliminarmente essere esclusi, dalla valutazione che qui di seguito verrà compiuta, i nuovi documenti (ivi compresa la relazione sui fatti di causa, essendo essa qualificabile alla stregua di un documento e non di una memoria difensiva, per il fatto di provenire non dall’Avvocatura dello Stato ma direttamente dall’amministrazione rappresentata) che sono stati prodotti dall’amministrazione resistente in data 13 novembre 2010: si tratta, infatti, di documenti depositati oltre il termine di quaranta giorni liberi dall’udienza pubblica di discussione, ai sensi dell’art. 73, comma 1, cod. proc. amm.

3. Entrando nel merito della questione, giova delineare il quadro normativo di riferimento, risultante dalle norme del d.lgs. n. 286 del 1998 (testo unico sull’immigrazione) e del relativo regolamento di attuazione, approvato con d.P.R. n. 394 del 1999.

La disposizione di cui all’art. 27, comma 1, lett. rbis, del testo unico, su riportata, è chiara nell’inquadrare la fattispecie dell’ingresso dei lavoratori stranieri, con la qualifica di infermieri professionali, al di fuori del sistema delle quote annuali massime di stranieri da ammettere sul territorio nazionale, sistema di cui all’art. 3, comma 4, del t.u. Il punto è espressamente confermato dall’art. 40, comma 1, del regolamento, a norma del quale il nulla osta al lavoro per le categorie indicate dall’art. 27 d.lgs. n. 286 del 1998 "è rilasciato al di fuori delle quote stabilite con il decreto di cui all’articolo 3, comma 4, del testo unico".

Il medesimo art. 40 del regolamento di attuazione, poi, al comma 23, prevede la seguente regola generale, valida per tutti i lavoratori stranieri di cui all’art. 27 del testo unico: "In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il nullaosta non può essere utilizzato per un nuovo rapporto di lavoro". Fanno eccezione, tra gli altri, proprio i lavoratori di cui alla lettera rbis dell’art. 27 del testo unico (ossia, gli infermieri professionali), per i quali il comma 23 detta la seguente regola speciale: "I lavoratori di cui all’articolo 27, comma 1, lettere d), e) e rbis), del testo unico possono instaurare un nuovo rapporto di lavoro a condizione che la qualifica di assunzione coincida con quella per cui è stato rilasciato l’originario nullaosta. Si applicano nei loro confronti l’articolo 22, comma 11, del testo unico e gli articoli 36bis e 37 del presente regolamento". Tali lavoratori, pertanto, anche a seguito di cessazione dell’originario rapporto di lavoro, possono usufruire di un permesso di soggiorno per attesa occupazione (art. 22, comma 11, d.lgs. n. 286 del 1998) e saranno chiamati a sottoscrivere un nuovo contratto di soggiorno per l’instaurazione del nuovo rapporto di lavoro (art. 36bis d.P.R. n. 394 del 1999) con applicazione delle regole previste dall’art. 37 del regolamento in caso di licenziamento, dimissioni o invalidità civile.

In definitiva, la disciplina del soggiorno degli stranieri che svolgono la professione di infermiere è caratterizzata da una duplice eccezione normativa rispetto alle regole altrimenti valide per le ipotesi ordinarie: da un lato, si è al di fuori del sistema delle quote; dall’altro lato, a differenza degli altri "casi particolari" di cui all’art. 27 del d.lgs. n. 286 del 1998, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, essi possono instaurarne uno nuovo, purché sia mantenuta la qualifica di assunzione originaria. Si tratta, all’evidenza, di un regime derogatorio e di favore, la cui ratio è, evidentemente, da ricercare non solo (o non tanto) nell’opportunità di garantire la permanenza sul territorio nazionale a quello straniero che, senza sua colpa, abbia dovuto cambiare datore di lavoro, ma anche (e soprattutto) nella particolare rilevanza del lavoro svolto da queste figure professionali, nella prospettiva di incentivarne non solo l’ingresso in Italia ma anche la permanenza, pur se in deroga alle ordinarie regole sul soggiorno degli stranieri extracomunitari.

3.1. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso si palesa fondato.

Il regime derogatorio disegnato dalla legge per gli infermieri professionali, infatti, è tale da non consentire l’applicazione, per tale categoria di lavoratori stranieri, di quel consistente orientamento giurisprudenziale (recentemente fatto proprio anche da questo TAR: cfr. sentt. n. 4603 del 2006 e n. 1059 del 2009, della sez. II) secondo il quale, nel regime ordinario, qualora non si perfezioni il rapporto di lavoro con il datore di lavoro autorizzato in sede di nulla osta, viene meno il presupposto necessario all’ottenimento del titolo di soggiorno.

Tale orientamento, come è noto, argomenta l’inefficacia del già rilasciato nulla osta al lavoro subordinato allorché il rapporto di lavoro tra l’immigrato e l’azienda (che aveva sottoscritto il contratto di soggiorno) non sia instaurato dopo l’ingresso dello straniero in Italia. Ciò perché, in base alla complessiva disciplina di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 286 del 1998, il nulla osta è rilasciato per l’assunzione dell’immigrato presso uno specifico datore di lavoro, sì che il conseguente permesso di soggiorno risulta condizionato all’esecuzione di quello specifico contratto di lavoro subordinato nonché all’effettivo espletamento dell’attività lavorativa presso il suddetto datore di lavoro (cfr., tra le tante, TAR Basilicata, sez. I, n. 1027 del 2005 e n. 901 del 2008). L’art. 22 del testo unico è, infatti, finalizzato, nel suo complesso, a fare in modo che i visti di ingresso per lavoro siano strettamente correlati alla specifica offerta di lavoro fatta da un determinato datore di lavoro: sicché, ove quell’offerta venga meno, anche il permesso di soggiorno già rilasciato deve essere revocato o non più rinnovato, proprio al fine di evitare che le disposizioni dell’art. 22 siano strumentalizzate con lo scopo di aggirare le regole in materia di ingresso nel territorio dello Stato (così TAR Piemonte, sez. II, n. 4603 del 2006).

Vi è sottesa, all’evidenza, la preoccupazione di preservare il sistema annuale delle quote d’ingresso da possibili usi distorti e strumentali. E’ evidente, infatti, che se un lavoratore straniero ottiene il nulla osta per entrare in Italia (in quanto dovrà essere occupato presso un determinato datore di lavoro), così occupando uno dei posti disponibili nell’ambito delle quote annuali di ingresso, il repentino cambiamento del datore di lavoro che avvenga dopo l’avvenuto ingresso può dissimulare un meccanismo di aggiramento del sistema delle quote, consentendo allo straniero di occupare, di fatto (solo perché ormai entrato in Italia), uno dei posti disponibili senza che i requisiti previsti dalla legge (ossia: la disponibilità di un datore di lavoro di assumerlo e di fornirgli un adeguato alloggio) siano posseduti prima dell’ingresso sul territorio nazionale.

Nel caso "particolare" degli infermieri professionali, invece, tutto il precedente ragionamento non ha motivo di essere, proprio perché, per un verso, l’assunzione di tali lavoratori avviene al di fuori del sistema delle quote e perché, per altro verso, la legge espressamente consente, a tali lavoratori, di riutilizzare il nulla osta per un nuovo rapporto di lavoro (art. 40, comma 23, d.P.R. n. 394 del 1999). Così, come nel caso capitato all’odierna ricorrente, la mancata instaurazione del rapporto di lavoro già autorizzato – purché, beninteso, lo straniero venga assunto presso un altro datore di lavoro e con la medesima qualifica professionale: art. 40, comma 23, cit. – non determina alcun problema di aggiramento delle disposizioni in materia di ingresso sul territorio nazionale e ciò perché: a) quello straniero non occupa alcuna delle quote disponibili, posto che non è qui applicabile il sistema ordinario di cui all’art. 3, comma 4, del testo unico; b) egli comunque lavora con la medesima qualifica professionale indicata nel nulla osta ed usufruisce, come da (nuovo) contratto di soggiorno comunque sottoscritto, di un reddito e della sistemazione alloggiativa garantita dal (nuovo) datore di lavoro.

E’ appena il caso di evidenziare che il descritto sistema derogatorio è applicabile non solo quando il lavoratore abbia iniziato a lavorare ed abbia poi perso il lavoro, ma anche allorché il rapporto di lavoro, di cui all’originario nulla osta, non sia stato nemmeno iniziato: in entrambi i casi, infatti, medesima è la ratio perseguita dal legislatore, ossia quella – come detto – di agevolare l’impiego di infermieri professionali stranieri, anche in deroga alle norme ordinarie sul lavoro degli immigrati.

Va aggiunto che, nel caso di specie, la ricorrente ha anche dimostrato – senza che, sul punto, l’amministrazione resistente abbia tempestivamente controdedotto alcunché – di essersi trovata, senza sua colpa, priva di lavoro (a causa della mancata assunzione presso la struttura che era stata indicata nel contratto di soggiorno) e di essersi quindi immediatamente attivata (con successo) per trovare un’altra occupazione con la medesima qualifica professionale.

4. Il ricorso è, pertanto, da accogliere, con conseguente annullamento dell’atto di diniego impugnato.

In considerazione della natura delle questioni affrontate, il Collegio rinviene giusti motivi per disporre, in deroga alla regola della soccombenza, la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando,

Accoglie

il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento del Questore di Torino, prot. n. 1127/2009, del 12 ottobre 2009.

Compensa integralmente le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente

Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere

Antonino Masaracchia, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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