Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 31-07-2012, n. 13624

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Svolgimento del processo

Con distinti ricorsi al Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, tutti depositati in data 18 marzo 2008, i professori A.R., M.A. e P.B. avevano proposto opposizione avverso i decreti ingiuntivi pronunciati dal medesimo Tribunale per il pagamento alla Università degli studi di Roma "Foro Italico" (ex I.U.S.M. e prima ancora I.S.E.F.) di determinate somme a titolo di ripetizione di quanto da questa versato loro in forza di una sentenza del T.A.R. Lazio, poi riformata dal Consiglio di Stato.

Il proposito, gli opponenti avevano sostenuto l’erroneità degli importi indicati nei decreti ingiuntivi, chiedendo la revoca di questi ultimi, con la dichiarazione che sono dovute le minori somme da ciascuno di essi indicate.

Con sentenza pronunciata il 16 febbraio 2008, il Tribunale aveva declinato la giurisdizione in favore del giudice amministrativo, argomentando dalla circostanza che i decreti ingiuntivi opposti erano stati richiesti sulla base di una delibera del commissario ad acta in data 8 marzo 2006, la sindacabilità della quale sarebbe sottratta all’autorità giudiziaria ordinaria.

Su appello dell’Università, la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 22 agosto 2011, ha dichiarato la giurisdizione dell’A.G.O., rimettendo la causa al primo giudice.

A.R., M.A. e P.B. propongono ora ricorso per la cassazione di tale sentenza, notificato il 22-23 dicembre 2011 e affidato a due motivi.

Resiste alla richiesta di cassazione l’Università con rituale controricorso.

Ambedue le parti hanno depositato una memoria.

Motivi della decisione

1 – Col primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

Secondo i ricorrenti, la giurisdizione del giudice amministrativo conseguirebbe, nel caso in esame, al fatto che le originarie loro richieste avanti al TAR attenevano a differenze retributive rivendicate per gli anni antecedenti il 1998 e dalla circostanza che la richiesta restitutoria era partita non dall’Università, ma dal commissario ad acta, quale organo ausiliario del giudice amministrativo in sede di esecuzione del giudicato amministrativo, cui solo successivamente aveva fatto seguito la richiesta di decreto ingiuntivo dell’Università, comunque non individuabile, ai fini del riparto della giurisdizione tra A.G.O. e G.A., come atto da cui era insorta la lite.

2 – Sotto altro autonomo profilo, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario viene dai ricorrenti denunciano, col secondo motivo, per violazione della L. n. 205 del 2000, art. 8, della L. n. 1034 del 1971, art. 2, comma 2, R.D. n. 1054 del 1924, art. 29, comma 1, n. 1), L. n. 88 del 1958, art. 22, commi 1 e 2.

I ricorrenti sostengono infatti che, poichè il contenzioso tra le parti relativo alle differenze retributive ante 1998 si era svolto sempre dinanzi al G.A., in sede di giurisdizione esclusiva, ne deriverebbe che in base alla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 8 confermato dal nuovo codice del processo amministrativo al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 118 anche l’azione per ottenere l’ingiunzione per la restituzione dei relativi importi avrebbe dovuto essere proposta avanti al giudice amministrativo.

Va rilevata, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso.

Costituisce infatti principio ripetutamente affermato da questa Corte, anche a sezioni unite, quello secondo il quale "il rimedio impugnatorio della sentenza pronunciata in grado di appello o in un unico grado, con la quale il giudice afferma la propria giurisdizione senza definire neppure parzialmente il giudizio non è quello del ricorso immediato per cassazione – il quale ove proposto deve essere dichiarato inammissibile – ma è quello generale risultante dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 3 e dell’art. 361 cod. proc. civ., comma 1", come modificati rispettivamente dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, artt. 2 e 3 con effetto sui ricorsi proposti avverso sentenze o altri provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006.

In tal caso, "l’interesse al giudizio di impugnazione in relazione a tale sentenza è salvaguardato dall’applicabilità dell’art. 360 c.p.c., comma 3, secondo periodo il quale prevede che avverso le sentenze che non definiscono il giudizio e non sono impugnabili con ricorso immediato per cassazione, può essere successivamente proposto il ricorso per cassazione, senza necessità di riserva, allorchè sia impugnata la sentenza che definisce anche parzialmente il giudizio" (cfr. Cass. S.U. sent. 25 novembre 2010 n. 23891, richiamata da Cass. S.U. sent. 22 febbraio 2012 n. 2575 e, in precedenza, Cass. sez. n. 18104 del 2010; contra Cass. S.U. ord. 15 gennaio 2010 n. 520).

Trattasi di orientamento condiviso da questo collegio, in quanto coerente con le finalità della novella sul processo del 2006, volta ad evitare il proliferare di sub-procedimenti.

Nel caso in esame è applicabile ratione temporis la disciplina del 2006 indicata, trattandosi di ricorso per cassazione avverso una sentenza pubblicata in data 22 agosto 2011.

A norma del testo vigente dell’art. 360 c.p.c., comma 3 e dell’art. 361 c.p.c., comma 1, la indicata sentenza della Corte d’appello di Roma, la quale ha pronunciato unicamente sulla giurisdizione senza definire il giudizio, in quanto ha rimesso le parti avanti al giudice di primo grado, non poteva pertanto essere impugnata con ricorso immediato per cassazione.

Il ricorso nonostante ciò proposto dai tre professori va pertanto dichiarato inammissibile, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, effettuato, unitamente alla relativa liquidazione, in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna B. P., M.A. e A.R., in via solidale tra di loro, a rimborsare all’Università le spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per onorari di avvocato, oltre accessori di legge (12,50%, IVA e CPA).

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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